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Adozioni sospette: in Russia si riaprono vecchie ferite

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Un talk show russo punta le telecamere su Nadezhda Fratti, finita sotto processo a inizio millennio col sospetto di traffico di minori verso l’Italia (e non solo) e poi condannata per documenti falsi. A oltre venti anni dalle polemiche e dai veleni, esplosi anche da noi, e a quindici anni dalle sentenze definitive, gli inquirenti russi vogliono di nuovo scandagliare una vicenda che ha ancora molti punti da chiarire

Ce ne sono a centinaia in tutte le città: hanno cognomi italianissimi ma, spesso, nomi russi o, comunque, slavi: Serghej, Dimitri, Katiusha e il classico Svetlana.

E non perché i loro genitori siano nostalgici del mondo sovietico o russofili a vario titolo. Il più delle volte, anche i colori (dei capelli e degli occhi) che fanno a pugni con quelli del resto delle famiglie, tradiscono l’origine: questi ragazzi, oggi trentenni, hanno nomi russi perché sono russi.

Più precisamente, sono quei bambini (decine di migliaia) adottati in massa durante i terribili ’90, gli anni della crisi che seguì il crollo dell’impero sovietico. Solo in Italia, sono decine di migliaia e provengono in larga maggioranza dalla Russia, dove le prime adozioni sono iniziate a falce e martello appena ammainati.

Due denunce per Nadezhda Fratti

Siamo nel 2024. Una donna di quarantotto anni fa una dichiarazione choc in un programma molto seguito: il talk show di Andrey Malakhov.

La donna si chiama Natalya Zhitnikova, è originaria dell’oblast’ di Volgograd (la ex Stalingrado) e nel 1994, appena diciottenne, dà alla luce un bambino. Non lo vedrà mai perché, sostiene, le è stato rapito. Non è la sola denuncia né la più importante, in questa storia.

Di nuovo nel mirino: un’immagine recente di Nadezhda Fratti

Un’altra, che risale ai primi del 2000, innesca un’incredibile vicenda giudiziaria che si trascina ancora oggi. La fa Valentina Ivannikova, che in quel periodo cerca di adottare un bambino a Volgograd. Va più volte all’orfanotrofio e sbriga le pratiche. Quando tutto è pronto, il bimbo non c’è più. Già adottato da una coppia italiana, le dicono. Ivannikova sente puzza di bruciato e denuncia. E la faccenda viene presa in carico non solo dalla Polizia, ma anche dal Fsb, l’erede del Kgb. Segno che parecchie di quelle adozioni sono considerate sospette. Ma di cosa? E, soprattutto, cosa hanno in comune la denuncia postuma di Zhitnikova e quella di Ivannikova?

Innanzitutto il soggetto: Nadezhda Fratti, una quarantenne (all’epoca dei fatti) con doppia cittadinanza, russa e italiana.

Dalla Russia con amore (e ritorno): Nadezhda’s story

Facciamo un altro passo indietro. Siamo a Volžskij, un’importante città dell’oblast’ di Volgograd, in piena era Gorbaciov.

Lì un importante consorzio di aziende italiane specializzate in impiantistica e metalli sta realizzando le infrastrutture per una mega azienda siderurgica. Attorno a queste imprese si crea una comunità di circa cinquemila italiani, tra ingegneri, tecnici e maestranze. Tra di loro c’è l’ingegnere Cesare Fratti.

Durante i lavori (che durano quindici anni, dal 1986 al 2001) Fratti conosce Nadezhda Shchelgacheva, una giovane donna che fa la gruista.

Questo dato curioso, una donna gruista, non deve stupire più di tanto: nell’Urss, da Stalin in avanti, l’emancipazione femminile è piuttosto turbo. Perciò non è infrequente trovare muratrici, minatrici e camioniste. Una gruista può davvero essere il meno.

Un po’ di Ostalgia: la skyline sovietizzante di Volgograd

I due si sposano e, nel giro di tre anni, si trasferiscono nel Modenese. La donna, a questo punto, cambia mestiere: fonda un’associazione, L’Arcobaleno, e fa su e giù dall’Italia alla Russia meridionale per gestire la sua nuova attività: intermediatrice nelle adozioni internazionali.

