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Viola Valentino, l’icona pop si racconta

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In esclusiva per l’IndYgesto, la star-immagine degli anni ’80 ripercorre i punti salienti della sua carriera, vissuta con impegnata leggerezza in occasione della recentissima uscita dell’ultimo album. La trasgressione danzereccia di “Comprami”, le pose per Playboy e la puntata sul grande schermo col grande Tomas Milian…

Il 20 marzo ha pubblicato il suo dodicesimo album intitolato E sarà per sempre (On the Set-Artist first), da lei definito come «un inno alla vita e all’amore». Viola Valentino, al secolo Virginia Maria Minnetti, torna sulle scene in grande stile con un’antologia di brani scelti e tre inediti. Parliamo con lei del nuovo disco e ripercorriamo insieme le tappe più importanti della sua carriera: dagli esordi come modella alla notorietà raggiunta tra il ’79 e i primi anni ’80, quando si affermò come icona pop e sex symbol della canzone italiana, grazie a successi commerciali come Comprami, Sei una bomba, Sola e Romantici. Con la schiettezza che la contraddistingue e un’ironia disincantata, Viola parla della sua prima volta sul palco di Sanremo e del battesimo cinematografico al fianco di Tomas Milian. Ricorda con affetto i suoi tanti sodalizi artistici e spiega le ragioni del suo impegno civile contro la violenza e la discriminazione di genere.

Très Charmant un’immagine recente di Viola Valentino

In piena emergenza Covid-19 mi sembra doveroso chiederti come stai e come stai affrontando questa quarantena.

Sono molto nervosa e mentalmente stanchissima. Al di là degli impedimenti pratici e dei sacrifici doverosi in questo momento, credo che emotivamente sia difficile per tutti. Nessuno è risparmiato. Nonostante ciò, sto cercando di tenermi occupata, anche se non sempre sono dell’umore giusto per fare qualcosa.

Il 20 marzo scorso hai pubblicato E sarà per sempre, il tuo dodicesimo album che hai descritto come un inno alla vita e all’amore. Si direbbe che questo disco sia stato concepito in un periodo piuttosto positivo della tua vita. Sembrerebbe una sorta di riconciliazione con te stessa e col mondo…

L’inno alla vita di cui parlo si ispira a una poesia di Madre Teresa di Calcutta che amo molto e che sembra adattarsi perfettamente al periodo che stiamo vivendo, ma in realtà è una coincidenza, perché il disco è nato prima di questa terribile situazione. È semplicemente un inno alla vita e alle cose belle che ci accadono nella quotidianità; perché ogni giorno ci possono capitare delle disavventure, ma bisogna sempre credere, sperare e cercare di andare avanti.

Questo disco nasce inoltre come omaggio al produttore Luigi Matta, con cui ho lavorato a lungo. Perciò ho voluto inserire dei brani scelti da tre album diversi, che ho realizzato con lui; brani forse meno conosciuti ma che reputo importanti. Tra questi c’è Stronza, una canzone che quando uscì non fu pubblicizzata, perché ritenuta da bollino rosso, ma poi si è diffusa tra le persone tramite il passaparola e hanno iniziato a chiedermela a gran voce durante i concerti. Nel disco ci sono anche tre inediti. Uno di questi, Da qui all’eternità, è il primo singolo da poco in uscita.

La copertina di “E sarà per sempre”

Il tema dell’amore, nelle canzoni che costituiscono il disco, sembra accompagnato da una vena di amarezza e di disillusione. La stessa che in qualche modo era già presente in Romantici, uno dei tuoi primi successi. È così che vedi l’amore?

C’è sempre una nota amara nelle storie d’amore. C’è sempre qualcuno che ti fa soffrire oppure tu stesso fai soffrire qualcuno inconsapevolmente. Dipende da chi incontri sulla tua strada. Nel corso della mia vita ho incontrato persone più giuste e persone meno giuste… Poi io in amore sono sfigata (sorride).

Credo che molti mostrino solo la facciata di un rapporto. Io sono una persona obiettiva e se dovessi dire che l’amore sia tutto rose e fiori mentirei. Volersi bene, odiarsi, mancarsi, esserci e non esserci fanno parte della dinamica di un rapporto. Perché nel quotidiano ci sono anche le preoccupazioni, i pensieri, i problemi oggettivi che ci impediscono di dare di più all’altra persona, anche se si vorrebbe. E queste cose possono rovinare le relazioni.

