Dietrologie anti-Usa sul Coronavirus
Secondo alcuni ci sarebbe lo zampino americano dietro la pandemia. Galeotti i Giochi militari di Wuhan dello scorso ottobre? Chissà. Ma questo non aiuta a trovare un vaccino né una cura…
Anno bisesto anno funesto. Da quest’anno non è più un modo di dire né una superstizione.
Il Coronavirus, nome pop del famigerato Covid-19, è entrato di prepotenza nella nostra quotidianità e ha spazzato via tutto ciò a cui eravamo abituati: lavoro, passeggiate, relazioni pubbliche, strette di mano, abbracci, saluti per strada, sorrisi, aperitivi, cene, pranzi.
Tutto bloccato, tutto fermo. L’Italia è paralizzata perché colonizzata da un mostro invisibile.
Logico che in questo contesto si scatenino le superstizioni e, in maniera più razionale, si scatenino le dietrologie, basate su elementi più o meno plausibili.
Ne raccontiamo una, secondo cui il morbo non avrebbe gli occhi a mandorla ma batterebbe bandiera statunitense.
Procediamo con ordine.
A Wuhan, popolosissimo capoluogo della provincia cinese di Hubei, con oltre 11 milioni di abitanti, si sono svolti lo scorso ottobre i Giochi militari mondiali: oltre 10mila atleti da 140 Paesi, si sono dati appuntamento alle competizioni per un totale di 300 eventi. Wuhan, come ci ricordano tutti i media da mesi, è l’epicentro della malattia.
Che c’entrano i Giochi? Forse più di quanto non si pensi: Alcuni partecipanti, infatti, furono ricoverati nell’Ospedale vicino, a causa di malattie infettive trasmissibili. All’inizio i medici parlarono di malaria, importata da ospiti stranieri.
Occhio al calendario: le competizioni e l’allarme malaria si sono verificati a ottobre, il Coronavirus ha iniziato a emergere a dicembre.
In questa situazione, il minimo è che sorga il dubbio che quelle (presunte?) diagnosi di malaria fossero errate (forse…) e che invece si trattasse della prima circolazione del virus.
Sulla base di questo precedente, anche la tesi del contagio animale si ridimensiona. È vero che in Cina i mercati vendono animali selvatici, tra cui pipistrelli e serpenti, tra i primi sospettati alla trasmissione del virus all’uomo. Ma da studi fatti su campioni di Covid-19 provenienti da 12 Paesi differenti, risulterebbe che il virus abbia origini non cinesi. Una cosa ben diversa da quel che si è sostenuto finora.
Tutto questo cambierebbe le carte in tavola e Wuhan potrebbe non essere stata il big bang del Coronavirus.
Facciamo un salto indietro, ma non troppo: nel 2014, quando esplose l’ebola in Africa, uno scienziato locale accusò apertamente gli americani di aver ingegnerizzato il virus in laboratorio. La notizia non ebbe amplissima diffusione e l’argomento venne solo sfiorato dal mainstream.
Non è il caso di fare allusioni, ma un dubbio resta: la notizia non ha avuto larga diffusione perché non fondata o perché troppo fastidiosa per gli americani?
Il parallelo con le vicende più recenti è facile: l’epidemia ha messo in ginocchio l’economia cinese proprio nel momento in cui gli americani cercano di contrastare la crescita del gigante asiatico. Logico che si riproponga il medesimo dubbio.
A supporto dell’ipotesi del virus bio-ingegnerizzato, è intervenuto anche Francis Boyle, professore dell’Università dell’Illinois, che nel 1989 scrisse la legge americana sull’utilizzo delle armi biologiche. Nelle scorse settimane Boyle ha rilasciato delle interviste in cui sostiene che il Coronavirus sia un prodotto di ingegneria genetica.
È vero quel che dichiara lo studioso americano? Difficile dirlo. Ma di sicuro Boyle non è l’ultimo dei cretini.
E resta il fatto che ai Giochi di Wuhan di famoso ottobre del 2019 hanno partecipato anche soldati americani…
Dietrologia o coincidenze (magari un po’ troppo coincidenti)?
Resta il fatto che, tra una riflessione e un’illazione, il contagio si è trasformato in pandemia.
La Cina ha reagito con misure drastiche, che il suo ordinamento comunque le consente. Ed ecco che oggi Wuhan festeggia la liberazione dal virus.
Ma l’Italia non può fare lo stesso, perché le democrazie liberali sono sistemi meno predisposti alle emergenze. E c’è di peggio: queste emergenze incidono su un sistema già indebolito dalla crisi e minato da pluriennali disfunzioni: gli italiani sono diventati sempre più poveri negli ultimi due decenni e l’economia italiana è da allora in una quasi permanente recessione.
Il Coronavirus ha colpito l’Italia in modo crudele, non solo in termini umani: ha messo fuori uso le Lombardia e Veneto, i poli produttivi che hanno tenuto botta e impedito il tracollo del Paese. Un momento storico così delicato e pericoloso non si viveva dal secondo dopoguerra.
Siamo in piena emergenza, che affrontiamo con le massime restrizioni tollerabili in un sistema occidentale. Ma è pur vero che non possiamo fare altro e dobbiamo solo sperare di fermare il mostro.
E le dietrologie? Un’altra volta, al momento accontentiamoci di uscire dalle grinfie del virus.
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