Anche la Puglia fa ciao alla giornata della memoria neoborbonica
Il presidente del Consiglio regionale pugliese interviene a un convegno sul brigantaggio, si schiera con gli accademici e prende le distanze dai “revisionisti”…
L’ultima parola, alla fine, l’ha detta Mario Loizzo, il presidente del Consiglio regionale della Puglia, durante il suo saluto istituzionale con cui ha inaugurato il convegno Guerra ai briganti, guerra dei briganti. Storiografia e narrazioni, organizzato dall’Università di Bari e svoltosi dall’11 al 13 ottobre.
Loizzo si è avventurato con consapevolezza sul terreno della storia e delle sue problematiche, notoriamente sdrucciolevole e su cui la classe politica, soprattutto meridionale, ha preso più di uno scivolone.
Ci si riferisce, in particolare, alla violenta polemica scatenata dai gruppi sudisti in seguito all’approvazione di due mozioni in Puglia e Basilicata che miravano a istituire una Giornata della memoria per le vittime meridionali del Risorgimento.
Il convegno barese, a cui hanno partecipato studiosi di fama internazionale, si è proposto, al contrario, di fare il punto sul brigantaggio e sulla sua repressione, il periodo caldo su cui picchiano da anni i revisionisti antirisorgimentali, alcuni dei quali (Pino Aprile, per citare l’autore di maggior successo) ipotizzano cifre e comportamenti da genocidio.
Il saluto di Loizzo suona come una pietra tombale su tutta la questione o quasi. Una pietra che dovrebbe sigillare le pretese dei revisionisti, i quali costituiscono il nucleo ideologico della cosiddetta galassia di movimenti sudisti.
Che proprio questi revisionisti siano il bersaglio di Loizzo lo si capisce dal seguente passaggio del suo saluto:
«So bene che l’esercizio del revisionismo di per sé non è un male; ma quando esso viene finalizzato al proprio tornaconto politico o elettorale, si trasforma in una inaccettabile falsificazione della storia.
Ecco perché, il campo della ricerca, che è poco frequentato dai demagoghi, va coltivato con impegno, allo scopo di fare luce su ogni aspetto della storia, con l’obbiettivo di costruire, se non proprio una memoria condivisa, perlomeno un terreno di civile confronto.
Le forze che si sottraggono a questo compito, e che Gramsci considerava “il profondo spessore reazionario del Paese”, scelgono invece la scorciatoia dei luoghi comuni, inclinando verso letture nostalgiche che, invece di fare tesoro delle lezioni della storia, finiscono per mistificarla».
Per fugare ogni dubbio, il presidente del Consiglio pugliese fa quasi nomi e cognomi:
«In particolare, un certo revisionismo sui temi del Risorgimento e dell’Unità nazionale, negando l’evidenza, si spinge sino a rivalutare fatti che, per quanto controversi, sono già stati storicamente ben definiti e ciò, nel tentativo disperato di affermare non un legittimo punto di vista, ma di esigere una sorta di rivincita, che non va oltre il vecchio e banale luogo comune secondo il quale “stavamo meglio quando stavamo peggio”.
Una vasta pubblicistica e il fiorire di associazioni, di sette e di “correnti di pensiero” che si richiamano al regime borbonico, hanno scelto di dare una lettura dei fatti, non con l’obbiettivo di ricordarli ma con quello di celebrarli, spesso con affermazioni e atteggiamenti insopportabili che rasentano l’insulto nei riguardi della storia risorgimentale e dei suoi protagonisti».
Non è secondario neppure l’aspetto politico dell’intervento, con cui Loizzo, nonostante la palese presa di distanza, cerca di giustificare il fatto che comunque una mozione è stata approvata:
«Credo che a nessuno sia sfuggita la campagna che un’importante forza politica, lo scorso anno, ha promosso verso alcuni Consigli regionali del sud con la quale si chiedeva di “…indicare il 13 febbraio come giornata ufficiale in cui commemorare i meridionali che perirono in occasione dell’unità…”.
Il Consiglio regionale della Puglia, il 4 luglio dello scorso anno, ha accolto quella richiesta, non certo per condividerla, ma per offrire un terreno di confronto, peraltro istituzionalmente obbligato e che, se negato, avrebbe provocato solo un inutile vittimismo.
Ma, come era prevedibile, non c’è stato alcun seguito a quella richiesta che, qualora fosse arrivata in aula, avrebbe sicuramente visto la stragrande maggioranza del Consiglio battersi con l’obbiettivo, sì, di ricordare le sofferenze subite dalle popolazioni meridionali, ma non certo per celebrare un regime sanguinario e illiberale».