Mitica Viola Valentino ai tempi di “Comprami”

Con Romantici partecipasti al Festival di Sanremo nel 1982. Come ricordi la tua prima volta sul palco dell’Ariston?

A dire il vero non ho un buon ricordo; non era un bel Sanremo. Era un po’ decaduto in quegli anni. Non c’era l’orchestra e nell’edizione precedente si cantava in playback. Per lo meno a noi avevano dato di nuovo la possibilità di cantare dal vivo. Ma mancava la magia di Sanremo.

Adesso forse stanno esagerando nel senso opposto. Trovo che quest’anno, ad esempio, ci siano stati dei colpi di scena che potevamo risparmiarci, perché sono solo materia di gossip. Si può fare spettacolo senza litigare e senza offendere nessuno. Ad esempio, non si può abbandonare il palco, che per te in quel momento è come la nave per il capitano, con milioni di persone che ti stanno guardando. Il Festival di quest’anno mi è sembrato una sorta di situation comedy. Il Festival di Baglioni, d’altra parte, era un po’ troppo prolisso e troppo lungo (anche se non ho niente contro Baglioni, anzi!).

Nella tua carriera hai collaborato con nomi importanti della musica italiana, a partire da Gino Paoli, che ha prodotto il tuo primo 45 giri Dixie e successivamente Giancarlo Lucariello, che ti ha portata al successo. Hanno scritto per te Riccardo Fogli, Gianni Bella, Alberto Camerini, Grazia Di Michele, Maurizio Fabrizio, Bruno Lauzi, Mario Lavezzi, Mogol, Cristiano Malgioglio, e molti altri. C’è un sodalizio artistico che reputi particolarmente significativo?

Sicuramente Gianni Bella. Abbiamo lavorato a casa sua per l’album Esisto e siamo stati insieme un mese abbondante, durante il quale ho fatto parte della famiglia Bella. Era (ed è) una persona sempre sorridente, allegra e divertente; faceva battute di spirito. E poi abbiamo fatto un gran bell’album insieme, che ancora oggi è attualissimo. Nel disco c’è anche una canzone che si intitola Gianni Bella io ti amo, il cui testo è molto significativo.

Io ho un carattere armonioso, di conseguenza ho avuto buoni rapporti con tutti i miei autori. Non c’è mai stato un battibecco, perché si è sempre trovato un punto d’incontro. E poi la musica è armonia e se non c’è armonia si lavora male. Sulla mia strada probabilmente ho incontrato sempre gente che la pensa come me, perciò ho grande amore per tutti loro e per Gianni in particolare.

Superba Viola Valentino posa per Playboy

Gli anni ’80 erano gli anni del disimpegno e dello sdoganamento dei tabù. Tu incarnavi perfettamente il cambiamento in corso e sei diventata l’icona di un erotismo raffinato e soft, quasi formato famiglia. Quanto c’era di spontaneo e quanto di costruito in quell’immagine? Avevi qualche modello di riferimento femminile?

Era tutto spontaneo e non avevo altri modelli di riferimento. Forse l’unica cosa che mi è stata imposta da Giancarlo Lucariello, il mio produttore, era essere una persona di classe, molto curata nei dettagli. Ma io, alla fine, sono così. Anche se poi magari con gli amici sono una caciarona e dico le parolacce.

Lucariello non voleva che fossi la bonazza di turno, voleva un’immagine raffinata ed elegante, che restasse impressa nella testa della gente, ma che non fosse volgare.

Nostalgia cinefila (e canaglia) la locandina di “Delitto sull’autostrada”

Nel 1981 sei apparsa su due copertine dell’edizione italiana di Playboy. Che ricordo hai di quell’esperienza? Hai ricevuto delle critiche?

Ho un bellissimo ricordo… E no, non fui criticata! Anzi, fui criticata perché non ne feci altre! E mi è stato detto più di una volta: «Ma non si vede niente»! La bellezza degli scatti era nella magia di Roberto Rocchi, il fotografo.

Devi sapere che mio padre faceva il pittore e in parte del suo lavoro si esprimeva con i nudi, ma i suoi quadri non sono volgari. Tutto dipende dalla capacità e dall’immaginazione di chi rappresenta la modella, che sia un pittore o un fotografo.

