Lappano, i conti non tornano e il Bilancio finisce in Procura
Inadempimenti e numeri non a posto, in tilt il piccolo Comune del Cosentino
Tempo di bilanci. E non tutti i bilanci scorrono lisci. E a volte i problemi emergono dove meno ce li si aspetta.
È il caso di Lappano, un pesino (933 anime d’anagrafe) tra la Presila e Cosenza. Abbastanza piccolo per non dare nell’occhio, non abbastanza perché non vi capiti qualche guaio. Che, in questo caso, riguarderebbe, appunto, il Bilancio di previsione del 2018.
Il condizionale è d’obbligo, perché finora le magagne sono state rilevate dall’opposizione, che poco meno di una settimana fa le ha segnalate al prefetto, alla Corte dei Conti e alla Procura di Cosenza con un esposto pepato, dettagliato e corredato da abbondante documentazione. L’ultima parola tocca quindi a queste autorità.
Ma nel frattempo è possibile comunque notare almeno due cose.
La prima: i rilievi dei tre consiglieri del gruppo La svolta buona (Ottavio Scarpelli, Loredana Aiello e Iolando Iusi) non sono leggerissimi e, qualora fossero presi in considerazione, potrebbero avere persino risvolti penali.
La seconda: l’approvazione del Bilancio è stata piuttosto accidentata e potrebbe saltare anche per una semplice questione di regolarità amministrativa.
Partiamo da quest’ultimo aspetto, che è poi quello più divertente.
Infatti, il Consiglio comunale era stato convocato nei tempi giusti e la prima seduta si è svolta il sette marzo, alla presenza di tutti e dieci rappresentanti dei cittadini più il sindaco Maurizio Biasi. Peccato solo per un piccolo colpo di scena: quando, dopo aver discusso sei punti, l’assemblea avrebbe dovuto approvare il Bilancio, i consiglieri di minoranza hanno fatto notare che i documenti contabili in loro possesso erano diversi da quelli messi ai voti. Detto altrimenti, una cosa erano le copie del Bilancio mandate in anteprima, un’altra il Bilancio che avrebbero dovuto votare.
In cosa consistessero queste differenze non è dato sapere. Tuttavia il sindaco ha preso atto delle critiche e ha aggiornato la seduta al 9 marzo.
Ma ciò non è servito a sanare la situazione. Anzi: le polemiche dalla forma si sono spostate sulla sostanza. Vediamo come.
La prima contestazione riguarda il numero legale. Stavolta i consiglieri presenti erano otto, cinque di maggioranza e tre di minoranza più il sindaco. In pratica, è bastato che i tre oppositori lasciassero l’aula per mettere in discussione il numero legale.
E basterebbe l’accoglimento di questo rilievo, incluso ovviamente nell’esposto, per invalidare l’approvazione del Bilancio. È una questione di interpretazione: secondo la legge, perché l’approvazione sia valida occorre che voti la metà più uno degli eletti. Ora, a Lappano hanno votato in sei: il sindaco più i cinque consiglieri dalla sua parte. Sulla carta questa maggioranza ci sarebbe. Tuttavia, la Corte costituzionale non la pensa così e in più sentenze ha dichiarato che il sindaco non può essere computato nel numero legale.
Chi ha ragione in questo caso? Ad occhio, spetta al prefetto chiarirlo.
Le altre autorità, cioè la Procura e la Corte dei Conti, dovranno lavorare su altri aspetti che, se confermati, sarebbero decisamente gravi.
Su quasi due milioni di Bilancio è emerso un disavanzo di circa 400mila euro. Un disavanzo strutturale, su cui non si può operare in nessun modo e che si deve far rientrare a tutti i costi. Ma soprattutto è un disavanzo che ingessa di brutto la cassa e praticamente paralizza la gestione.
I guai non finiscono qui. Anzi, vengono da lontano: precisamente dal 2015, perché l’amministrazione, stando alle accuse della minoranza, non avrebbe applicato i principi della competenza finanziaria potenziata, obbligatoria per tutti proprio a partire da quell’anno, non avrebbe inoltre approntato il fondo pluriennale vincolato, anch’esso obbligatorio, e quel che è peggio, avrebbe messo in bilancio un’anticipazione di cassa di un milione e duecentomila euro, quando avrebbe potuto chiedere (e ha effettivamente chiesto) al massimo duecentomila e rotti euro.
In questi casi, che rinviano al passato, non è possibile neppure giocare a scaricabarile, cioè dire che è colpa di chi c’era prima, perché chi c’era prima è lo stesso che c’è adesso: Maurizio Biasi, iscritto al Pd con alle spalle una lunga militanza a sinistra, nel 2015 svolgeva il suo precedente mandato da sindaco.
Ma ci sono anche due dettagli gustosi.
Il primo riguarda il modo in cui sarebbe emerso, a detta della minoranza, il disavanzo strutturale: è stato il riaccertamento straordinario dei residui, approvato nel 2015, tra l’altro un mese dopo il Bilancio di previsione di quello stesso anno. Parrebbe che questo riaccertamento sia stato fatto sotto pressione della minoranza.
Il secondo dettaglio riguarda l’incompatibilità di un consigliere di maggioranza che ha un contenzioso fiscale con il Comune. Questo consigliere, c’è da dire, ha partecipato alla seconda seduta, sebbene il Ministero dell’Interno si fosse già espresso sulla sua incompatibilità, logica ancorché giuridica: come può votare gli atti contabili del Comune chi non è in regola con la contabilità dello stesso Comune?
L’incompatibile, ad ogni buon conto, si è dimesso e ha sanato la situazione.
Quello che balla – o meglio, potrebbe continuare a ballare – è il Bilancio. Chi ha ragione? L’amministrazione di Biasi che, secondo le regole della democrazia, si basa sui numeri? O l’opposizione, che invoca il rispetto della legalità, senza la quale la democrazia è barbarie?
La risposta non spetta a nessuno di loro. Il quesito, non facile, da cui dipende la vita di un paesino la cui principale risorsa resta il municipio (e le sue casse) giace ora su scrivanie i cui titolari non sono stati eletti da nessuno. E forse è meglio così: certi conti devono farli gli esperti che siano anche terzi. Il bene comune è cosa troppo complicata per lasciarlo al solo responso delle urne.
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