Dai Rossofuoco ai Massimo Volume, il Color Fest spacca la Calabria
Rap, pop e rock impegnato nella seconda serata del festival calabrese, in cui fa capolino la misteriosa e conturbante Myss Keta
Seconda giornata della settima edizione del Color Fest, intitolata quest’anno Sei bella davvero per sottolineare la bellezza delle montagne incontaminate a due passi dal mare. Bellezza naturale in perfetto accordo con la bellezza musicale esplosa sui due palchi allestiti alla Giurranda, nel Parco naturale di Platania.
Claudia Guaglione apre la seconda parte del Color Fest 2019 alle 17.
Guaglione è nota per la partecipazione a Xfactor e ha ottenuto il posto sul palco del festival calabrese dopo aver vinto il Contest Color. La ragazza pugliese ha un aspetto delicato e gentile ma in scena si dimostra grintosa ed esibisce una voce pungente e avvolgente allo stesso tempo.
Sempre con le luci del sole si esibiscono Giorgio Canali e i suoi Rossofuoco. La band è formata da Marco Greco, chitarra e basso, Luca Martelli, batteria, Stewie Dal Col, chitarra. Dopo le esperienze come tecnico del suono con Pfm, Litfiba e Cccp-Fedeli alla linea, Canali quest’anno spegne 21 candeline con i Rossofuoco,. Con la grinta di una carriera alle spalle, il cinismo di chi guarda con spirito critico agli eventi senza alcun velo di perbenismo, racconta come sempre la vita, i sentimenti e le vicende di una nazione sempre distratta da mille illusioni.
«È la vita che va, è la vita che va è un’altra piccola morte che viene…» nella sua Nuvole senza Messico, porta il pubblico ad una riflessione amara sul presente che a dieci anni dalla sua pubblicazione continua ad essere sempre attuale. Si respira rabbia anche nei pezzi tratti dalla produzione meno recente: Ci sarà e Mostri sotto il letto. Anche dall’ultimo disco, Undici canzoni di merda con la pioggia dentro, emerge il Canali di sempre, con la stessa grinta, davanti ad un mondo contemporaneo pieno delle solite incertezze.
Radioattività, Emilia parallela, Undici e Piove finalmente piove, sono solo alcuni dei brani eseguiti, e lui, come sempre al termine dei suoi pezzi, dà una testata al microfono che spesso accompagna con bestemmie, in una sorta di protesta contro i benpensanti critici sui suoi testi e il suo modo di vedere la vita.
Breve pausa dalla musica con la presentazione di Politics, la musica angloamericana nell’era di Trump e della Brexit (Arcana, Roma 2018) scritto da Fernando Rennis. I due eventi raccontanti nel libro hanno in comune problemi contemporanei: la questione razziale e l’abuso del potere con la scusante degli attacchi terroristici. La musica da sempre è stata risposta alle patologie della politica: ad esempio un evento degli anni sessanta come la guerra in Vietnam genera testimoni del calibro di Sex Pistols, Hendrix e Bob Dylan. Spiega, al riguardo, l’autore: «Gli esempi nel libro dei casi di artisti contro Trump sono molti. Ma nel mondo anglosassone succede spesso di utilizzare il palco per contrastare politiche conservatrici». E la sua analisi si focalizza sulle faccende di casa nostra: «In Politics c’è un appendice, Patriots, che racconta del nostro paese e si concentra sul ventennio di Berlusconi».
La musica riprende con Murubutu, nome d’arte di Alessio Mariani, rapper emiliano. Dopo la creazione del collettivo La Kattiveria, Mariani avvia una carriera solista da musicista rap, in cui mescola l’hip hop con la letteratura, la storia e la filosofia. Mescola alla musica la sua vita di insegnante di materie umanistiche e arricchisce i testi con un linguaggio alto e storie sulla sofferenza umana. I ritmi sono duri e massicci come le storie da lui rappate e il pubblico lo segue attento ed entusiasta. La notte di San Lorenzo, La vita dopo la notte e Tenebra è la notte, che dà il titolo al disco uscito lo scorso febbraio, sono solo alcuni dei pezzi presentati sul palco del Color Fest.
Cala il buio e si accende la performance di un altro pezzo della musica italiana: i Massimo Volume. Non c’è bisogno di grandi presentazioni a questo gruppo seminale post rock, nato a Bologna sul finire degli anni 80 e riunitosi dopo una pausa di dieci anni fa. La formazione attuale ripropone il nucleo originario della band o quasi: Emidio Mimì Clementi, basso voce e sintetizzatore, Vittoria Burattini, batteria percussioni e voce, Egle Sommacal, chitarra. La tensione i suoni rock a tutta forza e i ritmi ipnotici mettono in risalto i racconti di Mimì che, col suo particolare recitato, apre una finestra su un romanzo scritto in poche battute. Una vita o più semplicemente una visione, o uno spezzone di vita narrata in modo realistico e a volte crudo. I brani tratti dal nuovo disco, Il nuotatore – ad esempio Nostra signora del caso, L’ultima notte del mondo, Amica prudenza e la title track – ma anche i classici come Fausto e Le nostre ore, hanno la forza di trasportare la mente all’interno di un quadro di Edward Hopper, e di fermare la vita su eventi piccoli e quasi insignificanti, quasi a voler rappresentare la solitudine e la fragilità dell’uomo.
