Dalle stelle alle note, torna Coma Berenices
Archetype è il secondo album del duo campano, in bilico tra sonorità elettroacustiche e atmosfere siderali. Un viaggio sonoro metafisico tra richiami ancestrali e ansie di futuro
Archetype, uscito da poco per La Lumaca Dischi, è il nuovo lavoro discografico delle Coma Berenices, un progetto musicale campano composto da Antonella Bianco (chitarra elettrica e tastiere) e da Daniela Capalbo (chitarra elettrica, chitarra acustica e chitarra classica).
Una band dall’ispirazione mitologica e astrale. E non è un modo di dire, dato che il nome è ripreso da una piccola costellazione: la Chioma di Berenice, che a sua volta rinvia al mito greco della regina Berenice e del sacrificio della sua chioma come pegno ad Afrodite per il suo amore.
Le due artiste danno vita al loro progetto nel 2015.
L’anno seguente esce Delight, l’ep di esordio, registrato con Fabio Caliento alla batteria, e pubblicato da Slow Down Record. Nel giugno dello stesso anno, si unisce alla band il poliedrico batterista Andrea De Fazio, già nei Nu Guinea e nei Fitness Forever.
Nei primi mesi del 2019 iniziano i lavori per la seconda uscita ufficiale, a cui collabora anche il clarinettista Gabriele Cernagora. Le registrazioni dal vivo e i missaggi sono stati curati da Peppe De Angelis per il Monopattino Studio Recording di Sorrento (Na).
Archetype rimanda, come da nome, a radici concettuali e artistiche arcaizzanti (anche nel senso di originario) che richiamano aperture metafisiche e viaggi galattici.
I sei brani che compongono la raccolta risultano in bilico tra suoni acustici ed elettronica e sono carichi di giochi melodici e raffinatezze ritmiche.
Arché apre il disco con una melodia eterea, che richiama lo sguardo innocente di un bambino o di una donna vestita di bianco. Come ribadiscono le immagini del videoclip prodotto da Berenice Film, team creativo milanese attivo dal 2018 sotto la guida di Marco Longo e Fulvio Lombardi.
Keep Your Feet On The Stars Pt 1 e Keep Your Feet On The Stars Pt 2 sono due brani circolari: due facce della stessa medaglia, come il giorno e la notte, che proseguono l’uno nell’altra.
Il tempo della malinconia viene annunciato dal quarto pezzo, Silent Days. Le chitarre, con il supporto del clarinetto, ci avvolgono come un caldo futon.
In À l’improviste è impostato invece in crescendo.
Riyad conclude il percorso in una prospettiva luminosa. I numerosi slanci dei riff descrivono un’alba inondata di luce. La carica per un nuovo viaggio, per un nuovo giorno, per una nuova storia musicale e non solo.
Un eterno gioco di equilibrio tra l’azione e il pensiero, tra il movimento e la meditazione, tra la luce e il buio. Un continuo interscambio tra tristezza e felicità
Uno sguardo al passato ma proiettato verso il futuro in un disco denso di emozioni espresse con un linguaggio musicale puro, di difficile traduzione in parole. Le quali potrebbero risultare perfino ridondanti.
Da ascoltare (e da vedere):
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C’è un grande richiamo bucolico in queste musiche