Un recente servizio televisivo, sempre collegato al talk show di Malakhov, rivela che Fratti ora si trova a Perm’, un’importante città industriale della Russia Europea Orientale, dove gestisce un’agenzia che si occupa di traduzioni e permessi di soggiorno. Intervistata dall’inviato Alexander Kozyavin, la donna ha dichiarato con una certa veemenza di non avere più a che fare col sistema delle adozioni.

Sarà senz’altro vero. Ma allora, perché, a oltre vent’anni dai suoi vecchi guai giudiziari, Nadezhda Fratti è finita di nuovo nel mirino degli inquirenti russi?

Affaire Fratti: un’inchiesta inquietante tra due mondi

I sospetti del Fsb sulla italo-russa sono pesantissimi: oltre mille bambini russi sarebbero usciti dai confini patrii in maniera fraudolenta, grazie ai buoni uffici di Fratti.

Ad ogni buon conto, ecco le adozioni mediate da Nadezhda Fratti area per area dal 1993 al 2000 nella stima degli 007 russi:

  • 558 bambini dall’area di Volgograd
  • 352 dalla regione di Perm’
  • 330 dalla Repubblica di Komi.

La donna finisce subito in manette e, ovviamente, al centro di un tritacarne mediatico senza pari, tra Russia e Italia, sebbene l’inchiesta a suo carico in origine riguardasse solo quaranta casi. In particolare, da noi partono lancia in resta Corriere della Sera e Repubblica, che fanno una gran confusione, a partire dal nome della signora, storpiato in tutti i modi (il Corriere riporta E. Frati, Repubblica Nadia Frati).

Ma lo scandalo è fortissimo, tanto più che la signora Fratti è accusata di aver intascato cinque milioni di lire dell’epoca a bambino, e le famiglie adottive si affidano ai legali e annunciano querele. In particolare, Maria Chiara Morabito, avvocata del Foro di Roma, ribadisce che i soldi versati dalle famiglie sono trasparentissimi e persino deducibili dalle imposte. Anche gli avvocati russi della donna, Alexandrovich Ladiaghin e Nicolai Andleevich Beikesh, entrano a gamba tesa nel dibattito italiano: la nostra assistita, asseriscono, è stata fermata senza una vera prova a suo carico.

Il processo parte comunque presto: il fermo risale a febbraio 2001, le prime sentenze di proscioglimento del Tribunale di Volgograd all’aprile 2002.

A settembre, la Procura generale russa impugna e ottiene il rinvio del processo a un’altra corte, sempre nella ex Stalingrado.

Stavolta la situazione cambia: il giudice federale Sergei Boyarov emette una serie di condanne, a carico della signora Fratti e di sue tre presunte complici.

Sono Valentina Gerusova, ex ispettrice del Comitato regionale della pubblica istruzione, Antonina Tekucheva, primaria dell’Orfanotrofio nel centro regionale di Mikhailovka, e Tatyana Chaplina, direttrice dell’orfanotrofio del Distretto di Kirov a Volgograd.

La statua della Grande Madre Russia a Volgograd

In questo ultimo processo, cadono le accuse più importanti (e inquietanti): ad esempio il traffico dei minori e l’eventuale violenza su di essi. E non si dà alcuna risposta a una vecchia ipotesi, mai confermata ma purtroppo neppure smentita in via ufficiale: l’uso di alcuni di questi bambini come donatori di organi…

Restano in piedi le accuse di falso e corruzione, che costano sette anni a Fratti, Tekucheva e Chaplina. Tuttavia, anche di queste pene, tra decorrenze dei termini e prescrizioni resta poco. L’italo-russa ottiene la sospensione della pena con obbligo di soggiorno a Volžskij, la sua ultima zona di residenza. Pena sospesa e basta per Gerusova e Chaplina, tre anni di libertà vigilata a Tekucheva, condannata essenzialmente per aver preso tangenti.

Tra un appello e l’altro si arriva al 2010, le quattro donne escono dall’aula praticamente a piede libero e tre di loro si dicono pronte a impugnare.

I numeri mostruosi: la Russia come adottificio

Come mai i russi, superato il giro di boa del millennio, hanno acceso i riflettori sul sistema delle adozioni con un’attenzione spasmodica, che a volte rasenta l’ossessione? I numeri, come sempre aiutano a capire meglio. Tanto più che sono mostruosi.

La crisi economica dell’Urss travolge tutto e tutti, genera almeno due stati in grave dissesto finanziario (Ucraina e Federazione Russa) e si traduce in crisi demografica e, soprattutto, collasso delle strutture sociali.

