La poetica di De Chirico rivive negli scatti di Roberto Pestarino
Nature morte e ready-made nelle pellicole postmoderne dell’allievo di Oliviero Toscani
Un desiderio diricerca e di avventura guida il fotografo Roberto Pestarino lungo le svariate tappe della sua esistenza e della sua arte. Le sue opere visuali, vivaci ed avvincenti, regalano all’osservatore suggestioni ed atmosfere, che sono prevalentemente romantiche nella serie dei fiori, ripresi in diversi contesti e momenti. Alcune immagini, invece, come Humans and Hands, evidenziano un sottile rapporto con le atmosfere distillate ed arcane della pittura metafisica di De Chirico, l’unico filone dell’arte nostrana cui Pestarino ricorre e che gli permette di sfociare in un’avventura lontana dalla pop art americana e dal novorealismo parigino.
Gli oggetti che egli ha fotografato in Still Life o Signs and Posters non sono oggetti trovati, ready-made rugginosi, rifiuti della nostra civiltà meccanica, ma sono falsi oggetti trovati, costruiti appositamente per ottenere particolari effetti caleidoscopici e sognanti, come fossero nuove icone, nuove protagoniste immaginifiche della civiltà contemporanea.
Pestarino si avvicina alle opere dei fotografi più famosi al mondo (Michael Kenna, David La Chapelle, Sebastião Salgado, Oliviero Toscani) con estrema curiosità, per conoscere tutte le tecniche fotografiche e artistiche.
Dopo anni di scatti fotografici, fatti per evadere dalla routine e per sentirsi sempre in compagnia di qualcuno, Pestarino si sente orgoglioso di esser il presidente del circolo fotografico Oltregiogo fotografia di Serravalle Scrivia.
Lui sente rapito dall’obiettivo fotografico e versa tutta la sua attenzione e curiosità alle opere di molti studiosi di fotografia. Sino ad oggi il Nostro ha ricevuto importanti riconoscimenti alla carriera. È così che, nel nascere una passione nasce anche una nuova avventura nel mondo dell’arte.
Vale la pena citare Roland Barthes, che, a pochi mesi dalla morte, scriveva in La camera chiara: «La fotografia, “medium bizzarro, nuova forma di allucinazione: falsa a livello della percezione, vera a livello del tempo”, viene scrutata non in sé, ma attraverso un certo numero di casi, fotografie con le quali si stabilisce una speciale corrente determinata da “attrazione” e “avventura”, in un raccordo con la cultura surrealista della foto-descrizione anni Trenta e con una riconsiderazione dell’immaginario sartriano anni Quaranta, e un oggi, un qui e ora, puntualmente vissuto e colto.
Passando poi a uno scavo autobiografico obiettivo – «dovevo penetrare maggiormente dentro di me per trovare l’evidenza della fotografia» – in cui si ricrea, in una sorta di percorso proustiano, il sentire per affetti e sentimenti. Perché il discorso è interrogazione, è dialogo, ma è anche confessione; al linguaggio espressivo e al linguaggio critico se ne aggiunge un altro, più ineffabile e rilevante, vera e propria premonizione: da qui scaturisce una considerazione della fotografia come studium e come punctum (i due termini usati da Barthes in un distinguo illuminante), ma soprattutto dello storico e dell’effimero in cui viviamo. Il nostro fotografo-artista fa parlare non solo il proprio Io ma apre a nuovi mondi interiori perché nei suoi scatti c’è la magia del mistero della shape.
Carmelita Brunetti
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