Cover Two, Joan Wasser sfida di nuovo i big
Joan As Policewoman propone un nuovo album di classici rivisitati in un modo unico, da Prince ai The Strokes. Ce n’è per tutti i gusti, ma sempre con gran classe…
Magnetica, fascinosa e minimale. Joan Wasser, alias Joan As Policewoman si cimenta di nuovo con il repertorio dei big col suo recentissimo Cover Two, uscito in primavera per la belga Pias.
Anche stavolta, come per il precedente Cover (2009), l’esperimento è riuscito: Joan la Poliziotta rilegge con gran gusto (e altrettanto feeling) dieci classiconi, alcuni dei quali super hit entrati di prepotenza nell’immaginario collettivo.
Non senza aver prima lanciato una provocazione nel packaging dell’album: in copertina c’è lei, ripresa da dietro con una tutina rossa, forse in latex, mentre incrocia le dita, quasi a voler dimostrare di non temere i segni del tempo (e della gravità); all’interno c’è sempre lei, stavolta immortalata a figura intera, sdraiata su un divano come un’antica etrusca con un abito rosso.
Il tutto per ribadire un concetto banale: sarà pure una cinquantenne, la Wesser, ma è una cinquantenne splendida, sia a livello musicale sia, va da sé, come donna. E splendida è la resa dei brani, che sono molto di più che semplici cover: sono versioni personali, in cui dell’originale resta il minimo necessario.
Così è per la versione languidissima, sensuale e scarnificata – al limite dell’unplugged – di Kiss, il superclassico di Prince. Al posto del celebre riff di Wendy Melvoin, che divenne a suo tempo sinonimo di funky per le platee più mainstream, c’è un motivo lento, quasi blues, suonato pigramente dalla chitarra, il cantato è morbido, l’atmosfera è notturna e solo i fraseggi del pianoforte danno una certa vitalità.
Una cover che prima spiazza e poi resta nell’orecchio.
Un trattamento non diverso tocca a Spread, la hit degli Outkast, resa in maniera rallentata per esaltarne la potenzialità melodica, ben interpretata dalla Wasser, e a cui il giro di basso di Messel Ndegoncello conferisce una tonalità scura ben contestualizzata nel tappeto minimale dei synth.
La cover di Under Control degli Strokes è un altro gioiello di minimalismo: via il ritmo cadenzato, via il leggero crescendo, che conferiva all’originale quella vaga epicità che conquistò i giovanissimi d’inizio millennio, via il cantato pigro e volutamente sciatto di Casablancas. La Wasser sostituisce tutto questo con un cantato morbido di ascendenza soul che poggia sull’arrangiamento delicato del piano.
Not The Way di Cass McCombs assume toni quasi new age, grazie al tappeto elettronico decorato dai glitch e dalle dissonanze. Il trattamento della Poliziotta è, se possibile, ancor più minimale ed esalta l’ariosità del refrain, che diventa etereo.
La Wasser dà prova della sua capacità di trasformare ciò che interpreta con un altro classico: I Keep Forgettin’ di Michael McDonald perde il brio funkeggiante dell’originale, rallenta e acquista in profondità. La Poliziotta, sostituisce i suoi sussurri alla grinta dell’originale, allunga le note ed evita di cascare nell’acuto a tutti i costi (la trappola in cui incappano le cantantesse quando si cimentano con partiture maschili) e traghetta negli anni venti un motivo con cui gli adolescenti di quarant’anni fa si divertivano alle feste.
Sempre dagli anni ’80 proviene la cover di Life’s What You Make It, la megahit dei Talk Talk, in cui Joan duetta con il produttore-performer Justin Hicks. L’arrangiamento è, al solito, più rarefatto rispetto all’originale e poggia parecchio sui campionatori, ma l’atmosfera risulta, se possibile, più ipnotica. Un omaggio più bello Mark David Hollis, scomparso a inizio 2019, non poteva riceverlo.
Out Of Time dei Blur diventa nelle mani della Wasser una ballata intimista per voce e piano, a riprova che il minimalismo, che è anche arte di spogliare, può rivelare la bellezza della melodia laddove gli arrangiamenti spesso la soffocano.
La prova del nove arriva con On The Beach, il superclassico di Neil Young, che perde l’originale connotazione country folk e acquista un sapore jazzato. Il posto della chitarra acustica è rilevato dal piano, che gioca sulle rullate della batteria, che marca gli accenti grazie a un sapiente uso delle spazzole. Quel che ci vuole per esaltrare il canto intenso e delicato della Wasser. Un altro bell’omaggio al classico di un Maestro.
Ma il capolavoro interpretativo arriva in There Are Worse Things I Could Do, tratto da Grease. I paragoni sono brutti e Olivia Newton Jones resta splendida, ci mancherebbe.
Però è innegabile che con la sua interpretazione la Wasser trasforma questo piccolo classico del musical per adolescenti in una gemma doo-whop di rara finezza, meno caramellosa e più struggente dell’originale.
Chiude la particolare versione di Running, di Gil Scott-Heron, sottoposta dalla artista di Brooklyn a un altro particolare maquillage, grazie al quale una melodia delicata prende il posto dello spoken originale.
Cinquant’anni, di cui quasi trenta di carriera come violinista, polistrumentista e infine cantante, si sentono tutti. Eccome. E per una come la Wasser k, che vanta un carnet di collaborazioni di alto livello in cui ben figurano Nick Cave e Franco Battiato, tutti questi anni trascorsi sul pentagramma significano esperienza.
Quell’esperienza che consente a Joan di spogliare e rivestire dei classici, vari dei quali già coverizzati in abbondanza, e di restituirli agli ascoltatori come se fossero interpretati per la prima volta.
Davvero niente male: Cover Two può essere un piacevole sottofondo in cui nostalgia e innovazione si mescolano con un dosaggio perfetto oppure un modo di riscoprire il fascino di evergreen, rivisti e corretti con maestria.
In entrambi i casi, da ascoltare.
Per saperne di più:
Il sito web ufficiale di Joan As Policewoman
Da ascoltare:
14,419 total views, 8 views today
Comments