Ciao Paolo. Ma Fantozzi è vivo e lotta con noi
Sappiamo benissimo che Villaggio non c’è più e ne hanno scritto in tanti. Ma vogliamo ricordarlo lo stesso con affetto
«La vecchiaia è davvero una carogna». In bocca a Paolo Villaggio, che la esternò in un’intervista a Gente di vent’anni fa, questa frase fatta assumeva un altro sapore: quello del cinismo con cui l’attore-autore-sceneggiatore genovese aveva creato Ugo Fantozzi, una delle icone più forti e tranchant dell’immaginario collettivo italiota. Inutile scervellarsi in esercizi filologici, a cui hanno già provveduto le testate mainstream: di Fantozzi, ma anche di Fracchia, il suo alter ego televisivo, quasi tutti sappiamo quasi tutto, per averlo appreso a suon di risate senza accorgerci che in fondo ridere di Fantozzi significa ridere di sé stessi.
Già: le macchiette sono tali perché – come prima di Villaggio ha insegnato Alberto Sordi e dopo Villaggio ha ribadito Verdone – ci si può rintracciare sempre qualche caratteristica diffusa tra le persone. Ma Fantozzi è andato oltre: è stato la macchietta assoluta. Impossibile vederne un film, o solo una gag, senza scoprire con un po’ di vergogna che un pezzetto di Fantozzi dentro di noi c’è sempre. E se qualcuno scopre un megadirettore nel proprio capoufficio e identifica nel proprio collega un Calboni o un Filini, deve solo preoccuparsi: vuol dire che la sindrome di Fantozzi è andata oltre e forse è troppo tardi per rimediare. E vogliamo parlare dell’erotismo da noia suscitato dalla collega o compagna di scuola non troppo avvenente che si finisce col guardare in un certo modo solo perché costretti a frequentare lo stesso posto per un considerevole numero di ore delle proprie giornate? Ecco, lei è una signorina Silvani, e chi le ammicca è un Fantozzi. Poi, siccome certi copioni si ripetono all’infinito, c’è sempre, a dispetto di tutti gli sforzi e delle galanterie, il Calboni di turno che ci riesce.
Solo Sordi si era avvicinato a questo risultato. Ma lo aveva fatto attraverso tantissimi personaggi che in fondo erano uno solo: l’italiano medio(cre). Villaggio, invece, fece il contrario: interpretò tantissimi personaggi, anche drammatici (ricordate il maestro di Io speriamo che me la cavo?), uno diversissimo dall’altro. Ma Fantozzi era uno solo. Il personaggio che pochi autori riescono a creare: niente sfumature e bidimensionalità perfetta. L’anti James Bond.
Rispetto alla sua Creatura, l’Autore tenne una salutare distanza: quando scriveva i racconti – prima su l’Espresso, poi per i libri, diventati best seller al pari dei film – sembrava quasi che si divertisse a infierire. Come il dottor Kranz, tedesco di Germania, il primo, cattivissimo personaggio creato da Villaggio.
Per questo il vuoto lasciato dall’artista genovese (sì, fu amico di De André, sì, lavorò anche con Fellini, sì, era coltissimo, ma tutto questo lo sapevamo anche prima che Villaggio morisse e senza consultare Wikipedia) è enorme.
Ma non è il caso di mettersi a piangere, sebbene sia difficile trattenere la lacrimuccia: Fantozzi è vivo e lotta con noi (anzi, in noi). Semmai, celebriamo con qualche risata amara la scomparsa dell’intellettuale genovese, ché solo un intellettuale, per giunta finissimo, poteva creare un personaggio così. Poi esorcizziamo il tutto con qualche film d’azione: nessuno di noi è un fusto spericolato, ma almeno, per qualche istante, ci illuderemo di essere un po’ meno Fantozzi. Ciao Paolo.
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