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Pino Aprile al Parco della Grancia

Terroni in crisi, implode il partito di Pino Aprile

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Dopo lo stop in Calabria e il magro risultato a Napoli nasce la fronda nei confronti del giornalista pugliese. Ma il problema non riguarda solo il Movimento 24 agosto-Equità territoriale: tutta l’area sudista e neoborbonica è in pieno riflusso

È guerra tra i terronisti del Movimento 24 agosto-Equità territoriale.

Lo conferma, da ultimo, Veleni e ricorsi, implode il movimento dei “Sudisti” un articolo di Antonio Menna pubblicato lo scorso 17 novembre da Il Mattino.

Fotografiamo un dettaglio: l’ampio spazio concesso, con tanto di richiamo in prima pagina, dal più importante quotidiano del Sud alla polemica interna di un partitino che ha dato una prova a dir poco misera (il ritiro del simbolo alle Regionali calabresi e circa mille voti alle Amministrative di Napoli) è indice di un forte distacco della stampa mainstream nei confronti del sudismo.

L’articolo di Antonio Menna su Il Mattino

Un distacco che data almeno da alcuni mesi, marcato da step importanti, quali la diminuita generosità nel concedere spazi alle figure di spicco di quest’area e la parziale inversione a u su alcuni temi.

Per chiarire: fino a oltre un anno fa, Il Mattino era sin troppo generoso nel concedere spazi a personalità come Gennaro De Crescenzo, il presidente del Movimento neoborbonico, e le sue firme storiche, Marco Esposito e Gigi Di Fiore, erano in prima linea nel sostenere le tesi attorno a cui si sono coagulati i nuovi movimenti meridionalisti.

Poi è arrivata la parziale inversione a u di Esposito, che nel suo Fake Sud (2020) ha ridimensionato non poco la sua tesi sullo scippo finanziario a danno del Mezzogiorno, si sono ristretti gli spazi concessi ai terronisti e il dibattito culturale de Il Mattino è diventato più equilibrato.

Dell’altro rifugio sudista, La Gazzetta del Mezzogiorno, non è il caso di parlare: travolto da una grave crisi finanziaria, il quotidiano pugliese è sparito dalle edicole e tutto lascia pensare che la sua nuova edizione avrà una linea meno condizionata dall’ex direttore Lino Patruno, anche lui in prima fila nelle battaglie terroniche.

Se l’editoria che conta fa così, vuol dire che c’è aria di normalizzazione.

Cambio di passo

La fine dell’era de Magistris a Napoli ha comportato anche l’eclissi parziale del terronismo, che si propaga a cascata in tutto il Sud.

Già: l’ex sindaco, eletto fuori e in buona misura contro i partiti, si è rifugiato in Calabria, dove ha dato una prova elettorale brillante ma non di successo. Eppure proprio attorno alla leadership dell’ex re di Napoli si è consumato il collasso del M24a-Et, il partitino battezzato a Cosenza da Pino Aprile ad ottobre 2019, con l’ambizione di coagulare tutti gli ambienti neomeridionalisti e di trasformare una polemica culturale in una proposta politica.

Il “battesimo” del Movimento 24 agosto-Equità territoriale a Cosenza

Ora di questo partitino non è rimasto granché e le polemiche interne fanno più rumore delle proposte esterne.

Di più: gli ex fedelissimi come il giornalista pugliese Raffaele Vescera e il lucano Nicola Manfredelli, che hanno animato per anni le pagine social di Aprile, sono diventati avversari dell’autore di Terroni, che nel frattempo ha assunto la direzione delle testate calabresi LaC (tv e giornale online) e ha messo un po’ in secondo piano il terronismo in favore dell’antimafia a fianco del super pm Nicola Gratteri.

Il crac di M24a-Et è esploso in Calabria e, giurano gli ex seguaci dello scrittore pugliese, sarebbe dovuto proprio alla sua decisione di accettare la direzione di una testata giornalistica professionale, molto seguita ma considerata legata al sistema di potere del Sud profondissimo.

La crisi interna al partito, intanto precipita: i vertici hanno commissariato di recente quasi tutti i circoli locali, tranne quello calabrese.

Baruffe terroniche

Come tutti i partitini 4.0, il Movimento 24 agosto mima in piccolo la dinamica politica del M5s: comunicazione d’impatto, grandi numeri sulla rete, strutture fisiche inesistenti, organigramma minimale e attivismo soprattutto virtuale.

Roba con cui si può fare anche il botto ma con cui si rischia anche di quagliare poco, come dimostra la parabola elettorale dei grillini.

Di questo problema si sono accorti quasi da subito i colonelli di Aprile, che avevano invocato inutilmente la convocazione dell’assemblea generale di M24a per dotare il partito di un’organizzazione solida. Allo scopo, ha ricordato l’ex responsabile siciliano Franco Calderone in un’intervista al giornale online I Nuovi Vespri (leggi qui), si è fatta leva su una norma dello Statuto, che impone la convocazione dell’assemblea generale non appena gli iscritti superano il migliaio.

Franco Calderone, l’ex responsabile siciliano del partito di Aprile

Questa necessità era impellente già nell’autunno 2020, quando il Movimento aveva quasi triplicato la soglia legale con circa 2.800 tesserati. Tuttavia, le esigenze elettorali premevano e mancava il regolamento dell’assemblea.

Ma le cose precipitano a maggio, quando, come anticipato sopra, Aprile diventa direttore di LaC. Sulle pagine social di vari iscritti e simpatizzanti iniziano le prime critiche, alcune piuttosto pesanti, per questa scelta.

Non è il caso di approfondire troppo. Qui ci basta dire che tutte le critiche si riassumono in una sola parola: incompatibilità.

Aprile come Berlusconi?