Il riferimento politico, al Movimento 5 Stelle, è chiaro come la palese presa di distanza, non solo di Loizzo ma di tutta l’assemblea regionale, visto che è difficile credere che queste frasi siano l’estemporanea di una sola persona.
E tutto lascia credere che, da ora in avanti, le prese di contatto degli ambienti sudisti con il mondo politico, finora sostanzialmente agevolate dall’incultura dei politici, saranno meno facili.
Già, le richieste dell’istituzione di questo fantasmatico giorno della memoria furono trasversali (furono avanzate anche da rappresentanti del Pd, di Fi, di Ncd e dei fittiani). Ma il niet di Loizzo è il primo cortocircuito dell’appeal di certe tesi a dir poco deliranti.
La storia agli storici, si diceva negli anni ’90, quando l’arrivo al governo del vecchio Msi aveva rinfocolato un certo antifascismo vecchia maniera, per invitare le forze politiche a concentrarsi sul presente.
La storia del Sud agli storici e agli studiosi seri, ripete oggi Loizzo:
«Di fronte all’aggravarsi della crisi, tuttavia, osservo con una certa preoccupazione il fatto che da qualche tempo a questa parte, la spinta propulsiva del meridionalismo storico, si è decisamente attenuata.
Si tratta di una tendenza preoccupante che tocca a tutti noi invertire. In primo luogo agli intellettuali i quali, di fronte all’aggravarsi della crisi anche etica della società e alla desertificazione dei valori, debbono compiere ogni sforzo per proseguire nel solco del patrimonio storico e culturale che fu alla base del pensiero di grandi personalità italiane, non solo meridionali».
Il tutto con buona pace di Gennaro De Crescenzo, il presidente del Movimento Neoborbonico, che continua ad accusare di scarsa democraticità il mondo accademico, reo di non aver preso in considerazione la petizione online lanciata dai sudisti, da cui risultavano 11mila e rotte firme in favore della fantasmagorica giornata della memoria.
Il mondo accademico ha tutti i torti dell’universo, ci mancherebbe. Ma ancora non ha quello di considerare la ricerca un fatto democratico. Meglio ancora: la valutazione del livello scientifico della ricerca una cosa da sottoporre ai voti del pubblico. In questo processo, è giusto ricordarlo, la democrazia non va invocata a monte, perché la ricerca implica la specializzazione, che non è alla portata di tutti, ma a valle, cioè si deve pretendere che il mondo scientifico spinga di più sull’alta divulgazione e comunque usi un linguaggio chiaro, come accade nel resto del mondo tranne in Italia.
Altrimenti continueremo ad ascoltare e leggere perle come quelle di Antonella Laricchia – la consigliera grillina che propose al Consiglio regionale pugliese la mozione sulla giornata della memoria – che ancora considera Salvemini, Nitti e Gramsci sullo stesso piano di De Crescenzo, Aprile e Lino Patruno.
La storia agli storici, senz’altro. Ne guadagneremo tutti. Soprattutto ora che i politici hanno iniziato a capire che con la memoria non si gioca.
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NE HO INCONTRATO DI FECCIA RISORGIMENTALISTA MERIDIONALE, QUELLI COME LIBORIO ROMANO AL SERVIZIO DEL REGIME DI OCCUPAZIONE ITALIOTA CHE DISPERATAMENTE DIFENDONO LE LORO POLTRONE. RICORDO LORO CHE COMBATTIAMO NON SOLO CON LE PAROLE O LE MIGLIAIA DI LIBRI ANTITALIANI PUBBLICATI, MA I FISCHI ALL’INNO DI MAMELI ALLA NAZIONALE ITALIOTA NELLO STATO SAN PAOLO A NAPOLI, ALL’OLIMPICO DI ROMA ALLA FAVORITA DI PALERMO. LA NAZIONALE ITALIOTA NON GIOCA PIU’ A NAPOLI. ALTRI VOSTRI COMPARI RISORGIMENTALISTI AGLI ABBIAMO FATTO FARE FIGURACCE TALI DA ABBANDONARE I CONVEGNI,, MI PIACEREBBE INCONTRARTI DI PERSONA LOIZZO, PUGLIESE COME IL TRADITORE INFAME LIBORIO ROMANO.
Non conosco Mario Loizzo, ma credo che sappia difendersi da sé senza bisogno di aiuto alcuno. Ti pubblico solo per far capire ai lettori che razza di cafone e di vigliacco sei. Certo, i cafoni e gli squilibrati come te non mancano: ne ho visti due in azione a Napoli durante un convegno. Qui non ci sono “risorgimentalisti” sabaudi che si oppongono alle vostre verità presunte. Ma, più semplicemente, persone che, coi loro limiti, vogliono difendere ciò che resta della cultura e della storia dai vostri deliri caricati di menzogne.
