Coronavirus, la lunga protesta degli artisti
A fine maggio è iniziata l’agitazione del mondo della cultura e dello spettacolo. Il malessere di un ambiente messo in ginocchio dalla pandemia, che ha portato al pettine tanti nodi lasciati finora irrisolti
Lo scorso 30 maggio in 15 piazze italiane è iniziata l’agitazione permanente del mondo della cultura e dello spettacolo. La data non è stata scelta a caso: era il termine nel quale le istituzioni avrebbero dovuto convocare un tavolo di discussione.
Lavoratrici e lavoratori dello spettacolo si sono uniti all’unisono per cercare di rendere visibile un settore considerato semplice intrattenimento, grazie anche alla copertura mediatica di Radio Gemini.
Da Milano, Giulia, tecnica dello spettacolo, porta le lagnanze degli operatori del backstage: «Siamo scesi in piazza perché, dopo mesi di fermo, c’è la necessità di ottenere garanzie. Molti di noi sono seDnza alcuna possibilità di ammortizzatori sociali. Ci sono stati dei sussidi emergenziali. Ma abbiamo una pluralità di inquadramenti contrattuali che non tengono conto della intermittenza del nostro lavoro. Chiediamo la possibilità di sederci ad un tavolo di confronto su un settore divenuto sempre più invisibile».
A Venezia, in piazza San Marco, le diverse maestranze si sono riunite la prima volta per affrontare al meglio questa situazione di difficoltà. Rolando Lutterotti, un tecnico, interviene per primo e invoca un tavolo di discussione sul mondo dello spettacolo, che dovrebbe essere presieduto da chi ha conoscenze in materia e non dai politici, che di sicuro non sono onniscienti. Iacopo Pesiri, attore lirico,incalza e ricorda che la legge, dedicata ai cantanti lirici risale al lontano 1936, e non prevede nulla nell’ipotesi di un’epidemia: «Nel 2020 siamo costretti a subire contratti obsoleti, mai messi al passo con i tempi».
Chiara Biratti, di Adl Cobas Venezia, ricorda che la cultura si collega al turismo. Molto spesso chi usufruisce dei servizi del mondo dello spettacolo erogati da teatri o musei appartiene anche ad altri settori, ad esempio quello alberghiero: «Anche per loro la ripresa è ben lontana. Riuscire ad avere un minimo di dignità lavorativa è da sempre un obiettivo fondamentale».
Direttamente da Radio Ciroma di Cosenza, lo speaker Giuseppe Bornino evidenzia come le istituzioni nazionali abbiano umiliato le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo: «La riapertura è farlocca: non tiene in conto delle condizioni reali, ad esempio nel mondo teatrale. Una rappresentazione teatrale a distanza di sicurezza non è attuabile nella pratica. Non si tratta di un mondo periferico, nemmeno di mero intrattenimento, ma un mondo che tesse relazioni verso l’esercizio di un pensiero critico che spesso dà fastidio. Perché chi fa cultura dal basso deve far sentire la sua voce».
Da piazza Castello di Torino, Elio Balbo è portavoce della consapevolezza che la protesta iniziata il 30 maggio è solo un punto di partenza di un’azione collettiva che deve proseguire a Roma, dove stanno gli interlocutori.
Marco Messina dei 99 Posse da piazza Plebiscito di Napoli, invoca anche lui la coesione di lavoratrici e lavoratori dello spettacolo, in maniera più ideologizzata: «Ora è più semplice pensare a un nemico immaginario, piuttosto che puntare il dito verso il capitalismo».
Nella capitale David, auto organizzazione dello spettacolo, mette in luce il rischio, causato dalla fase di stallo per il Coronavirus, di mettere un comparto lavorativo sotto ricatto e nell’impossibilità di lavorare dignitosamente. Le disposizioni dettate da chi non conosce le reali condizioni dei lavoratori di certo non può aiutare la collettività delle lavoratrici e del lavoratori, aggiunge Aurora Ghezzi.
Davanti al teatro di Catania, Luca Recupero sottolinea un elemento che fa capire la situazione del mondo dello spettacolo: «Il primo settore fermo e l’ultimo a ripartire. Sempre troppo occupati dal lavoro, abbiamo trascurato l’esigenza di richiedere con forza i nostri diritti. Con la pausa di questa emergenza ci siamo guardati negli occhi, virtualmente, per capire di avere gli stessi problemi. E ci siamo ritrovati uniti».
Altrettanto decisa l’attrice Elisa Proietti da Firenze: «L’amore per un mestiere ci ha fatto accettare condizioni impensabili. La concorrenza spietata ci ha portato verso l’individualismo. L’emergenza ha abbattuto questo muro».
La cultura è un motore trainante dell’economia nazionale. Perciò, ha ribadito da Bari l’attore Roberto Corradino, «noi non siamo contrari al digitale. Ma così come la didattica a distanza, non è didattica. Anche il palcoscenico virtuale non è il teatro o le arti dello spettacolo dal vivo. Noi abbiamo bisogno che il governo e le istituzioni predispongano dei dispositivi di protezione individuale sia delle modalità reali di ripartenza. […] Ma il problema è cosa possiamo raccontare domani ai nostri spettatori? Che cosa ai nostri ragazzi l’anno prossimo a scuola? come docenti mi viene da dire. Che cosa ci racconteremo noi come cittadini? Bisogna agire».
Tutto questo è solo un piccolo assaggio dell’unione tra lavoratori e lavoratrici del mondo dello spettacolo, uniti per l’affermazione dei loro diritti. Un universo lavorativo dove le difficoltà erano all’ordine del giorno già prima dell’emergenza Covid19. Il rischio, al momento, è di costringere a situazioni lavorative al di sotto della dignità umana, oppure l’abbandono della cultura in molteplici piccole realtà.
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