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Cosenza è sotto inchiesta, ma i cittadini, quelli veri, dove sono?

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Maxinchiesta per una somma “mini”: in quattordici nel mirino per meno di tre milioni di euro

La denuncia è partita da Nicola Morra, senatore del Movimento 5 Stelle, ma di certe cose ne parlavano già i giornali

La tanto decantata società civile, che non legge ma comunque vota, dov’era?

Storia di ordinaria indifferenza civica nel Sud sempre più profondo

Girano già troppi veleni sulla recente inchiesta relativa agli appalti “spezzatino” del Comune di Cosenza. Non è il caso di aggiungerne altri, magari in punta di allusione.

Resta il fatto che il clamore è troppo grosso per un’indagine che, in fondo, riguarda una cifra che non tocca i te milioni di euro.

Né è il caso di criticare gli inquirenti o di dargli consigli attraverso i media e i social (c’è già chi fa entrambe le cose). Né, infine, di meravigliarsi del fatto che le indagini hanno colpito “solo” imprenditori e dirigenti del Comune ma non hanno sfiorato i politici. E dire che c’era già chi sognava il siluramento manu militari del sindaco.

A indagare pensino gli inquirenti e ciascuno faccia il suo.

Però meraviglia un’altra cosa: che l’inchiesta sia partita dalla denuncia del senatore Nicola Morra, esponente di primo piano in Calabria del Movimento 5 Stelle. Nulla contro Morra, ci mancherebbe: ha fatto bene a denunciare una situazione quantomeno dubbia, in cui ci sono di mezzo i quattrini pubblici. Di più: Morra ha fatto il suo dovere e basta.

Il problema, semmai, è un altro: le polemiche sugli affidamenti diretti, sugli appalti “sotto soglia”, sulle “somme urgenze” e quant’altro durano da quanto dura l’amministrazione Occhiuto. Cioè dal 2011. Non c’è consigliere d’opposizione o dissidente della maggioranza che non ne abbia parlato. E, a memoria di chi scrive, c’è stata anche un’interrogazione parlamentare.

Il che, tradotto in soldoni, significa che non c’è stato giornalista che non abbia almeno visionato certe carte e che, all’occorrenza, non abbia pubblicato, anche online, per dare la possibilità ai cosentini di informarsi a dovere sull’uso che veniva fatto dei quattrini di tutti.

La differenza è, semmai, tra chi ha pubblicato tutto senza remore né tentennamenti e chi ha omesso qualcosina. Scelte professionali, nel merito delle quali non è il caso di entrare.

Però a questo punto è lecito porsi una domanda: se tutti sapevano e non potevano non sapere (a Cosenza, in determinati periodi, ci sono stati tre-quatto quotidiani cartacei più varie testate online, alcune delle quali picchiano tuttora piuttosto duro), era proprio necessaria la denuncia di un politico perché chi di dovere spulciasse certe carte e si desse da fare? Possibile che la tanto decantata società civile non si fosse accorta di nulla?

È doverosa anche una riflessione: i politici non denunciano gli amministratori in quanto tecnici, in questo caso quelli finiti nel mirino degli investigatori e della Procura di Cosenza, ma in quanto politici. Detto altrimenti, mirano al livello in cui si prendono le decisioni politiche e non tanto a quello in cui queste decisioni vengono gestite.

Questo a Cosenza come nel resto d’Italia. E c’è da dire che la cittadina calabrese su questo tipo di malaffare non ha primogeniture né primati da vantare. A scorrere le cronache in rete si capisce che certe vicende capitano dappertutto ma al Sud capitano di più, a prescindere da chi amministra.

Ma Cosenza un particolare primato ce l’ha: è la città dove gli organi di informazione faticano a tenere il passo e muoiono come le mosche in autunno dopo aver ronzato alla grande, ma l’opinione pubblica non si smuove. Ed allora è chiaro che, in mancanza di un impegno civico vero (tale non si può considerare il ricorso abbondante a liste civiche “civetta”, zeppe spesso di amici e parenti dei volponi che gestiscono la vita politica) per denunciare ci vuole un politico, che proviene dai ranghi dell’opposizione sociale ed è protetto dall’immunità parlamentare. In tutto questo la città sta a guardare e a chiacchierare in certi bar particolari, come ce ne sono in ogni luogo di provincia, dove spesso, tra un caffè e un aperitivo, escono le notizie da cui sortiscono inchieste come quella di cui si è finora parlato. Già: presa tra i fuochi contrapposti della politica, la società civile riduce la passione civica a gossip e l’ansia di giustizia a tifoseria.

Nient’altro.

Saverio Paletta

 

 

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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