Non so chi ti ispira, ma al posto tuo starei attento a fare minacce, perché le parole sono boomerang.
Spero che questo sia il primo e ultimo contatto tra te e L’IndYgesto
Saverio Paletta
” ….. democratici ( leggi cavurriani) si distinguevano nella repressione anticontadina in maniera così spietata da provocare l’indignazione di Giuseppe Ferrari per le cinquecentoventisei ( 526 )fucilazioni eseguite nel breve torno di sei giorni,nell’Agosto 1861, nel Teramano ….”
Il mio ” Storia del Brigantaggio dopo l’Unita” Franco Molfese 1964 Feltrinelli, è ormai un testo le cui pagine sono consumate, richiami e sottolineature, le numerosissime note arricchiscono il testo. E il breve passo sopra riportato, una pagina qualsiasi di quel testo.
Presidenti e consiglieri della Puglia sono presi dalla coltivazione del proprio orticello, la Puglia viene dopo. E tanto indaffarati da non avere il tempo di leggere qualcosa come il Molfese, uno ” storico” che al pari di De Felice ha basato i suoi scritti su una rigida documentazione, e non su opinioni costrette da ideologia e da convenienze accademiche. I soloni pugliesi, come tutti i politici di serie B, ma non meno quelli di serie A, hanno come dote l’ignoranza crassa di chi conciona senza sapere. I loro interventi? Un ghostwriter altrettanto fazioso e incapace. Poco importa questa benedetta giornata della memoria,la coscienza di quello che eravamo prende sempre più spazio.Non perdete il contatto con ciò che è argomento sempre più conosciuto e coinvolgente per ” il popolo basso”
Cordialmente
Caro Rodolfo,
Mi sono limitato a riportare un dato, e cioè il dietrofront del presidente del Consiglio regionale pugliese, che presumo non parli solo a titolo personale. Veniamo a Molfese, di cui posseggo la recentissima ristampa anastatica della West Indian, essendo introvabile (o quasi) la “classica” edizione Feltrinelli. Franco Molfese, che fu bibliotecario della Camera, scrisse la sua opera sul brigantaggio dopo aver rinvenuto un fondo di documenti semidisperso per sciatteria (e non distrutto) e elaborò i dati sulla base della propria impostazione gramsciana, che sarà pure valida e all’epoca era senz’altro egemone ma non è Vangelo. Ed ecco che il brigantaggio, nella sua penna, divenne una specie di protolotta contadina, il che può essere vero in parte (neppure quella maggioritaria) ma non del tutto.
Nel riportare il discorso di Loizzo, non ho fatto tifo sabaudista. Più semplicemente, ho preso posizione a favore della Storia con la maiuscola, studiata (seriamente) e scritta per far ragionare e capire più che per appassionare e seminare odio.
Vengo ai politici: alcuni di loro hanno vellicato i neoborbonici nella convinzione che i numeri gonfiati dalla rete si traducessero in voti. Il che non è stato, perché sono nicchie rumorose e non masse. Constatato questo, li hanno scaricati.
Infine: io faccio il tifo per chi ricerca e studia seriamente, non per chi produce titoloni (ne so qualcosa dopo decenni di redazione). Forse questo dibattito è l’occasione buona perché, finalmente, gli studiosi si mettano a rovistare seriamente gli archivi. Con buona pace dei fanatici, degli speculatori e di chi si fa abbindolare da loro.
Ricambio la cordialità,
Saverio Paletta
Perche prima di scrivere non leggi un po’ di letteratura scientifica? Magari quello che scrivono gli storici inglesi e americani. Ad es. Davis o Moe Così capiristi che il sud 2 stato brutalmenre colonizzato e brutalizzato. Colonizzazione e brutalizzazione che non esolo continuano ancora oggi ma sono elementi costituitivo dell’Italia.
Caro Giovanni, voglio sperare che i refusi siano dovuti al T9: non è bellisimo citare storici di valore, che presumo tu abbia letto bene, e poi prendere certi svarioni. Detto questo, spero che tu abbia letto con la medesima attenzione l’articolo che critichi: capiresti che mi sono limitato a riportare le dichiarazioni del presidente del Consiglio della Puglia. Certo, ho preso anche posizione. Ma non a favore dei cosiddetti “sabaudisti”. Semmai mi sono schierato con chi studia seriamente. Nessuno degli storici intervenuti al convegno di Bari sminuisce i drammi o nega la durezza delle repressioni. Semmai, analizzano la storia, anche quella tragica del Sud postunitario, nella sua dimensione di fenomeno complesso per cercare di capire (e far capire) le dinamiche reali di certi eventi. Dall’altro lato, invece, c’è chi strumentalizza e distorce le cose per seminare un odio che, francamente, non si giustifica. Mi pare basti, no?
Saverio Paletta