Atheists And Believers: prog, pop e virtuosismi dei The Mute Gods
Il trio dell’ex Kajagoogoo Nick Beggs sforna un nuovo album dalle sonorità raffinatissime e dai testi profondi
Buona la terza. Al pari delle altre due prove precedenti.
Quando si ha a che fare con un supergruppo come i The Mute Gods, c’è davvero poco da scherzare: magari non può uscire sempre il capolavoro, ma l’originalità, la bravura e la capacità di coinvolgere sono assicurati.
Ed è proprio il caso di Atheists And Believers, il terzo (appunto) album della band, uscito di recente per la Inside Out, vero e proprio marchio dop per il progressive rock di qualità.
D’altra parte, non potrebbe essere altrimenti quando uniscono le forze tre virtuosi come il bassista-cantante Nick Beggs (quarant’anni passati tra i superpop Kajagoogoo e mostri sacri come Steven Wilson e Steve Hackett), il mago delle tastiere Roger King e il batterista-tastierista-chitarrista Marco Minnermann.
Le esperienze variegate dei tre ancora una volta si incrociano per dar vita a un album a dir poco variegato, in cui si spazia con facilità estrema tra atmosfere rock e pop più toccatine funky qui e lì. Il tutto amalgamato con una naturalezza spontanea.
Così è per Atheists And Believers, la title track che apre l’album con una garbata citazione dei Genesis post Gabriel, si evolve in un refrain pop cantato in maniera morbida da Beggs e con un bel giro slappato. Simpatico anche l’assolo di chitarra pieno di citazioni fusion.
L’approccio pop è ancor più marcato nella seguente One Day, che mescola ironia (il testo greve e filosofeggiante carico di ultramaterialismo) e melodie anni ’80 (il coro richiama un bel po’ i Tears For Fears). L’aspetto prog è lasciato agli arrangiamenti maestosi, a cui contribuisce nientemeno che il mitico Alex Lifeson dei Rush.
Notevolissima e ultraraffinata, Knuclehead si regge un ritmo funky ballabile marcato da un basso a dir poco fantastico. Il testo, ironico e pieno di nonsense, è un paradossale inno alla stupidità umana. Solo l’assolo stralunato di King riporta il sound su binari più prog.
Con la sulfurea Envy The Dead la band si orienta su sonorità decisamente più rock, grazie al riff crimsoniano della chitarra e ai ricami acidi delle tastiere.
La strumentale Sonic Boom è un saggio di bravura strumentale e, allo stesso tempo, un riassunto della poetica musicale dei The Mute Gods, che si lanciano in cambi di tempo e di atmosfera pieni di citazioni jazzistiche e di riferimenti psichedelici, gestiti con grande compattezza d’insieme e arricchiti dai poliritmi di Craig Blundell, ospite speciale alla batteria.
L’omaggio ai Genesis (e in parte ai King Crimson) torna nell’elegiaca Old Man, una ballad acustica dalle delicate atmosfere anni ’70.
Di nuovo pop, ma carico di abbondanti contaminazioni psichedeliche, in The House Where Love Once Lived, un delizioso pastiche dalle atmosfere rarefatte.
Allucinata e straniata, la seguente Iridium Heart mescola citazioni new wave e neoprog, debitrici entrambi dei King Crimson anni ’80 (per capirci, quelli con Adrian Belew).
La sinfonica Twisted World Godless Universe è il pezzo più ambizioso dell’album, in cui fanno bella mostra di sé dei durissimi passaggi di organo Hammond.
Chiude I Think Of You, una pièce strumentale per piano e sintetizzatori dalla concezione minimale e dall’impatto struggente.
I titoli di coda scorrono, in questo caso, su una dedica malinconica e (perciò) speciale di Beggs alla propria madre, morta quando era ancora un ragazzino.
Un ricordo intimo e delicato chiude un album notevole e carico di una sua peculiare grandeur.
Atheists And Believers, come tutto il neoprog che si rispetti, è un prodotto di gran lusso, sofisticato e complesso anche nei momenti di più facile ascolto. Si rivolge senz’altro ai cultori ma sa strizzare l’occhio a più riprese anche agli ascoltatori meno specializzati.
Serve altro per dire che vale la pena?
Per saperne di più:
Il sito web ufficiale dei The Mute Gods
Da ascoltare (e da vedere):
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