Diversità a confronto, va in scena Mario e Saleh
La difficile convivenza tra un italiano e un arabo durante un disastro. Scontri tra culture e solidarietà tra uomini nella rappresentazione teatrale di Scena Verticale
Accoppiare due teste diverse è sempre un rischio, soprattutto di infinite discussioni.
È la morale di Mario e Saleh, il nuovo spettacolo scritto e diretto da Saverio La Ruina, con la collaborazione alla regia Cecilia Foti e le musiche originali di Gianfranco De Franco. La produzione è di Scena Verticale con il sostegno di Mibact, Regione Calabria, Comune di Cosenza e in collaborazione con Tmo-Teatro Mediterraneo Occupato di Palermo.
Lo spettacolo è andato in scena il 26 e 27 dicembre al Teatro Morelli come appuntamento conclusivo della stagione More 2019-Focus Residenze.
Dopo aver debuttato all’interno di uno dei più grandi festival internazionali in Italia, il RomaEuropa Festival, Mario e Saleh arriva sulle assi del Morelli per accompagnare gli spettatori in un viaggio intimo ed estremamente attuale, sulle diversità religiose.
Attraversare i pregiudizi per abbatterli senza l’uso della forza ma con una limpida razionalità: in Mario e Saleh, si assiste all’incontro tra due persone costrette a coabitare sotto la stessa tenda. Sullo sfondo lo scenario di un terribile terremoto avvenuto in un luogo imprecisato d’Italia, che però fa subito pensare al terremoto dell’Aquila del 2009.
I due protagonisti sono Mario (interpretato da Saverio La Ruina) occidentale cristiano, e Saleh, (impersonato da Chadli Aloui) arabo musulmano.
Già il semplice fatto di coabitare comporta discussioni.
I problemi nascono sempre dal controllo degli spazi personali, di cui si teme (o si vive con fastidio) l’invasione e dal raffronto tra le diverse abitudini quotidiane. Oggetto dello scontro (e del confronto) le differenze culturali, appesantite dai tanti pregiudizi che la mentalità occidentale ha costruito sul mondo musulmano. Ed ecco che nello spettacolo si alternano liti che portano all’innalzamento di barriere. e riavvicinamenti quando i due personaggi abbandonano i reciproci rancori per comprendersi.
Il momento è delicato per entrambi: Mario e Saleh sono due uomini che, al di là delle differenze culturali e religiose, affrontano un disastro da soli. Sono nudi davanti alle difficoltà, affrontano la solitudine nel modo più difficile e per questo tendono a riversarsi addosso a vicenda le proprie frustrazioni.
Anche le pressioni del mondo esterno contribuiscono a dividerli: l’azione meschina di qualcuno, come sempre, ricade su un’intera cultura e impedisce di distinguere le responsabilità personali da quelle collettive. Ma vivere una situazione così particolare e precaria provoca emozioni: le difficoltà sono forti per entrambe le parti, e tutti e due gli uomini vedono l’altrui sofferenza. Capiscono che entrambi provano lo stesso dolore e la stessa solitudine.
I sentimenti non generano alcuna differenza e sono in grado di unire le persone sensibili.
Saverio La Ruina scrive dialoghi diretti, senza una sola parola di troppo.
Niente banalità, perbenismi e pose politicamente corrette: la realtà è raccontata senza filtri, in modo diretto e cristallino.
L’interpretazione è catartica: rimuove ogni pregiudizio e stimola l’interpretazione e il giudizio razionali: ogni persona è giudicata per quello che è, non per quello che potrebbe o meno rappresentare. Dall’alba dei tempi tutti siamo i migranti di qualche luogo e tutti, al tempo stesso, cittadini della Terra.
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