Usura bancaria, il giudice condanna il Monte dei Paschi
La banca pretendeva 360mila euro di interessi, ora dovrà risarcirne 80mila ai suoi ex clienti
Stavolta gli scandali (presunti) e i debiti veri non c’entrano. Per far finire il Monte dei Paschi di Siena sotto i riflettori, della magistratura prima e dei media poi, è bastato meno: un caso persino banale di usura bancaria che, assieme a dei rovesci giudiziari, aveva ridotto al lumicino un’azienda di Reggio Calabria specializzata nel trattamento dei rifiuti.
Le vicissitudini di quest’azienda sono terminate del tutto, o almeno così si spera, lo scorso tre aprile grazie alla sentenza 217-2017, con cui la Corte d’Appello di Reggio Calabria è andata oltre il verdetto, già favorevole, di primo grado e ha condannato Mps a restituire alla società 85mila euro più gli interessi, a pagare le spese legali e a restituire i pegni ai fideiussori. Come capita piuttosto spesso, la banca in origine non pretendeva poco: vantava circa 360mila euro di crediti e, su questa base, nel 2006 aveva chiuso il fido concesso alla società e aveva proceduto a incassare i pegni dei fideiussori.
A questi ultimi non è restata altra possibilità che reagire per via giudiziaria e affidarsi all’Adusbef, l’associazione di tutela dei consumatori.
Alla fine del lungo duello finanziario la situazione si è ribaltata: il credito vantato da Mps è risultato inesistente perché prodotto di anatocismo, cioè di usura bancaria. La pratica, in questo caso, sarebbe stata piuttosto insidiosa, come ha ricostruito il consulente tecnico chiamato dal giudice a far luce in questa vicenda: la banca, infatti, ha ricapitalizzato gli interessi su base trimestrale e, inoltre, ha preteso il pagamento di servizi non previsti dal contratto, come la commissione di massimo scoperto.
In altre parole, la società, pur avendo onorato il proprio rapporto con l’istituto di credito, si era comunque ritrovata nel ruolo scomodo della debitrice, tra l’altro in una fase difficile della propria vita economica.
Lapidario il commento di Fernando Scarpelli, il legale che per conto dell’Adusbef ha difeso la società e i suoi fideiussori: «Le banche nel corso degli anni hanno capitalizzato gli interessi passivi sui conti correnti a seguito di concessione di fidi bancari, in violazione della legge Questa prassi è stata applicata da tutti gli istituti e questo significa che tutti coloro che hanno avuto fidi bancari prima del 22 aprile 2000, quando c’è stata una regolamentazione legislativa, possono richiedere alla propria banca le somme pagate ingiustamente».
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