Female Pleasure, il femminismo 2.0 in un docufilm
Barbara Miller racconta nella sua pellicola le vicende di cinque protagoniste della lotta per i diritti delle donne
Lo scorso 25 novembre, in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, è stato proiettato il docufilm Female Pleasure di Barbara Miller presso il Cinema San Nicola di Cosenza.
L’evento è organizzato in collaborazione con il Centro Antiviolenza Roberta Lanzino, DiRe (Donne in rete contro la violenza),e MyArt International Film Festival.
Il documentario sostiene la pari libertà sessuale femminile e quindi si oppone alla repressione della sessualità femminile nelle diverse comunità del mondo. L’eliminazione del concetto del corpo femminile come oggetto rimette al centro la figura della donna come persona.
Barbara Miller proviene da studi giuridici da cui ha tratto un forte senso di giustizia. In un secondo momento sposta la sua attenzione sul mondo del cinema, e scopre la dimensione del documentario come veicolo per la sua poetica civile battagliera.
A dispetto delle apparenze, in ogni settore lavorativo restano fortissimi limiti per le donne. Molto spesso sfruttata e sottoposta a violenze mentali e fisiche, la donna è spesso costretta a salari inferiori. E arrivare a ruoli importanti, o staccarsi dalla figura di emergente per affermarsi nel mainstream, resta assai arduo.
Female Pleasure racconta di cinque donne provenienti da diverse parti del mondo e, di conseguenza, da culture altrettanto diverse. Ma gli stereotipi a cui sono costrette a opporsi restano curiosamente uguali: la donna non può questo o quello, la donna è obbligata a comportarsi in un determinato modo piuttosto che un altro.
Quante volte si ascoltano queste frasi? Quante volte una donna è stata giudicata diversamente da un uomo per la stessa azione? Quante volte una donna si deve vergognare per sostenere un suo diritto? Troppe, forse.
Le cinque protagoniste del documentario danno una lezione importante. Si battono ogni giorno affinché queste affermazioni possano essere udite sempre meno, fino a scomparire.
Deborah Feldman si sente schiacciata dalla comunità chassidica a cui appartiene. È stata educata al matrimonio e tutta la sua educazione ha avuto il potere di schiacciarla. Ma, una volta cresciuta, capisce che c’è qualcosa di sbagliato.
Doris Wagner è una studiosa bavarese. Subisce abusi sessuali nel periodo in cui da suora trascorre in una comunità spirituale a Roma. Riesce a trovare il coraggio per denunciare gli eventi pubblicamente.
Leyla Hussein è una psicoterapeuta somala. Da piccola è costretta a subire mutilazioni genitali. Oggi si batte perché questo orrore non avvenga più. Il suo lavoro non si svolge solo a contatto con le ragazze o, più in generale, con le donne. Il suo obiettivo è, infatti, educare gli uomini a capire cosa significhi per le donne il dolore fisico e psicologico provocato dalle mutilazioni. Ma soprattutto la differenza tra mutilazione femminile e circoncisione maschile.
Vithika Yadav è editrice di educazione sessuale. Vive a Delhi. È responsabile di Love Matters, un programma globale che fornisce informazioni sulle relazioni, sul sesso e sull’amore. Lavora in un ambiente forte e permeato della libertà di discutere di ogni argomento senza tabù.
Rokudenashiko è artista giapponese. Nel paese dei sex toys quasi infantili e dei manga più spinti, lei viene arrestata più volte a causa del tema affrontato nella sua arte, e cioè i genitali femminili.
Art of Vagina da voce ai tabù sulla sessualità femminile. E lo fa attraverso i calchi della sua stessa vulva, con i vagina selfie tridimensionali, nella sua canoa vagina e nei disegni dei suoi manga.
Andare in direzione opposta al lavaggio del cervello operato un po’ da tutte le culture del mondo. Nessuno è escluso, infatti, dall’accusa di essere chiuso in un patriarcato da sempre considerato l’unica legge. Ma di sicuro non basta una giornata a cambiare questa concezione che ha ancora radici profonde.
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