Per cambiare l’Europa
La campagna elettorale per le Europee è alle porte. Finora Macron è stato l’unico leader dotato di una visione chiara della situazione e a lanciare un appello accorato: trasformiamo l’Ue in una federazione sovrana per sfuggire alle spinte disgregatrici dei nazionalismi
A Emmanuel Macron si deve riconoscere di essere stato l’unico leader occidentale ad aver messo sul tavolo della politica estera un’idea chiara e incontrovertibile di Europa. Propaganda? Senz’altro anche questo.
Ma c’è propaganda e propaganda: abituati fin troppo a considerare l’Ue un dato di fatto, finora abbiamo subito in maniera martellante gli slogan e i ragionamenti di chi non vuole l’Europa oppure vuole tenerla divisa per logiche di potere e tornaconti non sempre confessabili.
Forse proprio a queste logiche e a questi interessi, in cui non è detto che le ragioni della politica siano prevalenti, ha alluso il presidente francese nel riferirsi alla Brexit: «Chi ha detto ai britannici la verità sul loro futuro dopo la Brexit? Chi ha parlato loro di perdere l’accesso al mercato europeo? Chi ha evocato i rischi per la pace In Irlanda tornando alla frontiera del passato? Il ripiego nazionalista non propone nulla; è un rifiuto senza progetto».
E, sempre a proposito di propaganda, non si può dar torto a Macron quando dice che «coloro che sfruttano la collera, sostenuti dalle false informazioni, promettono tutto e il contrario di tutto».
Di fronte a queste affermazioni, che sono la parte più polemica dell’appello lanciato dall’inquilino dell’Eliseo per l’iniziativa Rinascimento Europeo, non si può restare indifferenti.
Anche in Italia dovremmo iniziare a parlare di Europa con convinzione e invocare l’avvio del processo federativo.
Così com’è, l’Unione Europea non è sufficiente. E lo stesso euro, se non verrà ancorato alla politica monetaria di uno Stato europeo finalmente sovrano, resterà un paradosso: l’essere la moneta più forte del mondo nelle tasche di cittadini sempre più poveri.
Stesso discorso per l’erosione delle frontiere e la libertà di movimento: l’accresciuta libertà non può tradursi nella mancanza di sicurezza per tutti e in un maggiore carico di oneri per alcuni Paesi più esposti geograficamente (come avviene per il fenomeno migratorio). La rinuncia alle proprie frontiere può avere un senso compiuto se avviene in nome di una frontiera comune, tutelata in maniera eguale – ed equa – in ciascuna sua parte.
Sappiamo benissimo che ormai è una moda presentare Strasburgo come la sede delle caste degli eurocrati. Ma basta prendere le vecchie mappe “politiche” per capire come stanno le cose: Strasburgo è stata a lungo una città di confine tra due Stati rivali, Germania e Francia, che se la sono contesa a lungo a partire del 1870. Ora, grazie all’Ue, questa città è sia tedesca sia francese e tutto lascia sperare che i revanscismi del passato si riducano a una questione tra tifoserie calcistiche.
Ovviamente non è tutto rose e fiori, perché la sola integrazione delle economie non può bastare. Anzi, può diventare pericolosa, perché crea disparità fortissime e, come sempre avviene nelle grandi trasformazioni geopolitiche, ha finora avvantaggiato pochi sin troppo a scapito della maggioranza dei cittadini. Ma questo non è un problema dell’Ue. Lo è perché l’Ue non è attrezzata a competere nel suo insieme con le politiche delle potenze emergenti, che crescono comprimendo i diritti dei loro cittadini e praticando il dumping,
Serve un processo di selezione delle classi dirigenti più politico e meno tecnocratico. Intendiamoci: nessuno nega l’importanza delle élite nei processi storici. Ma l’élite europea non può essere solo una élite economica e tecnica. Deve diventare élite politica attraverso lo strumento con cui i paesi civili selezionano le proprie guide: la democrazia.
È l’unico modo per avvicinare le istituzioni europee ai cittadini e per far sì che la pace politica si trasformi in appartenenza comune e in giustizia sociale, che è poi la specificità europea all’interno della cultura occidentale.
Già: fa bene Macron a parlare di un’Europa dei diritti e delle libertà. Ma anche quest’Europa sarebbe insufficiente se restasse priva del valore dell’eguaglianza, senza il quale non c’è democrazia degna di questo nome. Ed eguaglianza significa diritti, possibilità, tutele e servizi uguali per tutti.
È l’Europa dei sogni? No, è l’unica Europa possibile.
Le prossime elezioni avranno un’importanza decisiva in questo processo, perché le forze eredi delle grandi culture del XX secolo (liberale, socialdemocratica e cattolica), che hanno lavorato a lungo al progetto europeo, si confronteranno con quelle forze che, invece, in queste culture non si riconoscono o non si riconoscono più sulla base della convinzione che bastino le vecchie frontiere degli Stati nazionali a garantire prosperità, pace e sicurezza. È il momento delle scelte decisive: o la federazione europea o lo stallo, che sarà il preludio della disgregazione con conseguenze imprevedibili, ma di cui possiamo già capire qualcosa osservando la situazione della Gran Bretagna.
È il momento delle scelte vitali.
Cesare Loizzo
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