Fedeli al vinile. La nostalgia nel romanzo di un informatico
Alessandro Casalini racconta nel suo ultimo libro la “resistenza” disperata e tragicomica di un negozio di dischi della provincia romagnola mentre Napster inizia a demolire l’industria discografica come la conoscevamo…
Le rivoluzioni nascono in maniera inaspettata e per cause che, a prescindere dalla pianificazione, sono quasi sempre fortuite.
Non sapremo mai i nomi di chi marciò in prima fila verso la Bastiglia né i motivi che spinsero questo o quel popolano a salire sulle barricate del ’48 e, spesso, chi ha sparato il primo colpo.
Forse, solo nella rivoluzione informatica, che più e meglio delle altre ha pensato alla propria immortalità prima ancora di nascere, cambia davvero qualcosa: senz’altro gli archivi di Napster ci consentono di sapere quale anonimo ha caricato per primo file musicali nella rete. Anzi, lo sappiamo benissimo perché ce lo ha raccontato Stephen Witt nel suo documentatissimo Free, diffuso in Italia da Einaudi nel 2016, in cui racconta filo per segno la genesi del filesharing e l’inizio della lunga agonia dell’industria discografica, che a partire dall’inizio del millennio ha avuto un nemico mortale e letale: l’mp3.
Più difficile è raccontare il tracollo dell’industria discografica così come gli over 40 la conoscevano attraverso il suo aspetto socialmente più sensibile: la chiusura seriale di quei negozi di dischi che coloravano gli angoli delle nostre città con la loro appetitosa mercanzia che ha costruito l’immaginario di almeno quattro generazioni di (ex) giovani.
La parabola è questa: i cd, usciti nei primi anni ’80, hanno ammazzato il vinile in poco più di un decennio; gli mp3, usciti a fine anni ’90, hanno distrutto i cd e hanno trasformato in maniera radicale il nostro modo di fruire della musica.
In tutto racconto, manca l’aspetto umano, che però non può essere affidato a un saggio, perché nessun saggista può raccontare cosa succede quando viene meno un posto di incontro, un ritrovo, un riferimento dell’immaginario collettivo.
Quando, per capirci, chiude un negozio come VinylStuff.
Ed è poco più di un paradosso che a raccontarci questa vicenda sia un informatico (cioè uno che per cultura e professione dovrebbe stare dall’altra parte della barricata, assieme ai sicari e ai cecchini della musica come la conoscevamo) e che svolga questo racconto attraverso un romanzo.
Già: il VinylStuff di Cesenatico in realtà non esiste, oppure esiste sin troppo. E non esistono neppure Hi-Fi e Tata, i suoi gestori, sebbene siano figure realissime.
Ma Cesenatico esiste eccome. Anzi, esistono tantissime Cesenatico perché l’Italia è fatta di cittadine di provincia in cui la presenza di un negozio così cambiava davvero tanto. Anzi, questi negozietti specializzati in vinili importanti, rari e prestigiosi, furono la base della resistenza grazie alla quale la cultura rock riprese i suoi spazi dopo le derive elettromelodiche degli anni ’80.
Il VinylStuff e i suoi gestori sono i protagonisti di Fedeli al vinile (Libromania, Milano 2018), il quinto romanzo di Alessandro Casalini, programmatore e sviluppatore web prestato – e bene – alla narrativa.
Un racconto leggero e triste, in cui l’io narrante di Tata snocciola le vicende del negozio, meta di un’umanità variegata accomunata da una passione sviscerata per la musica, proprio nel momento storico, l’inizio del millennio, in cui Napster dà le prime poderose spallate al vecchio music business.
Nel VinylStuff sfilano romanticamente un sacerdote appassionato di musica classica che dà la caccia a chicche che farebbero la felicità di un battaglione di audiofili; uno sballone male in salute e millantatore, che racconta di improbabili frequentazioni con i grandi del rock; una ragazzina che scampa al suicidio e trova l’amore tra un disco e l’altro; un professore impazzito, che non capisce nulla di musica ma si crede Einstein. E c’è anche una rockstar vera, come Lenny Kravitz, che diventa il Deus ex machina della storia.
C’è da dire che neanche Tata e Hi-Fi scherzano in quanto a bizzarrie. Quest’ultimo, ad esempio, che si vanta di non vendere pop e hit, è un’enciclopedia vivente di storia della musica e della discografia, come tutti gli audiofili appassionati che si rispettino, i quali non sono tali se non scadono nel feticismo.
Ma Tata e Hi-Fi, che combattono dalla Romagna Profonda la loro guerra persa in partenza contro l’informatica, sono anche altro: sono il prototipo di quei commercianti colti, simili per tanti versi ai librai vecchia maniera, che hanno contribuito coi loro sforzi a salvare la cultura musicale in Italia. Molto più delle riviste, gestite per decenni con un inutile specialismo tribale e assai più delle radio, responsabili del peggior mainstream dell’Occidente, grazie all’ignoranza di speaker attenti più a improbabili pronunce che ai contenuti.
E c’è molto più che snobismo nelle espressioni colorite con cui Hi-Fi si vanta di non vendere roba di Eros Ramazzotti:
«No, non ce l’abbiamo, e se mai un giorno dovesse capitare qui dentro “roba di quello lì” che non oso nemmeno nominare, ti giuro che do fuoco al locale».
È una dichiarazione ideologica piena di amore.
Quel mondo, fatto di appassionati che vivevano i loro riti nei tanti VinylStuff di cui era piena l’Italia, non esiste più. E non inganni la recente rinascita del vinile: è una moda merceologica che si è imposta in nome del vintage, dell’antiquariato postmoderno a portata di tutti, del feticismo legato agli oggetti.
Ma è chiaro che quel legame indissolubile tra la musica e il suo supporto, che solo il vinile era riuscito a incarnare in circa settant’anni di esistenza, non esiste più. E allora tuffiamoci con piacere in questo romanzo, per rivedere alla moviola la giovinezza che non c’è più oppure per scoprire quella di genitori, zii e fratelli maggiori.
Fedeli al vinile risveglia questo mondo perché racconta la storia di una piccola Vandea nel marasma della più grande rivoluzione di tutti i tempi, che ha segnato uno spartiacque e reso il passato davvero irripetibile.
Godiamocelo.
Per saperne di più:
Il sito web ufficiale di Alessandro Casalini
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