Secondo vari militanti, Pino Aprile non poteva (né può) essere contemporaneamente direttore di testata (a meno che non sia un organo di partito, ma non è il caso di LaC) e presidente del Movimento.

Già: se Berlusconi fu costretto a creare il blind trust per separare, almeno formalmente, le reti ex Fininvest dalla sua persona, perché Aprile può continuare nel doppio ruolo?

E il giornalista pugliese trova la quadra: si dimette. Ma le sue sono dimissioni provvisorie: l’assemblea non viene convocata e comunque un frontman sostituto non si trova.

Intanto, Luigi de Magistris ha confermato la sua scesa in campo nelle Regionali calabresi e fila come un treno in tutto il territorio.

Luigi de Magistris, l’ex sindaco di Napoli

Dell’iperattivismo del sindaco di Napoli sembra beneficiare anche M24a, che prima stentava a trovare candidati disposti a mettersi in gioco e ora ha il problema opposto: sfoltire gli aspiranti candidati, che potrebbero riempire tre liste.

Parrebbe che l’alleanza con de Magistris, propiziata proprio da Aprile, galvanizzi gli animi dei calabresi. Non a torto: il sindaco di Napoli, circa quindici anni fa, era sostituto procuratore a Catanzaro e protagonista, in tale ruolo, di inchieste importanti sulla classe dirigente dell’epoca.

Inoltre, l’amministrazione de Magistris ha dato molto spazio, proprio a Napoli, a neoborbonici, sudisti e neomeridionalisti. In pratica, i presupposti per un matrimonio quasi d’amore c’erano. Ma solo i presupposti.

La notte dell’Innominato

Ti consegno Lucia, anzi no. È uno dei voltafaccia più celebri della letteratura mondiale. Solo che de Magistris non è un hidalgo da quattro soldi alla don Rodrigo e Pino Aprile non ha la grandeur tragica dell’Innominato.

Infatti, a differenza dei Promessi Sposi, la storia finisce proprio male. Però, come nel romanzo, la conversione accade in una notte, almeno a sentire alcuni protagonisti di questa storia complicata.

Di preciso, nella notte tra il 19 e il 20 agosto 2021, che rischia di passare alla microstoria di M24a come dies nefastus, cioè data infame.

Pino Aprile, direttore di LaC e (ex?) di M24a-Et

La sera del 19, o giù di lì, durante una videoconferenza i capataz del Movimento stabiliscono che si correrà con de Magistris. Poi, per dirla con Guareschi, contrordine compagni: il 20 agosto esce un comunicato con cui M24a dichiara di prendere le distanze da de Magistris e di voler correre da solo.

Molto da solo, perché parecchi rappresentanti e militanti non gradiscono la scelta. Di cui, tra l’altro è impossibile scoprire l’autore. C’è chi giura, però senza prove, che l’abbia presa proprio Aprile. E c’è chi si spinge ad accuse più pesanti nei confronti dei vertici calabresi, a cui viene attribuito il tentativo di portare M24a a destra. Cioè nelle braccia di Roberto Occhiuto, il campione del centrodestra.

Anche questa, in assenza di prove, è un’illazione che però si basa su indizi non proprio evanescenti: tra i dirigenti calabresi del Movimento apriliano figura Paolo Mandoliti, un impiegato della Regione Calabria vicinissimo politicamente alla famiglia Occhiuto (nel 2016 fece ricorso alla Giustizia amministrativa per candidarsi alle Amministrative al fianco di Mario Occhiuto, ex sindaco di Cosenza e fratello maggiore di Roberto).

Fine infelice

Dopo il rigetto dell’alleanza, sei terronisti si sono comunque candidati nelle liste di de Magistris senza il simbolo: tra loro spicca Amedeo Colacino, ex sindaco di Motta Santa Lucia e già protagonista di una crociata lunga e sfortunata contro il Museo Lombroso di Torino, accusato di razzismo antimeridionale.

Amedeo Colacino, l’ex sindaco di Motta Santa Lucia

Sappiamo com’è andata a finire: senza simbolo e senza supporti mediatici, nessuno di loro è stato eletto. La stessa coalizione di de Magistris, a dispetto di una buona performance in campagna elettorale, ha portato a casa solo due consiglieri.

La mazzata più pesante è toccata a M24a: le polemiche sono continuate e gli iscritti si sono dimezzati. Lo testimoniano anche le pagine social del partitino, che si sono quasi fermate.

L’ultimo scontro è avvenuto il 31 ottobre a Napoli, quando si è riunito l’ultimo direttivo del Movimento, durante il quale sono volate pezze di tutti i tipi.

La normalizzazione

Passato il santo, passa la festa: de Magistris, privo di ruoli istituzionali, cerca di capitalizzare la sua recente esperienza per fondare un partito d’ispirazione meridionalista.

Ma in generale tutto lascia pensare che il sudismo non avrà troppo spazio. Napoli è tornata in mano al Pd e in Calabria si è confermato il centrodestra, inclusa la Lega, che gli apriliani volevano cacciare a calci.

Gli stessi neoborbonici stanno tornando nelle loro nicchie originarie, mentre una parte dei militanti di M24a annuncia azioni legali.

Potrebbe essere l’inizio della fine di un ambiente culturale nato nel bel mezzo della peggiore crisi istituzionale ed economica del Sud dal secondo dopoguerra.

Molto rumore per nulla? Forse sì. Ma peccato, almeno per tutti quelli che, in buona fede, hanno aderito a questa strana area d’opinione e si sono esposti. E forse, peccato anche per il Sud, che almeno una voce in più l’aveva. Bizzarra quanto si vuole, ma pur sempre una voce.

Resta solo la curiosità di sapere come andrà a finire…

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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