Disincanto, la potente Opera Oscura del prog italiano
Un brillante mini cd d’esordio per la band romana, che mescola con originalità rock romantico e metal moderno. Il tutto impreziosito da due belle voci femminili
Alcuni addetti ai lavori lo hanno accolto, forse con un po’ troppa enfasi, come uno dei migliori dischi dell’anno. Magari non è così, ma Disincanto, l’album d’esordio dei romani Opera Oscura uscito da poco per la storica label indipendente Andromeda Relix, resta comunque un gran bel disco, pieno di atmosfere suggestive, composto bene, suonato meglio e arrangiato e prodotto come si deve.
Al riguardo, si sono sprecate le definizioni: c’è chi ha considerato questa pregevole opera prima come prog metal o, al più, come un crossover tra i due generi.
A nostro sommesso parere, di metal ci sono solo alcune parti, specie di chitarra, interpretate alla grande da Alfredo Gargaro, figura storica della scena romana, axeman degli Exiled On Earth e autore di Various, una bella prova solista uscita nel 2017.
Disincanto, concepito essenzialmente dal tastierista Alessandro Evangelisti, è un’ottima produzione ispirata al progressive romantico, che strizza strizza senz’altro l’occhio al metal, grazie a un sound moderno, robusto e brillante ma dalla struttura che rinvia ai migliori anni ’70.
L’ortodossia prog è confermata dall’ascolto di A picco sul mare, che apre l’album con una girandola di sonorità che rinviano in parte ai Genesis prima maniera e in parte alla Pfm delle origini, con un tocco di dolcezza in più dovuto all’interpretazione sognante e delicatissima della cantante Francesca Palamidessi, che fanno da contrappeso alle sfuriate rock e ai crescendo funambolici ben gestiti dal bassista Leonardo Giuntini e dal batterista Umberto Maria Lupo. Non mancano, nelle sofisticatissime parti strumentali, riferimenti a certo jazz rock d’epoca (il riferimento ai Goblin è a tratti quasi scontato).
Estremamente varia si presenta anche la strumentale Metamorfosi dei sogni, in cui i fraseggi fusion alla Return To Forever si alternano a parti più romantiche e a galoppate maideniane in cui Gargaro fa la parte del leone, passando con grande duttilità dagli unisoni con la tastiera a sequenze metal che inspessiscono il sound senza appesantirlo troppo.
Il canto di Sirinn è una prog ballad raffinatissima come non ne sentivamo dai tempi dei mitici Banco. Notevole l’interpretazione di Evangelisti, che tesse una trama densissima col pianoforte e i synth su cui si libra il canto di Serena Stanzani.
Con Pioggia nel deserto, un breve pezzo strumentale cupo e suggestivo, gli Opera Oscura si addentrano nel territorio sonoro dei vecchi King Crimson, tra attacchi in tempi dispari, cambi di tempo e atmosfera repentini e armonie sofisticatissime. Il tutto in meno di tre minuti.
Gaza è probabilmente il pezzo più metal, in cui la chitarra di Gargaro si scatena in arabeschi sofisticatissimi, riff (finalmente) pesanti e si lancia in un bel duetto con le tastiere di Evangelisti. Tuttavia, l’interpretazione della Palamidessi, che applica anche un filtro alla voce, riporta il tutto verso lidi più prog.
Dopo la guerra è un’altra sarabanda prog, a metà tra Banco e Pfm, ammodernata nei suoni quel che basta e ammorbidita dall’interpretazione suggestiva della Palamidessi. Da applausi le performance del tastierista e del chitarrista che danno spessore e varietà al pezzo.
Resti, che cala il sipario sull’album, è un recital di piano eseguito con rara perizia e tocchi emersoniani da Evangelisti.
Difficile dire se Disincanto, opera prima davvero ottima, sia solo il divertissment progressive di musicisti bravi e impegnati, oppure se gli Opera Oscura riusciranno a diventare una band vera e propria e a dare un seguito degno a questo mini cd.
Nel dubbio, non resta che ascoltarli e incoraggiarli, con la speranza che da produzioni come questa possa iniziare a rifiorire la grande stagione musicale che rese grande per la prima volta la scena italiana a livello internazionale.
Per saperne di più:
Il sito web ufficiale degli Opera Oscura
Da ascoltare (e da vedere):
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