La tua è una carriera a 360 gradi nel mondo dello spettacolo. Ti sei cimentata nella musica, nel cinema, nella moda e nel teatro. Peraltro, hai sempre dichiarato di non essere mai scesa a compromessi. Come sei riuscita a fare tutto questo senza scorciatoie?

Forse sono stata semplicemente fortunata. Quando io ho incominciato a cantare ero già la Signora Fogli. Non ho avuto bisogno di scendere a compromessi e non ero sola. Anche quando da ragazza facevo la modella, partecipavo ai casting come tutte le modelle. Si andava e si faceva vedere il book. Guardavano le foto e le pubblicità che erano state fatte e dopo sceglievano in base a quello. Non era necessario vendersi.

Fantastica Viola Valentino ragazza copertina di Playboy

Poi, quando sono stata chiamata da Bruno Corbucci per recitare in Delitto sull’autostrada ero già Viola Valentino.

Molte ragazze non hanno avuto questa fortuna. Magari sono sole e fragili e il marpione di turno c’è sempre. Però bisognerebbe imparare a dire di no qualche volta. C’è stato qualcuno che ci ha provato, per quanto mi riguarda, però non sono scesa a compromessi. Basta credere in se stessi e capire se si è adatti per quel lavoro e se sono realmente interessati a offrirtelo il problema non si pone.

Mi viene in mente una pubblicità che ho fatto per la penna Ballograf. Uscì sul Corriere della sera, ma nessuno mi ha riconosciuta. Lo slogan era Per Natale l’abbiamo vestita tutta d’argento. Io ero ferma in una posizione, raggomitolata e immobile come una statua, con una parrucca d’argento lunga fino alla vita e tutta dipinta d’argento. Ero irriconoscibile. Ma era una fotografia di gran classe.

Tra gli attori con cui hai collaborato c’è anche l’indimenticabile Tomas Milian, che hai affiancato nel film del 1982 Delitto sull’autostrada, di Bruno Corbucci. Com’è stato lavorare con lui? Com’era fuori dal set? Puoi raccontarmi qualche aneddoto?

Lavorare con lui è stato bellissimo. Tomas era una persona molto intelligente, di grande cultura e di grande classe, l’antitesi di quello che appariva sullo schermo.

Era molto silenzioso e introverso; faceva le sue scene dopodiché si chiudeva in roulotte. Penso di avergli rotto le scatole fino all’inverosimile, anche se tutto sommato gli ero simpatica. Bussavo alla sua roulotte e gli chiedevo delle cose assurde, tipo: «Come si fa a piangere spontaneamente?», «Come si fa a ridere o a essere arrabbiati?». Lui era il mio Actors studio. Con me era disponibile, perché non vedeva l’esaltata di turno che voleva arrivare. Penso che vedesse in me una ragazza piena di entusiasmo, ma anche spaventata; perché alla fine recitare fa paura, se non lo fai di mestiere. Non è che abbia interpretato Anna Karenina, intendiamoci: ho fatto un film commerciale, che però ha colpito il cuore di tanta gente.

Tomas era molto gentile con me. Ricordo che il giorno del mio compleanno mi fece portare una torta con le candeline. Secondo me gli facevo tenerezza, perché gli ponevo delle domande davvero ingenue e lui per me era un punto di riferimento. Poi sapevo che aveva fatto l’Actors Studio di New York. Lui non è nato come Nico Giraldi o come Er Monnezza; aveva fatto film molto impegnati, dove emergeva la sua intellettualità. Poi è diventato il personaggio che gli ha portato fortuna, però so che inizialmente non voleva interpretare quel ruolo. Io so perché ha accettato di farlo, ma è una cosa privata e non la voglio divulgare.

Nostalgia 2 Viola Valentino sul set con Tomas Milian

Il tuo impegno civile attraverso la musica si è concretizzato, oltreché in progetti contro la violenza sulle donne, anche in una campagna contro la violenza a sfondo omofobico. Il singolo Domani è un altro giorno, focalizzato su questo tema, è diventato l’inno del gay pride. Ritieni che nel mondo della musica e dello spettacolo la discriminazione verso gli omosessuali sia meno marcata? Cosa è cambiato, in questo contesto, rispetto al passato?

