Violante: così ho riformato i servizi segreti
L’ex presidente della Camera fa lezione al Master in Intelligence dell’Università della Calabria
È riuscito a rendersi antipatico un po’ a tutti: senz’altro al vecchio centrodestra del Polo della Libertà, col quale ha comunque dialogato per le riforme. Senz’altro a certi ambienti di destra, con un piede nelle istituzioni e uno nell’extraparlamentarismo, come i sodali di Edgardo Sogno. Senz’altro alle ricostituite Br, da cui in tempi recenti ha ricevuto minacce di morte, in quanto «servo dello Stato al servizio della destra».
Accusato di parzialità nella gestione della Commissione antimafia da Giulio Andreotti, che di mafia e antimafia se ne intendeva, Luciano Violante ha resistito a tutte le critiche possibili, anche quelle mossegli dalla sinistra istituzionale di cui fa parte.
Ha digerito anche le polemiche sulla sua qualifica professionale suscitate dai grillini, secondo i quali l’ex magistrato ed ex docente universitario non avrebbe avuto i titoli per entrare nella Consulta. Per evitare che la situazione degenerasse, ha rinunciato all’offerta.
Ma all’Università della Calabria Violante ha parlato d’altro. È intervenuto su un altro argomento in cui è ferrato, i Servizi Segreti, al Master in Intelligence diretto da Mario Caligiuri.
«L’intelligence ha una funzione enorme nelle democrazie contemporanee: consentire la libera formazione del pensiero, difendendo il principio di verità e svelando le manipolazioni nell’informazione», ha spiegato il 13 gennaio l’ex presidente della Camera alla platea di specializzandi nell’aula Caldora dell’Unical. E non è uno dei paradossi che lo hanno reso famoso. Violante, va da sé, si è riferito all’intelligence come metodo. Perché il suo intento di riformatore è stato quello di allineare il più possibile l’effettivo funzionamento degli apparati statali d’intelligence, quindi l’intelligence-organo, a quest’ideale metodologico.
Obiettivo raggiuto? Non in pieno, come capita in tutte le cose della vita. Ma i risultati ci sono stati e sono apprezzabili: «In questi quarant’anni si è passati da un clima di sfiducia preventiva a una più ampia condivisione della funzione dei Servizi da parte dell’opinione pubblica».
Violante si misurò con l’esigenza di riformare i Servizi negli anni ’70, quando, da giudice istruttore nella Torino degli anni di piombo, si occupò del presunto golpe bianco, per il quale furono indagati gli ex partigiani Edgardo Sogno e Luciano Cavallo e lo studioso olivettiano Randolfo Pacciardi (poi prosciolti). In quell’occasione impugnò davanti alla Consulta il segreto di Stato eccepitogli durante l’indagine. Il segreto non fu rimosso, ma la pronuncia della Corte costituzionale aprì la strada alla prima riforma dei servizi, quella del ’77.
La seconda volta, 11 anni fa, fu relatore della legge di riforma, tuttora in vigore, che ha ridefinito le attribuzioni, le modalità operative e i limiti all’azione dei servizi.
E per il futuro? «La prossima riforma del settore potrebbe riguardare il coordinamento delle politiche di sicurezza europea che però sarà estremamente difficile fino a quando non si realizzerà una comune politica estera e della difesa».
La mission dei Servizi nelle domocrazie è delicata e Violante, molto più mite nelle aule universitarie di quanto non sia stato in Parlamento, lo sa bene. «In definitiva – ha concluso – l’intelligence deve fornire le informazioni adeguate a chi decide nell’interesse della collettività». Poi il fuoco di fila delle domande, durato circa due ore. A cui il professore ha retto benissimo, specie se si considera che, una volta tanto, non è stato lui, in un ruolo o nell’altro, a interrogare.
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