Prequelle, una nuova simpatica carnevalata metal dei Ghost
Un nuovo album per la band svedese che mescola hard e pop. Nuovi musicisti per vecchi suoni eseguiti con garbata maestria e voglia di divertimento vintage ma non troppo
Va bene, Papa Emeritus III non c’è più, anche se ora conosciamo la sua identità, che corrisponde al cantante Tobias Forge, già nei Subvision e nei Magna Carta Cartel.
Se è per questo, non c’è più neanche tutto il resto dei Ghost, da quel che si apprende da cronache musicali diventate giudiziarie: dopo la lite finita in Tribunale tra Forge e gli altri membri, la storica band svedese, famosa per i suoi travestimenti a metà tra i Mercyful Fate e i Death SS, torna al pubblico con nomi nuovi e un album nuovo di zecca, Prequelle, pubblicato a giugno da Loma Vista.
Eliminato il Papa Emerito, Forge si è declassato a cardinale e ora indossa, appunto, la maschera di Cardinal Copia.
Gli altri Nameless Ghoul, così nella tradizione Ghost si chiamano i membri della band, sono il chitarrista ritmico Ben Christo (Aether), il chitarrista solista Chris Catalyst (Alpha), il bassista Per Sodomizer Eriksson (Water), il tastierista Zac Baird (Air), il batterista Jan Vincent-Velazco (Earth) e il sassofonista Papa Nihil.
Cambiano le persone ma la mascherata è la stessa. Resta da chiedersi solo se questa nuova formazione durerà oppure se i nuovi Ghoul sono solo dei turnisti che verranno sostituiti alla prima occasione.
E la musica? Niente male, sebbene in Prequelle prevalga la ricerca del mainstream più melodico, con più di un richiamo al pop metal degli anni ’80, accentuato dalla produzione brillante di Tom Dagerly.
La brevissima Ashes apre l’album con un motivetto che sembra tratto da una colonna sonora del vecchio Carpenter (nenia inquietante opportunamente metallizzata e voci infantili).
Segue a ruota Rats, il primo singolo tratto da Prequelle: ritmica massiccia e dinamica, riff di chitarra air metal in stile Dokken e coro ruffiano. Belle anche le parti soliste.
Faith rievoca atmosfere doom in stile Black Sabbath anni ’80, giusto per ribadire che il decennio opulento dello scorso secolo è una fissa per Forge.
In See the Light, caratterizzata da un crescendo che esplode nel consueto coro melodico, fa capolino invece l’Alice Cooper più pop.
Miasma è il primo brano strumentale, concepito con una struttura prog e melodie ariose. Qui i musicisti danno il meglio di sé e fanno capire come l’ex Papa, ora Cardinale, sia ben circondato. E, a proposito di papi: bella davvero la coda di sax eseguita in maniera impeccabile (e ben contestualizzata sulla base metal) da Papa Nihl.
Dance Macabre è il secondo singolo di Prequelle, probabilmente il brano più americano dell’album: in questo caso il macabro è relegato al testo, mentre la danza è tutta della musica, leggera, ritmata e pop oriented.
Con Pro Memoria i Ghost cambiano direzione: meno chitarre, confinate nella seconda metà del brano, e pianoforte in bella evidenza. Se proprio si vuole cercare un riferimento agli ’80 – che per Forge sembrano più una dimensione parallela che un’epoca – occorre cercare nella produzione dei Marillion più annacquati.
Witch Image è un altro brano americaneggiante: melodia semplice, refrain un po’ melenso e chitarre marcate ma non durissime. Giusto per ricordare che i Ghost alla fin fine mirano a una platea quantomeno hard.
Helvetersfonster (che significa più o meno finestra sull’inferno) è il secondo brano strumentale, stavolta impostato su arie folk e medievali. Non male davvero.
Chiude l’album Life Eternal, un’altra ballata supermelodica.
Simpatico. È il primo aggettivo che viene in mente sia a proposito dei Ghost sia a proposito del loro Prequelle, perché tutta l’operazione, intesa come progetto artistico e come produzione musicale, è così sfacciatamente commerciale da non poter essere presa sul serio. Infatti, la band di Tobias Forge sembra una specie di Frankenstein costruito ad arte con pezzi di vario genere: l’estetica (?) mascherata che rievoca i già citati Mercyful Fate e Death SS più qualcosa dei Kiss, le sonorità classy e poppeggianti che sembrano pescate e assemblate con arte un po’ da tutti gli anni ’80 e via discorrendo. Se i compagni di avventura di Forge non fossero musicisti maiuscoli tutta l’operazione risulterebbe più che trash.
Nei Ghost non va apprezzato quel che fanno, ma come lo fanno. Perciò Prequelle somiglia tanto a uno di quei film horror per adolescenti che trent’anni fa vedevamo quasi di nascosto in versione home video e ora ricordiamo con un sorriso. Già: la nostalgia è sempre canaglia, quel furbone di Forge l’ha capito e ha studiato a tavolino un prodotto adatto sia agli adolescenti di ieri sia ai ragazzi di oggi che riscoprono il decennio del lusso e dei sogni attraverso i ricordi di fratelli maggiori, zii e a volte genitori.
Non fosse altro che per questo, i Ghost meritano. Ascoltiamoli pure e divertiamoci. Ma non prendiamoli sul serio.
Da ascoltare (e da vedere):
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