Rissa in Tribunale, prosciolto l’imputato
Secondo l’accusa avrebbe malmenato il suo ex avvocato. Ma le testimonianze non reggono e la storia si sgonfia nel dibattimento
Questa non è una normale cronaca giudiziaria. È una storia troppo piccola, per di più senza neppure una goccia di sangue, per meritare titoloni. Ma è comunque troppo pruriginosa per finire sotto silenzio.
La riassumiamo così: un avvocato manda sotto processo un proprio ex assistenti, che lo avrebbe aggredito, prima a cazzotti e poi a parole. «Sei un avvocato venduto, ti rovinerò, te la farò pagare», avrebbe detto l’ex assistito. Detta così, potrebbe sembrare lo sfogo di una persona normale, che si è sentita tradita dal legale a cui aveva affidato cose delicatissime. O potrebbe sembrare uno di quei pasticci in cui ogni tanto incappano anche i professionisti più bravi, quando si trovano alle prese con clienti indifendibili o con difficoltà insormontabili, da cui non sanno come uscire.
Ognuno, avvocati e cittadini, può mettersi a fare il tifo. Il problema, in questo caso, è che questa storia non è vera. O meglio, non risulta vera.
A questa conclusione è arrivato Francesco Claudio Messina, giudice di pace di Cosenza, dopo un curioso processo durato circa quattro anni, in cui la pubblica accusa è stata sostenuta dalla vice procuratrice onoraria Vittoria Perrone.
I protagonisti di questa storia – senz’altro di provincia ma non priva di spunti anche per i non calabresi – sono Carmine Delle Donne, un ex dipendente delle cooperative comunali di Rende, e Oreste Via, un avvocato molto stimato del foro cosentino.
L’avvocato Via denunciò Delle Donne a ottobre 2012 e sostenne, davanti alla magistratura, di essere stato preso a pugni in faccia da quest’ultimo nei pressi di un bar a fianco del Tribunale.
Ecco la scena, degna di un film di Quentin Tarantino, così come l’ha raccontata Via: l’avvocato ha appena preso un caffè con un suo cliente e si allontana dal bar, ma non troppo. Delle Donne gli arriva alle spalle, lo strattona e poi lo prende a pugni, due per la precisione, uno per guancia. Via, che a questo punto non ha più guance da porgere, si lamenta e poi entra in Tribunale, direzione Procura della Repubblica. Ma non finisce qui, perché siamo al Sud e al Sud le liti possono diventare davvero pittoresche.
«Vediamo se hai il coraggio di denunciarmi», avrebbe più o meno detto Delle Donne, che si sarebbe messo a inseguire Via fino all’atrio della Procura. Visto il trambusto e tranquillizzato dagli agenti di pubblica sicurezza, Via sarebbe tornato sui suoi passi, riservandosi di denunciare a freddo, in altro momento, cosa che ha puntualmente fatto, sicuro di avere due testimoni dalla sua: il cliente, che sarebbe intervenuto per fermare l’aggressione di Delle Donne e un agente di Polizia giudiziaria, per la precisione un carabiniere, che avrebbe assistito a parte della scena. Certo è che l’ex operaio delle cooperative rendesi non dev’essere un gran picchiatore, dato che lo stesso avvocato aggredito ha lamentato solo dei dolori e non presentava lividi né altre lesioni.
Ben diversa la versione di Delle Donne, che subito dopo l’accaduto è andato dai carabinieri a denunciare Via.
È vero, ammette Delle Donne, la lite c’è stata, ma non è volato nessun cazzotto. E, in quanto alle minacce, sarebbe stato Via a proferirle. Sulla scena del presunto crimine, inoltre, non ci sarebbe stato nessuno e i due testimoni citati dall’avvocato sarebbero intervenuti in seguito alle lamentele di quest’ultimo, che avrebbe gridato e poi sostenuto di essere stato aggredito.
Messa così, la storia cambia e non poco, anche perché, nel frattempo, spunta un altro testimone: un macellaio, che ha assistito a parte della lite e non ha visto volare pugni.
Insomma, solo due che litigano.
Il processo, iniziato nel 2013, è finito lo scorso dicembre. Quattro anni, durante i quali hanno incrociato le armi gli avvocati Sergio Sangiovanni, il legale di Delle Donne, e Andrea Onofrio, il difensore di Via.
Alla fine l’ha spuntata Delle Donne, finito sul banco degli imputati, ma prosciolto perché, si apprende dalla sentenza di Messina, le testimonianze dell’accusa non reggerebbero.
Il cliente di Via, intervenuto a pacificare gli animi, era troppo lontano dall’avvocato per poter assistere alla scazzottata. E, stando al racconto, non ha separato nessuno ma si è limitato a chiedere cosa stesse succedendo.
Stesso discorso per il carabiniere, che si trovava in un luogo da cui non avrebbe potuto vedere la scena.
Dalla sentenza emerge solo che Via e Delle Donne non si vogliono bene.
Perché? Forse i motivi che hanno generato l’astio tra i due sono più interessanti della storia stessa.
Via in passato difese Delle Donne in alcuni processi di lavoro e non solo, dovuti a problemi, non leggerissimi, subiti da quest’ultimo nell’ambito delle cooperative sociali di Rende. Per onor di cronaca è doveroso aggiungere che queste cooperative furono sciolte e assorbite in Rende Servizi, una società in house poi finita nel mirino degli inquirenti per presunti fatti di mafia.
Delle Donne, si sarebbe sentito tradito da Via e lo ha denunciato, con più esposti, rivolti anche all’Ordine degli avvocati, per infedele patrocinio.
Questi pregressi giustificano ad abbondanza l’astio tra i due. Ma non spiegano i cazzotti né le minacce. E infatti l’ex operaio è stato prosciolto.
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