Sulla base della mia esperienza, nell’ambiente musicale non ho mai visto discriminare nessuno perché omosessuale, né ora né in passato.

Ho cantato contro l’omofobia dopo un avvenimento che mi ha toccato particolarmente. Una sera a Sondrio un ragazzo di 14 anni è venuto a confessarsi nel mio camerino (uso questo termine perché spesso le persone si confidano con me come se fossi un prete). Non avevo nessuna intenzione di scrivere sull’omofobia in quel momento. Però purtroppo, poco tempo dopo, questo ragazzo si è impiccato, perché non aveva il coraggio di dire alla famiglia che era gay.

Tengo anche a dire che le storie che canto sono tutte vere. Anche le canzoni sulla violenza contro le donne sono tratte da vicende reali. Giada, la protagonista di I Tacchi di Giada, è un nome di fantasia ma parla di una donna che ha subito uno stupro violentissimo. Mentre Daisy – anch’esso è un nome inventato – ha subito violenza psicologica e percosse nella sua famiglia. In Ti amo troppo non c’è un nome ma la storia è pesantissima: in questo caso non è stata raccontata direttamente a me, bensì all’autore del testo, che poi mi ha fatto conoscere la persona che ha vissuto questo dramma.

Superba Altra posa di copertina per Playboy

Hai all’attivo diverse collaborazioni con dei rapper italiani. Artisti che provengono da una scena lontana dalla tua cifra stilistica. Cosa ti ha spinta a queste sperimentazioni?

Perché mi diverte. Ad un certo punto della vita ti annoi, vuoi vivere cose diverse, vuoi comunicare con lo stesso linguaggio di questi ragazzi, non vuoi essere vista come la Signora Valentino, perché in fondo siamo un po’ tutte scaciate, come si dice a Roma, pane pane, vino al vino. Sperimentare quel linguaggio significa entrare in un mondo che non conosci, che non vivi perché non sei un rapper. Ma i rapper possono dire cose molto interessanti. Per me sperimentare è una sorta di studio, un voler conoscere mondi che non mi appartengono. È come fare un viaggio.

Un verso del brano Da qui all’eternità, contenuto nel tuo ultimo album, recita: «Le rughe non sono la fine del volo». Come vivi gli inevitabili cambiamenti legati all’avanzare del tempo?

Beh.. Io ho un uomo che ha 20 anni meno di me, come li posso vivere? Ma questo brano non è dedicato a lui; sto con lui da 9 anni e questa canzone è nata una decina di anni fa. L’ho tenuta nel cassetto e ho cercato un modo per non disperderla nel vento. Forse ci sono riuscita con questo album.

L’emergenza sanitaria che sta affliggendo l’Italia (e l’intero pianeta) ha portato il mondo della musica a mobilitarsi attraverso dirette streaming, raccolte fondi e altre iniziative di solidarietà. Come cambierà, secondo te, il ruolo dell’artista dopo questa devastante esperienza collettiva?

C’è stata un’unione tra gli artisti che ribadisce che l’unione fa la forza. Ci siamo uniti, chi in un modo chi nell’altro, per cercare di fare qualcosa. Ma ci sono tanti di noi che sommessamente lo fanno da sempre e penso che non ci sarà un cambiamento vero e proprio, in questo senso. C’è chi si prodiga per l’umanità intera, chi lo fa per un ospedale, per un orfanotrofio o una casa di riposo e continuerà a farlo, indipendentemente dal momento che stiamo vivendo.

Adesso c’è più visibilità per queste iniziative perché comunque aiutano le persone, portando una ventata di serenità. Anche solo facendo le nostre micro-dirette da casa in pantofole, mostrandoci nella nostra quotidianità, diamo un po’ di conforto alla gente.

Quindi il tour promozionale del nuovo album è sospeso fino a data da definirsi…

Purtroppo è tutto fermo e per ora non c’è nessuna luce all’orizzonte.

Speriamo che le cose si risolvano, perché al di là di alcuni big che sono molto ricchi, gli altri sono lavoratori dello spettacolo, me compresa. Sono vicinissima a quelli che hanno delle problematiche economiche a causa dell’emergenza, perché in questo momento ne sto avendo anche io.

(a cura di Susanna Giusto)

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