Altro che finanza, si comanda con le informazioni, parola di De Kerckhove
L’erede di MacLuhan inaugura la settima edizione del Master in Intelligence e disegna scenari agghiaccianti
Che c’entra Singapore, esempio di democrazia imposta con metodi totalitari, con la rivoluzione del web? C’entra, eccome se c’entra.
Che c’entra la straordinaria diffusione di dati e di notizie consentita dalla rete con il controllo sociale? C’entra.
Tra queste cose non c’è contraddizione alcuna. Anzi. E probabilmente l’esplosione esponenziale della rete, che segue le stesse dinamiche dell’economia finanziaria (la quale ha espropriato l’industria e il mondo produttivo dalla loro leadership sociale), consentirà forme di controllo sociale inedite nella cultura occidentale.
Parola di Derrick De Kerckhove, un autentico luminare sull’argomento. L’allievo di Marshall MacLuhan ha inaugurato il 2 dicembre il Master in Intelligence dell’Università della Calabria.
Preceduto dai saluti istituzionali del rettore Gino Mirocle Crisci e del direttore del corso di laurea in Scenze dell’educazione Giuseppe Spadafora, ha dato il via ai lavori Mario Caligiuri, il direttore del Master, che ha inquadrato l’argomento collegando l’intelligence alla comunicazione.
Dall’incontro di queste due discipline, in apparenza contrapposte, ha ribadito Caligiuri, può sorgere la vera informazione: «L’intelligence è un metodo di trattamento delle informazioni che oggi è di un’importanza vitale per tutti, perché serve a selezionare l’offerta di notizie nell’ambito di un sistema che produce disinformazione».
Per quanto sia auspicabile una sua diffusione di massa, resta chiaro che l’intelligence è ancora una disciplina altamente specialistica, che ha una sua mission peculiare: la sicurezza, come ha ribadito il rappresentante (ha voluto mantenere l’anonimato, sennò che intelligence e che servizi segreti sarebbero?) della Scuola di formazione del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza.
E veniamo al piatto forte della lezione inaugurale del Master.
De Kerckhove ha tracciato un quadro impressionante, che riprende laddove il suo maestro MacLuhan («è stato un mio professore», si è schernito con modestia) aveva idealmente lasciato: l’impatto e il condizionamento dei media nella vita quotidiana.
Il sociologo canadese è partito dall’esperienza di Singapore, a partire dal regime imposto dalle riforme di Lee Kuan Yew, che impose, sin dagli anni ’70 alla sua città-stato, scossa dai conflitti etnici, una modernizzazione a tappe forzate e in buona parte coatta, grazie a un controllo ferreo delle vite private dei cittadini.
Questo controllo, sotto la guida del figlio Lee Hsien Loong, è diventato capillare, grazie all’uso intensivo della rete e all’abbondanza di strumenti hi tech.
Il futuro del mondo sarà un’immensa Singapore? I riferimenti alla letteratura fantascientifica e fantapolitica si potrebbero sprecare. Ma resta il dato che quest’ipotesi, già inquietante se applicata a un sistema politico (che De Kerckhove definisce democratura, con il termine applicato di media anglosassoni al sistema singaporese), può diventare spaventosa nel caso in cui il potere non sia gestito più dal potere politico, che comunque è visibile e deve legittimarsi sulla base di precise responsabilità, ma da forze quasi invisibili ai più (e il caso dell’alta finanza) e difficilmente controllabili.
Ecco, ed è questo il punto più suggestivo della riflessione del sociologo canadese: l’informazione, grazie al boom dei new media e all’interattività, tende a prendere una vita propria, ad astrarsi dai suoi emettitori. Così come la finanza è diventata autonoma dalla produzione.
E il parallelo non finisce qui. Nel caso della finanza, infatti, è ormai esperienza comune il potere esercitato da circoli ristretti sulla vita dei popoli. Invece non è ancora del tutto delineato l’effetto che potrà avere l’uso dei big data, molto più invasivo delle sfere individuali, sulla società futura.
De Kerckhove approfondisce questo passaggio, delicatissimo, con un riferimento alla trasformazione cognitiva indotta dal web, che da un lato accresce la possibilità degli individui di conoscere più cose, ma dall’altro li indebolisce.
Infatti, spiega il prof canadese, il passaggio dal supporto cartaceo a quello digitale implica a sua volta un altro passaggio: quello dal pensiero lineare all’ipertesto, che ha effetti devastanti sulla soglia d’attenzione.
Al web affidiamo, quasi senza accorgercene, elementi essenziali delle nostre vite, tra cui l’identità e la memoria. E dal web subiamo un condizionamento fortissimo, inedito nella storia umana.
Come rimediare? L’uso del cartaceo è ancora una buona risorsa per preservare i propri spazi cognitivi. Ma occorrono anche guide più forti, come spiega il sociologo con una battuta felice: «Per Pinocchio 2.0 occorrono i gesuiti 2.0».
E l’intelligence? Può fornire una valida indicazione di metodo: per evitare che l’intelligenza artificiale ci espropri del tutto, occorrono nuovi sistemi. E chi, meglio degli addetti ai lavori in questa particolare disciplina, può scovarli?
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