Pop, trip hop e un pizzico di Morricone. Gli Hooverphonic tornano con garbo
Nuova cantante e nuovo album per il trio belga, che tenta di rinverdire i fasti del passato con le undici canzoni suadenti di Looking For The Stars
Non è proprio il caso di ripetere i toni enfatici con cui i media mainstream hanno accolto Looking For The Stars (Universal, 2018), il decimo album in studio dei belgi Hooverphonic.
Né occorre prendere sul serio (non troppo, almeno), la dichiarazione del polistrumentista e leader Alex Callier, che assieme al chitarrista Raymond Greets gestisce le sorti della band dal lontano 1991: «Grazie alla nuova cantante abbiamo ritrovato la nostra ecletticità». Senz’altro un’affermazione indelicata nei confronti della brava e fascinosa Noémie Wolfs, che si è sobbarcata l’onere delicato di sostituire la pluricelebrata Geike Amaert. Ma anche un modo come l’altro per dire che la nuova fase artistica è migliore di quel che si è fatto nel passato recente e attirare pubblico.
Infine non bisogna neppure prendere sul serio la fiaba di Cenerentola con cui il gruppo ha raccontato il reclutamento della diciassettenne Luka Cruysberghs, vincitrice del talent show The Voice Of Flanders, in cui Callier faceva il giurato.
Già: gli Hooverphonic hanno avuto sempre una certa propensione al lolitismo musicale, provata dal fatto che la Amaert entrò nel gruppo appena diciottenne e la Wolfs ne rilevò il posto poco meno che ventenne. Tutto, semmai, lascia pensare che l’idea di scegliere cantanti giovani, carine e sconosciute faccia parte di una precisa strategia in cui il marketing prevale sull’arte.
Stesso discorso per la scelta dei brani inseriti in questo album, che sarebbero stati selezionati da tre dischi già pronti (uno di matrice pop, un altro trip-hop e un terzo ispirato alla musica di Ennio Morricone, ispirazione primaria di monsieur Callier): tutti gli artisti pop producono brani in serie, a prescindere dall’ispirazione artistica e poi selezionano le scalette.
Ma lasciamo perdere queste divagazioni da rotocalco e concentriamoci sulla musica.
Da questo punto di vista, possiamo subito dire due cose.
La prima: Looking For Stars è un buon album equilibrato e gradevole, in cui i punti chiave della musica degli Hooverphonic (il dream pop elettronico, il trip hop e le citazioni colte) sono ben bilanciate.
La seconda: Looking For Stars non aggiunge né toglie nulla a quanto il trio belga ci ha fatto ascoltare in quasi trent’anni di attività. È un tentativo furbesco di tornare alle sonorità delle origini, questo sì, per recuperare un po’ di pubblico e mantenere le vendite dopo le sperimentazioni orchestrali dell’ultimo decennio. Nulla di strano, allora, che anche di fronte a questo nuovo album gli Hooverphonic resteranno per i più quelli di Mad About You, il loro maggior successo ma anche brano bandiera del loro stile.
La mancanza di novità reali si nota al primo impatto, in questo caso con la languida chitarra slide che introduce e accompagna sapientemente Lethal Skies, in cui la frontgirl minorenne canta in punta di sussurri una melodia sognante che si dipana lenta su una base trip hop. Certo, un po’ di sensualità in più non avrebbe guastato. Ma la si può pretendere da una ragazzina?
Con gli echi e i tappeti elettronici di Paranoid Affair il trio si addentra di più nel trip hop e confeziona un brano che si imprime nella memoria grazie a un refrain arioso e ruffiano.
Dolcissima, sognante e malinconica, Romantic è un bel tuffo nel dream pop anni ’80, arricchito dai nonsense del testo (che di fatto sbeffeggia il romanticismo adolescenziale) e, stavolta sì, dal cantato della Cruysberghs, a suo agio nei panni della ragazzina capricciosa.
Solare e dotata di un gran tiro ritmico, Uptight è un funky pop coinvolgente e ballabile, in cui la cantante fa un po’ il verso a Duffy.
Con le atmosfere notturne e l’arrangiamento minimale di Concrete Skin il trio rievoca con garbo le suggestioni del suo passato, che rivisita in una chiave più pop.
L’allegra e danzereccia title track è un altro rinvio ai ruggenti ’80 in cui affiora a tratti una leggera vena malinconica, che forse fa capire che dietro certi richiami c’è sempre una forte nostalgia, sia di chi ha vissuto quegli anni (i due anziani del gruppo) sia di chi può viverli solo attraverso il ricordo dei fratelli maggiori (la cantante).
Piacevole e ritmata, Horrible Person si regge su un arrangiamento in crescendo più denso e sull’interpretazione sentita e convincente della giovanissima frontgirl.
Le atmosfere sognanti e rarefatte tornano a predominare in On And On, un efficace trip hop dai vaghi cenni psichedelici marcati dai riverberi della chitarra.
L’omaggio a Morricone arriva nella suggestiva Fathers And Tart, dotata di un refrain che ricorda non poco le melodie dei vecchi spaghetti western.
Il dream pop ottantiano si rifà sentire nella dolcissima Sleepless, arricchita da gracchianti effetti elettronici che ammodernano l’impianto melodico vintage del brano.
Di nuovo trip hop con qualche garbata venatura psichedelica nella conclusiva Long Time Gone, che saluta l’ascoltatore nel segno della malinconia.
Eccoli, sono sempre loro, gli Hooverphonic. Professionali, ancora creativi e manierati. Difficile accusarli di poca creatività, perché il loro genere, di cui hanno tracciato le coordinate a partire dalla fine dello scorso millennio, non la richiede.
Ascoltiamo pure, allora, quest’ottimo e professionale Looking For The Stars. Ma a una condizione: far finta che gli autori non siano gli stessi Hooverphonic che vent’anni fa rivoluzionarono il pop europeo. In questo caso ci convincerà davvero.
Per saperne di più:
Il sito web ufficiale degli Hooverphonic
Da ascoltare (e da vedere):
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