Sublimation, un abito umano alla sofferenza
Esordio col botto per gli Human Suit, un duo padovano dedito all’elettronica e alle teorie della psicotanatologia
L’abito è umano. I suoni pure: un’elettronica calda e avvolgente che a tratti richiama Trent Reznor e Nine Inch Nails ma evolve alla ricerca di soluzioni originali.
In poche battute, è la formula suggestiva degli Human Suit (alla lettera, appunto, abito umano), che hanno esordito a metà aprile con Sublimation, un mini-concept album che si richiama alla teoria dell’elaborazione del lutto della psicotanatologa elvetico-americana Elisabeth Kubler Ross.
Gli Human Suit, è bene ricordarlo, non sono proprio novellini: il duo, costituito nel 2014 a Padova dalla cantante-bassista Chiara Zanon e dal tastierista-programmatore Marco Agostini, si era già fatto notare col singolo Unlistened, entrato addirittura nella colonna sonora di Cosmic, un videogame creato dal team Suderika, a cui è seguito il contratto con la Scarlet Letter Productions, che ha prodotto l’ep di esordio.
Non è un caso, quindi, che proprio Unlistened apra il disco e faccia da introduzione alla parte concept, che si snoda tra il concetto di rifiuto (This Bitter Taste, a giudizio di chi scrive il pezzo migliore della raccolta) e quello di rabbia (Collecting Clouds, il brano finale, in cui la ribellione al dolore viene resa da una base techno e dal paragone tra il montare dell’ira e il temporale).
Il tutto passando per In my legion (il patteggiamento) e Broken Doors (la depressione).
Tiratissimo, compatto e senza cedimenti, Sublimation si ascolta tutto d’un fiato: ottimi gli arrangiamenti di Agostini e superba la prestazione vocale della Zanon, raffinata, dolce e tenebrosa quel che basta.
Un buon esordio che conquista dal primo ascolto e ne vale cento.
Da ascoltare (e da vedere):
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