Ore 20.30 ed è il turno di Spaghetti Unplugged, ma in cosa consiste quest’iniziativa? Gli organizzatori Gianmarco Dottori e Davide Dose lo chiedono del Color Fest. Un ragazzo risponde che si tratta un open mic che di solito si tiene da Marmo a Roma, interviene poi Dose ricordando che da poco si è aperto uno spazio e anche a Milano nel locale Apollo. Dottori ricorda che per poter partecipare a Spaghetti Unplugged basta iscriversi negli orari stabiliti, presentarsi e suonare con la strumentazione fornita in questo caso dal Color Fest. Mettere in luce gli artisti emergenti, creare connessioni e scambi musicali, dare spazio e visibilità è il modo più nobile per amare la musica e la cultura. Al riguardo, rompono il ghiaccio Strangis, seguono Santino Cardamome, La stazione, Lolita, Praino, Tony e Saint Pablo.
Dai live on the road al concerto del Primo Maggio a Roma il passo è breve. Lo sanno bene gli Eugenio in Via di Gioia. Il gruppo nasce nel 2012 e il loro nome deriva da tre dei componenti, Eugenio Cesano, voce e chitarra, Emanuele Via, pianoforte fisarmonica e cori, Paolo di Gioia, batteria percussioni e cori. Il quarto componente, il bassista Lorenzo Federici ha dato il titolo col suo nome al primo disco del gruppo. L’ironia e l’impegno convivono in perfetto equilibrio nel loro live, che risulta brioso e veloce. «Cerchi dappertutto ma non la vedi la vedi la sfera. Non lo capirai mai, non lo capirai mai, non lo capirai», cantano in Cerchi, che fa parte del loro ultimo album Natura Viva. Il cd ridonda di giochi di parole pieni di significati profondi. Un po’ come la loro musica, colorata ma al tempo stesso di spessore e di sperimentazione. Altri pezzi dall’ultimo disco sono Camera mia, India a respirare e Lettera al prossimo. Dai lavori precedenti sono tratti Prima di tutto ho inventato me stesso, Chiodo fisso e Giovani illuminati.
«Prima di me si sono esibiti grandi artisti, come ad esempio Giorgio Canali. Quasi non merito di suonare dopo di lui, è un onore».Esordisce così Francesco Motta, conosciuto come Motta. Dopo l’esperienza nei Criminal Jockers, band che dal buskers e dal punk si evolve verso sonorità new wave, passa alla carriera solista nel 2016 con La fine dei vent’anni. Seguito dal recente Vivere o morire.
Carico di energia proprio come la sua musica (e anche i testi non fanno eccezione), Motta si presenta sul palco calabrese con la voglia di dare espressione del suo percorso artistico. E gigioneggia col pubblico: «Come va? Strano non fumare le sigarette, ma non c’ho più il fisico. Però io non ne fumo otto, ma molte di più. Mi assumo le mie responsabilità». Dalla platea gli urlano Bravo! E subito dopo parte Vivere o morire, che dà il titolo al suo ultimo disco. E sempre da lì estrapola Quello che siamo diventati, La nostra ultima canzone, Ed è quasi come essere felici e Chissà dove sarai.
Dall’esordio solista sono tratte, invece, La fine dei vent’anni, Sei bella davvero e Prima o poi ci passerà. Non può mancare, ovviamente, Dov’è l’Italia brano con cui si è presentato all’ultima edizione diSanremo. Testi e musica uniti alla presenza scenica del cantautore toscano provocano emozioni anche nei pochi che ancora lo conoscono poco. I toni si accendono quando suona le percussioni nel brano Se continuiamo a correre, un rock italiano sia nella musica che nelle parole.
A chiudere il Festival la misteriosa e conturbante Myss Keta. Il progetto artistico e il personaggio sono nati quasi per gioco in una calda serata dell’agosto 2013, con lo scritto Milano Sushi e Coca, citazione del brano Sushi e Coca dei Marta sui Tubi. Escono due dischi e nasce così una figura artistica che, celando la propria identità reale, crea un’aurea di mistero. Artista rap sul palco con abbigliamento e movenze provocatorie allude agli eccessi di Milano ma non solo, e suscita scalpore e meraviglia nei benpensanti. Anche i testi e la musica, che mescola rap ed elettronica, suonano fuori da ogni schema. Sono tutti elementi che sfociano in un live dai toni alti e forti. Cento pose per te, Xananas, Le ragazze di porta Venezia, Adoro, Una vita in un capslock e Una donna che conta sono alcune tracce di un live esagerato che dà un tocco esplosivo al finale della settima edizione del Color Fest.
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