E lo stalking si sgonfia in aula
Non diffuse video hard né molestò la sua ex: prosciolto un venticinquenne
Si fa presto a dire stalking, sfilare in corteo e dare addosso al maschio prepotente (o, viceversa, accusare la donna troppo invasiva) perché, a causa della recente approvazione del reato, mancano ancora statistiche serie.
Se ci fossero, ci accorgeremmo che i casi finiti in nulla, magari dopo essere montati sulla stampa, non sarebbero pochi o, addirittura, potrebbero essere la maggior parte.
La vicenda di Federico Molinari, un venticinquenne del Cosentino, finito alla sbarra in seguito alle accuse della sua ex, ha fatto il giro del web e potrebbe essere esemplare.
Il ragazzo è finito nei guai a fine 2014, quando la sua ex lo ha denunciato per tutte quelle cose che nella vecchia versione del Codice penale erano perseguite in maniera pesante: molestie, anche telefoniche, insulti e pedinamenti. Solo che, ora che il reato parla inglese e si chiama stalking, basta poco ad avere guai seri, anche quando le accuse risultano infondate.
Ma per Federico la denuncia per stalking rischiava di essere il meno: nata come dramma della gelosia, la storia ha preso una piega boccaccesca. Infatti, nello stesso periodo, ha fatto la sua brava comparsa in rete, attraverso un profilo facebook farlocco, un video porno amatoriale, in cui la ragazza è immortalata mentre pratica un rapporto orale al suo ex. Segno che la coppia era scoppiata dopo aver fatto faville.
Sulla carta, per fortuna del 25enne rimasta tale, ce n’era di che procurare guai seri all’imputato. Ma nel dibattimento davanti al giudice monocratico di Cosenza – dove la difesa, rappresentata dagli avvocati Eleonora Socievole e Vittorio Lombardi, si è battuta senza esclusione di colpi – non è emersa alcuna prova decisiva.
Niente pornodiffamazione, perché, così hanno stabilito i periti, il video non è stato divulgato dal ragazzo sotto mentite spoglie, come invece in prima battuta sosteneva l’accusa. Niente stalking, perché dai tabulati e dai messaggi telefonici non è emersa alcuna volontà di persecuzione e non è emerso neppure granché dalle testimonianze rese in aula. Difatti anche la Procura si era orientata verso il proscioglimento del ragazzo con formula dubitativa. Tuttavia la difesa ha chiesto la formula piena. Che è arrivata puntuale, nonostante la requisitoria della parte civile, rappresentata da Pio Micieli De Biase.
Questa vicenda ha una morale semplice, espressa con efficacia dai legali di Federico: «Ormai la parola stalking viene usata nel linguaggio comune senza distinguere tra una reale persecuzione ed un confronto tra ex fidanzati che provano a recuperare un rapporto sentimentale». Come a dire che anche chi alza un po’ la voce in una discussione in cui ci sono di mezzo i sentimenti può passare per stalker.
Dicendo questo non si vuole minimizzare la pericolosità di certi comportamenti beceri, per i quali è stato creato il nuovo reato. Ma è chiaro che certe accuse vanno fatte con cura: è facile, specie se si considera l’indignazione e l’allarme sociale, distruggere la privacy, la vita e la reputazione altrui sulla base della semplice interpretazione di comportamenti. Il che è diverso, va da sé, dai casi di reale pericolosità, che spesso sfociano in dramma: se questi ultimi non sono impediti non è per un problema di leggi, ma di procedure, che legano letteralmente le mani ai tutori dell’ordine.
Inasprire i reati o crearne nuovi, quando bastava applicare quelli che c’erano già, può servire a poco, se non ad aumentare il carico degli uffici giudiziari. Com’è avvenuto in questo caso e come, c’è da scommettere, avverrà in tanti altri.
Forse è vero: il troppo garantismo ha impedito di prevenire tragedie. Ma è sicuro che l’eccesso opposto, la facilità con cui si formulano certe accuse, crea farse che potrebbero diventare drammi che solo il buonsenso di chi giudica riesce a sventare. A volte.
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