Io artigiano delle note, Flavio Giurato si racconta
Il cantautore romano fa il punto sulla sua carriera, alla luce del nuovo album e di un libro autobiografico scritto a quattro mani con Giuliano Ciao
Flavio Giurato ha iniziato negli anni ’70 come autore per altri artisti. Poi, quasi a fine decennio, la svolta solista con l’album esordio Per futili motivi, pubblicato nel ’78, da Dischi Ricordi.
Il successo arriva quattro anni dopo con Il tuffatore (Cgd 1982), che delinea assieme a Marco Polo (1984) la prima parte della carriera musicale del cantautore romano.
A questo exploit è seguita una lunga pausa, spezzata solo da alcuni documentari. La ripresa avviene diciotto anni dopo con l’album live il manuale del cantautore (Vitaminic 2002), che verrà rieditato cinque anni dopo con l’aggiunta di brani inediti in studio.
Seguono La scomparsa di Majorana (2015) e Le promesse dal mondo (2017).
Lo scorso anno Giurato pubblica Nuovo Marco Polo in versione digitale, seguita a inizio 2021 dalla copia fisica. Le novità non finiscono qui: a fine 2020 è uscito per la Crac edizioni il libro di Giuliano Ciao, Flavio Giurato – Le goccia di sudore più duro. Una freschissima last minute si aggiunge al curriculum denso del nostro: il romanzo Nuovo Marco Polo, pubblicato recentissimamente da Tic
Nel libro di Ciao racconti l’urgenza artistica che ti ha sempre ispirato. La tua, come hai dichiarato, è musica d’artigianato. Come si differenzia da quella prodotta in serie?
La bottega artigiana ha il rapporto con il territorio, che è importantissimo. E ha un‘organizzazione diversa da quella industriale: ha i suoi apprendisti che tratta male ma che difende all’occorrenza. É diversa la scansione del tempo: nell’industria il tempo è marcato e preciso. Perciò il modo di fare i dischi è diverso. Il lavoro dell’artigiano si tramanda mentre nell’industria si può cambiare di giorno in giorno. Questo non toglie che il lavoro industriale possa essere significativo. Quando lavoro non faccio alcun uso di metronomo, perché il tempo lo decido io. Altrimenti che cosa ci sto a fare?
Marco Polo è un disco che hai definito di natura esistenziale. Un occidentale in oriente. Ma non è sempre una tematica ancora contemporanea? O avviene più spesso il contrario al momento?
Se succede il contrario bisogna chiederlo a chi viene dalla strada opposta alla nostra. Per me è una tematica sempre più attuale. Noi abbiamo avuto un approccio all’oriente da cartolina, ma non va bene. Bisognerebbe avvicinarsi con uno sguardo più filosofico o esistenziale. Questa è stata la prospettiva attraverso la quale ho lavorato per questo disco.
Le copertine dei tuoi dischi sono di Claudio Lorenzetti. Da cui escono elementi particolari. C’è qualche connessione coi contenuti? E comunque, quanta importanza può avere la copertina per un disco?
Se chiedi a me che provengo dalla cultura dei vinili, ti dico che c’era un gestualità scomparsa che ora sta ritornando di moda. La copertina diventa un tutt’uno con il disco e genera una forma d’arte a sé. Ciò non toglie, tuttavia, che anche sul piccolo formato non si possano creare copertine interessanti.
La tua produzione è divisa in due trittici: uno analogico e l’altro adeguato all’era digitale. Non ti pare di aver creato una saga? Come hai vissuto questo passaggio e come pensi di proseguire? E quanto ti hanno influenzato i contesti esterni?
Dopo tre dischi e tre cd, la logica richiederebbe il passaggio a tre copie liquide. Ma io credo nel supporto fisico e mi sembra assurdo non avere la tangibilità di una copia fisica. Nuovo Marco Polo è appena uscito in versione cd. La tecnica è il contesto esterno per eccellenza, che influenza senz’altro la produzione artistica. Ad esempio, la Nouvelle Vague non ci sarebbe stata se la Kodak non avesse prodotto la pellicola ad alta velocità Tri-x. Questa pellicola ha permesso di lavorare in alte condizioni di luce e ha reso possibile girare fuori dagli studios. È nato così il cinema fuori da Hollywood… ovviamente, l’esempio che ho fatto è ripetibile in tutti i settori artistici, inclusa la musica. Per quel che mi riguarda, continuerò a registrare senza l’uso del computer. Registrerò un disco in lingua inglese che meditavo di realizzare da anni. Sarà un lavoro impegnativo, sul quale sto riflettendo sin d’ora.
Che altri generi apprezzi? Ho letto che simpatizzi per la trap, tra l’altro…
Si certo: penso che questo genere abbia un potere di comunicazione vasto.
Recentemente è uscito il libro di Giuliano Ciao dal titolo Flavio Giurato-Le gocce di sudore più duro. Ne vogliamo parlare?
Non leggo molto quello che scrivono su di me. Forse è una forma di pudore. Per quanto riguarda la stesura non c’è molto da dire: Giuliano mi ha intervistato e dalle nostre chiacchierate sono venute fuori queste 400 pagine.
(a cura di Fiorella Tarantino)
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