Dalla danza al pensiero: i The Orb stupiscono ancora
Il progetto cult dell’ambient house britannico torna con No Sounds Are Out Of Bounds, dodici brani elaboratissimi, tra dub e trance, con una nutrita serie di guest star
Ballare forse aiuta a restare giovani ma non impedisce di maturare. È il caso del musicista-dj londinese Alex Paterson, fondatore e unico membro fisso dei The Orb, gruppo di culto dell’ambient house britannico.
Impossibile definirlo leader, perché i The Orb sono stati e restano un progetto aperto a collaborazioni e contaminazioni, ma, per gli stessi motivi, anche riduttivo consideralo l’eroe di una one man band, Paterson è tornato sulle scene musicali con No Sounds Are Out Of Bounds, pubblicato dalla Cooking Vynil e scritto a quattro mani col fido Thomas Fehelmann, suo sodale dai lontani ’90.
Ma gli Orb non smentiscono la loro natura di progetto e quindi è tutt’altro che un caso che alla realizzazione di No Sounds… abbiano partecipato alcuni nomi di prima grandezza, non solo della club scene: il superproduttore Youth, al secolo Martin Glover, bassista dei Killing Joke e sodale di Paul McCartney, la cantante-tastierista Hollie Cook, stella nascente della scena reggae britannica e figlia di Paul Cook, il mitico batterista dei Sex Pistols, Roger Eno, compositore di vaglia e fratello minore del decisamente più famoso Brian, i bassisti Guy Pratt e Jah Wobble, il vocalist Rooney Fm e il produttore Andy Cain.
Con questo popò d’ensemble non poteva uscire un prodotto minimale di sicuro. Ma neppure un prodotto sperimentale, per restare fedeli all’adagio secondo cui più si è e meno si tentano cose nuove. Del che, c’è da dire, i The Orb, prossimi al trentesimo anno di carriera, non hanno quel gran bisogno. Meno teutonico – e quindi meno space – dei suoi predecessori, No Sounds… mira con decisione alla scena britannica, di cui riassume suoni e tic.
In questa direzione si muove l’open track The End Of The End, un trip hop carico di atmosfera virato sul pop dall’interpretazione di miss Cook.
Wish I Had A Pretty Dog è un’incursione elaboratissima nel dub.
Rush Hill Road è un bel pezzo nella più pura tradizione dancefloor. Sempre dance, ma con puntate decise verso la trance, Pillow Fight @ Shag Mountain, in cui si segnalano il lavorio di Wobble al basso e i ricami di Eno alle tastiere più gli speakerati di Rooney Fm in stile vecchia Bbc.
Ancora trance in Isle Of Horns, dove l’effettistica sembra inghiottire tutto, compresi i vocalizzi della Cook su una base dub marcatissima.
Youth imbraccia il basso in Wolfbane, che vira sull’electroboogie pesantemente effettato più qualche cenno di hip hop.
Other Blue World si muove su scenari post punk che richiamano in parte i Pil più sperimentali.
Doughnuts Forever è un boom bap carico di effetti e campionature che mostra singolari aperture verso la new age.
Drift è un breve intermezzo in cui Hollie Cook e Rooney Fm dialogano con ironia su una base di effetti campionati.
Easy On The Onions è un pezzo sognante in cui una melodia ariosa si innesta sul consueto, poderoso, basso dub.
I The Orb tentano la strada della decostuzione sonora in Ununited States, il brano più minimale dell’album, in cui gli arpeggi pianistici di Eno si fanno largo su un tappeto di rumori e synth.
Chiude la lunga Soul Planet, quindici minuti in cui c’è davvero di tutto: dai passaggi minimalisti al dancefloor spinto alle citazioni ambient e world. Un vero e proprio caleidoscopio carico di suggestioni di tutti i tipi.
Per chi non si accontenta, c’è anche la versione de luxe di No Sounds Are Out Of Bounds, che contiene anche le versioni strumentali di tutti i brani.
Una sarabanda sonora stimolante e matura che senz’altro fornirà più di uno stimolo agli esteti dei dj set e ai fruitori della cosiddetta club culture.
Non resta che augurare un buon compleanno ai The Orb. Trent’anni di musica e non sentirli. O sentirli persino troppo.
Per saperne di più:
Il sito web ufficiale dei The Orb
Da ascoltare (e da vedere):
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