I Saxon tuonano ancora
Thunderbolt è il ventiduesimo album della band britannica: un esempio convincente di heavy metal classico con sonorità contemporanee
La prima parola che i Saxon fanno venire in mente è: istituzione. In quarant’anni precisi di attività, la band inglese è diventata un caposaldo dell’heavy metal più tradizionalista, sulla scia del successo ottenuto nella prima metà degli anni ’80 in quel movimento creativo di rinascita del rock che fu la New Wave of British Heavy Metal.
Il quintetto guidato dal cantante Biff Byford sembra vivere una seconda giovinezza e lo conferma con il recente Thunderbolt, uscito a febbraio per la Silver Lining Music.
La formazione, per fortuna, resta invariata: oltre al vocalist ritroviamo gli storici Paul Quinn alla chitarra e Nigel Glockler alla batteria, più il bassista Nibbs Carter e il chitarrista Doug Scarrat, che militano sotto le insegne sassoni dai lontani anni ’90.
Il valore aggiunto di Thunderbolt è la produzione di Andy Sneap, che ha virato il suond verso il metal più moderno e recuperato gli aspetti più epici e melodici tipici del gruppo.
Il risultato è all’altezza delle aspettative: l’album merita più di un ascolto. Anche se, è giusto ribadirlo, l’originalità non è il suo punto di forza.
Ma in fin dei conti i Saxon non hanno bisogno di sperimentare, semmai hanno il dovere di essere coerenti.
E loro ce la mettono tutta e riescono ad emozionare senza proporre nulla di nuovo ma ripetendo al meglio la formula che li ha portati al successo e gli ha consentito di resistere tanti anni in un mercato musicale spietato come quello del metal, che è stato attraversato da eccessi sonori di ogni tipo.
E allora, che dire? Thunderbolt, la title track che apre l’album subito dopo il breve intro strumentale Olympus Rising, è un classico del metal riproposto con sonorità contemporanee, brillanti e tiratissime: melodia epica, riff duri e ritmica serrata, più il classico duello tra chitarre nella parte centrale e la chiusura all’unisono, come neppure gli Iron Maiden riescono più a concepire.
Ancora più arioso l’approccio melodico di The Secret of Flight, mentre qualche novità si sente in Nosferatu (The Vampires Waltz), riproposta in una versione più cruda come bonus track. In questo brano, lanciato anche da un bel video, che riprende alcuni fotogrammi del classico di Murnau, i nostri riescono a fondere le atmosfere gotiche su una ritmica doom. Davvero niente male.
They Played Rock and Roll è un amarcord commosso (a leggerne il testo) e divertente (ad ascoltarlo) dedicato al tour fatto coi leggendari Motorhead a fine anni ’70. Quindi, è persino inutile ricordarlo, a Lemmy Kilminster, il loro leggendario leader, scomparso a fine 2016.
Si torna a sonorità più pesanti con Predator, in cui Byford duetta con Johan Hans Hegg, il cattivissimo vocalist degli scandinavi Amon Amarth, il cui cantato growl fa da contraltare alle timbriche squillanti del padrone di casa.
Con Sons of Odin i Saxon fanno una puntatina nell’epic metal. Poi l’atmosfera si appesantisce di nuovo con la durissima Sniper, prima di tornare all’epic con A Wizard’s Tale. Seguono la veloce Speed Merchants (appunto…) e l’americaneggiante Roadie’s Song.
Thunderbolt è un album tirato, senza cedimenti, di heavy metal classico. A differenza di altre grandi band – citiamo alla rinfusa: Metallica, Iron Maiden o Judas Priest – che si sono trasformate in logo per durare, i Saxon sono riusciti a restare un gruppo. Impossibile per loro sia prendere la direzione del pop (i pochi tentativi in questa direzione si sono rivelati disastrosi) sia imbarcarsi nelle sonorità estreme (che sarebbe stato un peccato, vista la loro bella vena melodica), i cinque artisti britannici sono rimasti fedeli a loro stessi. E la tenacia paga, dato che sin d’ora Thundherbolt si candida al ruolo di miglior album metal dell’anno.
Non è l’enfasi per un gradito ritorno, ma una semplice constatazione: è grazie a band caparbie e tenaci come i Saxon se l’heavy ha ancora qualcosa da dire e una ragione d’esistere.
Buon ascolto.
Da ascoltare (e da vedere):
Nosferatu (The Vampires Waltz)
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