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Humanoid: metal e distopia nel ritorno degli Accept

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Ferocia e sentimento in perfetto german style: undici brani di durissimo metal classico nel diciassettesimo album della grande band tedesca

Sugli Accept, tornati sulle scene discografiche col recente Humanoid (Napalm Records 2024) a tre anni di distanza dal valido e fortunato Too Mean To Die, vale la stessa osservazione che riguarda altre grandi, gloriosissime formazioni (come gli Uriah Heep, i Tygers Of Pan Tang, i Black Sabbath degli anni ’80 e ’90 o i King Crimson): più che band, sono marchi di qualità che continuano a produrre grazie alla caparbietà del loro leader.

E spesso sono progetti solisti sotto spoglie più o meno mentite (i Black Sabbath dell’era Tony Martin, completamente dominati da Iommi e orientati su un sound che ricordava pochissimo quello storico della band).

Gli Accept oggi

Per la band teutonica le cose sono un po’ diverse. È vero: l’unico superstite degli anni d’oro è il mitico chitarrista Wolf Hofmann. Tuttavia, la coerenza stilistica tra gli Accept post reunion del 2010 (per capirci quelli senza lo storico Udo Dirkschneider) e quelli precedenti è innegabile.

E Humanoid lo conferma con undici pezzi scritti e interpretati in perfetta aderenza ai canoni che hanno reso grande e celebre la band di Solingen.

Merito dei musicisti, comunque rodatissimi: gli altri due chitarristi Uwe Lulis e Philip Shouse, il frontman Mark Tornillo, il bassista Martin Motnik e il batterista Christopher Williams.

Ma merito anche della produzione di Andy Sneap, che ha saputo ammodernare bene il tipico sound degli Accept senza snaturarlo. Con queste premesse, i margini di errori sono proprio minimi…

Accept all’attacco

Intro orientaleggiante, riffoni e cantato cattivissimi, batteria martellante quel che serve, citazioni mozartiane negli assoli. Con questa sequenza micidiale di clichés anni ’80, l’open track Diving Into Sin ribadisce che gli Accept sono quelli di sempre (e meno male).

La seguente Humanoid, riprende lo stesso schema ma lo declina in chiave maggiormente speed. Molto d’effetto i soli di chitarra, che riprendono motivi arabeggianti su base rallentata, poi si scatenano nelle consuete frasi metal al fulmicotone non appena il ritmo risale.

Tempi sostenuti e riff tosti anche per Frankenstein, che tuttavia si differenzia dai due brani precedenti per le maggiori aperture melodiche nel refrain e nei cori. Ottimi gli assoli, a cavallo tra citazioni classiche e licks tipicamente metal come Accept comandano.

Più melodico e cadenzato, Man Up rinvia all’epoca di Balls To The Wall: è un anthem in crescendo, pensato per coinvolgere il pubblico dal vivo.

Tempi più sostenuti e maggiore cattiveria in The Reckoning, che si riorienta su un bel power d’annata.

Un refrain più melodico e scanzonato marchia invece l’allegra (e un po’ americaneggiante) Nodody Gets Out Alive.

La copertina di Humanoid

Come tutte le grandi band metal, specie teutoniche, degli anni ’80, gli Accept non si sono mai tirati indietro di fronte alle ballad. Ed ecco che la malinconica ma potente Ravages Of Time fornisce una bella pausa tra una tirata power e una sfuriata speed.

Ritmo e melodia si mescolano con appeal ruffiano in Unbreakable, arricchita da un bel coro a prova di live.

Il riffing riprende l’abituale cattiveria nella massiccia Mind Games, con cui la band dimostra di avere ancora molto da dire (e dare) nell’ambito power.

Di nuovo tempi cadenzati e riff orecchiabili in Straight Up Jack, che sembra pensato per una heavy rotation nelle radio specializzate.

Chiude la tiratissima Southside Of Hell, la track più tosta della raccolta, una lezione di power-speed coi controcrismi, arricchita da una doppia cassa in gran spolvero.

Humanoid: un nuovo classico degli Accept

Prima emblema del metal teutonico, poi multinazionale del rock (due membri sono americani e uno britannico), gli Accept restano un miracolo di professionalità e coerenza, in un genere, il metal, in cui comunque la longevità artistica sembra una regola.

Un’altra foto degli Accept

I meriti storici della band teutonica sono tanti. Possiamo – almeno provare a – riassumerli in una frase: sono riusciti a fondere in una chiave più dura le lezioni dei classici del rock duro, dai Judas Priest agli Ac/Dc. Inoltre, hanno attualizzato l’insegnamento dei Deep Purple e dei Rainbow, inserendo citazioni classiche nelle parti strumentali e nella struttura di vari arrangiamenti.

Il tutto senza disprezzare aperture più melodiche, in ossequio all’attitudine tutta tedesca a mescolare ferocia e sentimento. Anche grazie a questo particolare eclettismo, comunque ben amalgamato dalla potenza dei suoni, gli Accept sono stati tra i fondatori dell’heavy metal, di cui hanno anche anticipato alcune correnti estreme (lo speed, come già detto, e il thrash).

Humanoid, il diciassettesimo album in studio della band, conferma questa tendenza eclettica e restituisce all’ascoltatore artisti in ottima forma.

Un classico contemporaneo, che basta saper ascoltare. Vale davvero la pena.

Per saperne di più:

Il sito web ufficiale degli Accept

Da ascoltare (e da vedere):

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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