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Horror, noise e field recording… in giapponese

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Il veneto Emanuele Lago presenta Kurai Keshiki, il suo progetto astratto e trasgressivo

Uno e multiplo: Emanuele Lago, padovano («In realtà sono di Cittadella, quindi quasi vicentino», specifica), è stato incluso in Solchi Sperimentali Italia, il libro dedicato dal critico Antonello Cresti alla scena underground tricolore, per via di Tombstone e Black Mountains Chronicles, due suoi storici progetti, avviati a metà anni ’90. Tuttavia, nessuna di queste due sigle è inclusa nel film documentario Solchi Sperimentali Italia, sempre curato da Cresti. Però Lago c’è sempre e vi comparirà come Kurai Keshiki, che è il nome del progetto iniziato nel 2013 e con cui l’artista veneto ha autoprodotto quattro album in poco più di tre anni.

E non finisce qui, perché a nome del vulcanico Lago figurano Immortal Agony, il progetto parallelo a Tombstone-Black Mountains Chronicles, più altri tre progetti secondari, tra cui si segnala Ghastly Marshes, in duo con l’americano Doyle Finley, titolare a sua volta del progetto Invercauld. A questo nucleo principale è possibile aggiungere altre dodici collaborazioni dai nomi piuttosto eloquenti: ad esempio Nekromantik (sì, l’omonimo cult del cinema estremo di Jorg Buttgereit c’entra qualcosa), Sulphureous Church e Neurotronik.

L’unica cosa chiara in tutto questo bailamme è il percorso artistico del Nostro, passato dal gothic noise al death industrial e approdato al field recording.

Oltre che vulcanico, Lago è anche carsico: poche esibizioni dal vivo e quasi nessun legame con una scena ufficiale, se si eccettua la militanza artistica in due etichette ultraspecializzate: la svedese Cold Meat Industry e l’italiana Awf, prima di passare all’autoproduzione. Tuttavia gli inizi del postmusicista-rumorista veneto sono stati piuttosto semplici: «Ho cominciato a sei anni come clarinettista nella banda di Cittadella, poi ho suonato la batteria e mi sono cimentato in vari generi, dal rock al liscio».

Infine ti sei messo in proprio…

Sì, ho deciso di usare la musica per esprimere il mio immaginario e le mie influenze. Ho iniziato come Tombstone nel ’94, usando metodi e tecniche artigianali perché l’invasione dell’informatica nella musica era ancora di là da venire.

Tombstone è un progetto gothic noise, giusto?

Esatto. Mi ispiravo alle colonne sonore dei film gotici italiani e delle pellicole cult di altri registi europei, come il francese Jean Rollin e lo spagnolo Jess Franco.

Insomma, per te l’underground è una vocazione, non solo a livello musicale. Poi questo progetto si è trasformato in Black Mountains Chronicles. Che differenza c’è?

Bmc ha coordinate più fantasy, senza tuttavia smentire l’approccio gothic di Tombstone.

Però un progetto e un genere non ti bastavano ed ecco l’approccio al death industrial con Immortal Agony.

Quando uno si mette in proprio lo fa innanzitutto per esprimersi. Nel caso di Immortal Agony l’ispirazione proviene dalle vicende dell’Inquisizione. A livello musicale, invece, potrei citare i Brighter Death Now tra le influenze più forti di questo progetto.

E veniamo a Kurai Keshiki, la tua ultima creatura. Il nome è giapponese e così i titoli dei quattro cd che hai prodotto con questa sigla. Come mai questa scelta?

Non c’è nessun esotismo. Ho usato il giapponese per rendere le tematiche di questo progetto meno comprensibili, più astratte. Kurai Keshiki si basa sul field recording,

in particolare sulla registrazione dal vivo di rumori e suoni industriali. Musica, in senso convenzionale, non ce n’è affatto.

Dati i requisiti, non potevi non finire in Solchi Sperimentali Italia. Come si è sviluppata questa partecipazione?

Antonello Cresti mi ha contattato prima per il suo libro sull’underground perché ricordava Tombstone e Black Mountains Chronicles e poi mi ha ricontattato perché voleva inserirmi nel dvd. Devo dire che mi ha fatto molto piacere che qualcuno si ricordasse di me anche per progetti che risalgono ormai a tanti anni fa. È un’iniziativa importante per tutto l’underground e sono contento di avervi preso parte. Per quel che mi riguarda, ho inviato un brano inedito di un minuto e una breve autointervista.

A proposito di underground, com’è la scena in Veneto?

Non saprei, perché non suono dal vivo e non frequento molto i locali e gli ambienti specializzati. Per quel che riguarda Kurai Keshiki credo di essere l’unico a sviluppare determinati progetti, almeno dalle mie parti.

(a cura di Saverio Paletta)

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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