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Franco Battiato in concerto

Un saluto al Maestro dei sogni più belli

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Franco Battiato ha raggiunto il suo Oriente in seguito alla malattia che lo ha costretto a ritirarsi dalle scene da alcuni anni. Lascia un’eredità immensa di musica, arte e pensiero. Basterà a colmare il vuoto?

Lui, finalmente, si è tuffato in quell’“Oceano di Silenzio” di cui aveva cantato con rara suggestione. Noi, invece, riviviamo le sue melodie arcane e i suoi versi evocativi, che ci scorrono in testa nel momento delicato del saluto.

Maestro, santone, iniziato. Ma soprattutto artista totale, capace come pochi di trovare una sintesi (e di indicarla) nel caos degli stimoli contraddittori del mondo.

Un bel primo piano di Franco Battiato

Franco Battiato ha concluso il percorso terreno nell’eremo siciliano dove aveva celebrato il suo personalissimo (e meridionalissimo) rito del ritorno, dopo i fasti del grande successo raggiunto grazie a Milano, il polo opposto di quell’Italia che oggi lo piange, tutta e dappertutto.

Battiato, ha scritto un fan autorevole come Marcello Veneziani, è l’unico cantautore che sia riuscito a gettare un ponte tra il pop e la spiritualità. Un “mistico leggero”, capace di raccontare a tutti le vertigini di un’esperienza spirituale interiore ardua e sofferta. Di esprimere, con la facilità che riesce solo a pochi grandi, ciò che per i più è complesso persino da intuire.

E tutto questo Battiato lo ha regalato a generazioni intere e ora lo lascia come eredità.

Ci piace pensare che il Maestro si fosse ritirato non per colpa dei malanni fisici e di quel male oscuro che ha pian piano cancellato una coscienza di grande lucidità. No. L’artista si era ritirato, come tutti i grandi iniziati, perché aveva detto tutto ciò che aveva da dire e non è stato davvero poco.

Di lui ci restano le raffinate trasgressioni musicali, iniziate con l’avanguardia e col progressive – grazie ai quali si era emancipato dalle canzonette degli esordi -, proseguite con una rilettura geniale e brillante del pop mainstream e culminate con le digressioni lirico-sinfoniche e gli approdi rock, in bilico tra elettronica e suggestioni metal.

La copertina de “La cura”

Queste evoluzioni continue gli permettevano di dettare i tempi alle mode, che interpretava alla grande senza mai subirle.

Già: quando cantava «emanciparmi dall’incubo delle passioni» il Maestro faceva sul serio e prendeva di mira tutte le passioni, comprese quelle culturali e politiche, che stavano diventando pret a portaire. Ed ecco che nel raffinato tritacarne della sua ironia finirono i miti della rivoluzione e della Summer Of Love (“Bandiera bianca”), il culto del ribellismo trasformato in posa (“Patriots”), le grandi dottrine esoteriche degradate in prassi del benessere (“Magic Shop”) e le suggestioni orientali sminuite ad attrattive turistiche (“L’era del cinghiale bianco”).

Ma, per restare in tema, questa emancipazione, questa trasgressione contro il kitch era il rovescio di una medaglia che aveva un diritto importante: la ricerca. Com’è dentro è fuori, nel grande come nel piccolo, micro e macro, recitavano i grandi del pensiero sapienziale. «Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas» (Non cercar fuori, torna in te, nell’interiorità dell’uomo abita la Verità), ha ripetuto con efficacia immortale Sant’Agostino.

E il Nostro non si fece pregare. Anzi, pregò a sua volta come possono farlo gli illuminati e s’incammino in una particolare ricerca verso «l’Uno al di sopra del bene e del male» per farne un «Centro di gravità permanente». Percorse il cristianesimo a ritroso, come un novello Prete Gianni, per ricercare le radici della Tradizione in tutte le spiritualità, mediterranee in particolare, a partire dall’Islam, ma senza disdegnare la Cabbala e senza timore di confrontarsi con le forze primordiali del Sacro, capaci di spezzare e superare tutte le aspirazioni umane («Il fuoco incandescente del vulcano/allontanò il potere delle Giubbe Rosse/E come sembra tutto disumano/E certi capi allora e oggi e certe masse/Quanti fantasmi ci attraversano la strada»).

Franco Battiato in versione anni ’80

Era quasi destino che questa ricerca, iniziata con una crisi mistica vissuta poco prima dell’adolescenza dopo una messa, si traducesse e si esprimesse in musica. Le rivelazioni (e le rivoluzioni), alla fin fine iniziano da un suono. «In principio era il Verbo e il Verbo era Dio. E il Verbo era presso Dio», recita da oltre duemila anni il Vangelo Secondo Giovanni. E, qualche millennio prima, i classici della sapienza indù identificavano questo Verbo creatore in un suono primordiale. Forse lo stesso suono con cui si annunciò il Big Bang.

E non è un caso che il Maestro, lontano per il resto da ogni forma di scientismo, fosse un curioso cultore della fisica quantistica, la più esoterica delle scienze naturali.

Ancora, era destino che Battiato esplodesse negli anni ’80 dopo essersi consolidato e affermato nel decennio precedente. Le sue canzoni furono la risposta al riflusso e al disimpegno, che gettavano una pietra tombale sulle passioni forti, al limite del criminale, dei ’70. Furono una risposta fortissima, perché quelle melodie seducenti veicolavano messaggi importanti. Invitavano a trasformare il “privato”, dopo le sbornie dell’impegno pubblico a tuti i costi, in un veicolo di significati alti e a scansare l’edonismo che trasformava la cultura in kitch e gettava le basi del politically correct.

Con l’orchestra da camera durante l’ultima turné

Al degrado Battiato ha risposto con la bellezza ed è stato capace di scovarla ovunque: nella Libia coloniale (“Lettera al governatore della Libia”), nella Leningrado non più e non ancora San Pietroburgo degli anni plumbei del socialismo reale (“Prospettiva Nevski”) e nella Berlino triste e grigia dell’era Ddr (“Alexander Platz”).

Di più: ci ha invitato a sognare sulla scia di carovane stellari (“No Time No Space”) e di voli delicati (“La cura”), ha ricordato agli agnostici di tutte le religioni che pregare è importante perché ci completa (“E ti vengo a cercare”).

E buttiamola pure in politica: ha ridato linfa e cifra popolare ai grandi Tradizionalisti “di destra” (soprattutto Guenon) raccontandoli anche alle platee “di sinistra” (dice qualcosa “Il re del mondo”?). Si fece amare dalle generazioni del postfascismo pur ribadendo che la sua identità politica era un’altra («Sono un proletario dello spirito», disse di sé).

Ora il cerchio è chiuso. Non senza un ennesimo riferimento sapienziale: Battiato ha raggiunto il suo Oriente a 76 anni. La somma interna (“alchemica” la definirebbero gli esoteristi incalliti) di 76 è 4: in pratica ha concluso il ciclo delle sue iniziazioni ai piedi dell’Etna, quasi a ribadire di aver terminato con la vicinanza al fuoco il percorso nei quattro elementi sacri.

Non è il caso di dire addio al Maestro, che prima di chiudersi definitivamente a Villa Milo ha lasciato un ennesimo messaggio nella sua ultima canzone: “Torneremo ancora”. Più che un titolo, un auspicio.

Saverio Paletta

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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