Luci gialle di città, l’esordio pop di Matteo Liberati
Il giovane cantautore lombardo, già frontman degli Height & Light lancia il suo primo ep: quattro canzoni in bilico tra Vasco Rossi e Simone Cristicchi
Impostazione pop rock, con qualche venatura indie. E poi la tentazione cantautorale, con l’inevitabile passaggio al cantato in lingua italiana.
È, in poche parole, la parabola artistica del giovane Matteo Liberati, cantautore e chitarrista originario di Angera, una bella cittadina a sud del Lago di Como, che tenta la carriera solista dopo essere stato il frontman degli Height & Light, con cui ha inciso l’album Loser e il singolo My Universe, che ha goduto di vari passaggi in radio.
Con l’ep Luci gialle di città, uscito a fine 2018 per l’etichetta cremonese Exabyte Records, il Nostro prova ad ampliare i suoi orizzonti musicali, non opta per alcun genere particolare ma si diverte a mischiare più influenze musicali e a sperimentare con i synth e l’elettronica, pur lasciando in primo piano la chitarra.
Il risultato di questi tentativi sono quattro brani ben confezionati e gradevoli, in cui Liberati riesce a dar prova di originalità e di eclettismo.
Un giro rotondo di basso apre Chi ti credi di essere, un’accorata difesa dell’amore dell’arte impostata su un crescendo garbato, ben enfatizzato da un uso sapiente della chitarra, che ora ricama arpeggi delicati, ora si lancia in fraseggi funky, infine esplode in accordi distorti per sottolineare il particolare stile vocale del cantautore angerese, che ricorda a tratti Simone Cristicchi e richiama un po’ Vasco nelle parti più urlate.
Struttura e andamento pop, suoni più rock e a tratti sperimentali vestono con eleganza I tetti di Parigi, una storia d’amore sotto le mentite spoglie della fascinazione turistica.
Un tappeto elettronico denso, raffinato e ben contrappuntato dalla chitarra accompagna l’intensa L’uomo che guarda le stelle, un pezzo sognante tra rock alla Vasco e pop.
Chiude la rockeggiante Un po’ più in là, in cui l’elettronica fa un passo in dietro e le chitarre, padrone del campo, esplodono corpose.
Come esordio solista Luci gialle di città non è affatto male. Certo, Liberati deve ancora limare qui e lì, soprattutto nei testi ed emanciparsi un po’ dall’affetto verso i big.
Ma le premesse per fare e fare bene ci sono tutte. Un artista da seguire, che promette buone cose e ha le potenzialità di mantenerle
Da ascoltare (e da vedere):
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