La fine dell’assistenzialismo statale sovietico provoca un aumento di famiglie borderline. Si calcola, al riguardo, che negli anni ’90 siano finiti negli orfanotrofi almeno 220.000 bambini, provenienti da coppie irregolari o da famiglie disfunzionali (spesso per problemi gravi di alcolismo). Circa 80.000 tra loro sono stati dichiarati adottabili.

Solo a inizio millennio emergono le falle e partono inchieste nei confronti di 131 associazioni considerate illegali. A questo punto, le autorità provano a mettere qualche toppa con una normativa restrittiva, che mira a favorire le adozioni nazionali, cioè da parte di cittadini della Federazione.

Ma la strada si rivela in salita: nel 2000 i bambini adottati da coppie russe sono 7.000, quelli all’estero ancora 6.200.

Con tutta probabilità, solo la successiva crescita economica della Russia ha stabilizzato la situazione.

L’anchor man Andrey Malakhov

Genitori e figli: Malakhov alla carica

Classe ’72, laurea in giornalismo a Mosca e specializzazione in Michigan, quindi altra laurea in legge in Russia, Andrey Malakhov è una star del piccolo schermo nel suo Paese.

Mattatore per decenni di varie trasmissioni, ora conduce Malakhov, un talk show omonimo sul canale Rossjia, con cui dà battaglia da mesi sulla storia di Nadezhda Fratti.

L’obiettivo di tanto accanimento apparente è più nobile della ricerca dello scoop (anche se di scoop Malakhov e il suo staff ne fanno tanti): far incontrare i parenti naturali con gli ex bambini degli anni ’90 che vivono in Italia.

Il format è assai particolare: mescola la tv delle lacrime (il riferimento italiano è C’è posta per te) con l’inchiesta dura e pura (Chi l’ha visto? e Report) in un talk show dai tempi serrati e dal linguaggio aggressivo.

Gli ostacoli, per questo modo biturbo e piuttosto invasivo di fare tv, non mancano: nel caso degli adottati di trent’anni fa, la normativa italiana a tutela della privacy alza il classico muro. Se questi non vogliono, non c’è nulla da fare.

Ne sanno qualcosa anche i rappresentanti di varie associazioni italiane di adottati che vorrebbero conoscere i loro genitori naturali: di fronte all’eventuale rifiuto di questi ultimi, le migliori intenzioni non servono.

Ad ogni conto, tra un colpo di scena e l’altro (ad esempio, un’intervista drammatica a Valentina Gerusova), Malakhov attira l’attenzione di qualcuno che conta…

Il capo del Comitato investigativo russo Alexander Bastrykin

Adozioni borderline: una nuova inchiesta?

I dibattiti aspri e le inchieste dure del talk show russo non passano inosservati. Alexander Bastrykin, il capo del Comitato investigativo russo, ha ordinato prima la verifica delle dichiarazioni fatte durante Malekhov e altre trasmissioni in cui si parla di adozioni.

Quindi Bastrykin ha chiesto l’esame degli atti della vecchia inchiesta a carico di Nadezhda Fratti ai capi dei distretti giudiziari di Volgograd, Prem’ e della Repubblica di Komi.

In questo caso, l’ostacolo potrebbe essere più grosso: superare con eventuali nuove notizie di reato il principio del ne bis in idem, secondo cui una persona non può essere giudicata più volte per lo stesso fatto.

Per quel che riguarda Fratti, ci sono varie assoluzioni e una condanna, tutte in sentenze definitive. Gli inquirenti russi dovranno muoversi sul classico terreno minato per valutare le vecchie indagini e capire se si era fatto davvero tutto quel che si poteva e doveva.

Ce n’è abbastanza per continuare a seguire questa vicenda che appassiona come un thriller vecchia maniera.


[Ps: L’IndYgesto condivide l’idea di consentire a chi lo desidera di conoscere i propri parenti naturali. Perciò, cercherà di muoversi in questa direzione nell’assoluto rispetto delle norme italiane a tutela della privacy.

Per maggiori informazioni, contattateci a: redazione@indygesto.com e direttore@indygesto.com .

Chi scrive desidera ringraziare Elena Semina e Ugo Pellicanò per l’aiuto nel reperimento delle fonti in lingua russa.

Un ringraziamento speciale a Elena Bystrova, caporedattrice di Malekhov.]

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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