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Concorso Dsga, la precisazione della signora Sparavigna

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Riceviamo e pubblichiamo la lettera con cui la signora Amelia Sparavigna, Dsga facente funzioni, ci spiega ciò che sapevamo già: non è lei l’autrice della polemica nei nostri riguardi. Ma comunque la condivide

Con rammarico sono costretta a smentire ciò che questo giornale ha pubblicato, con rammarico perché un po’ mi dispiace, mi è stata attribuita la paternità di una lettera che non ho scritto io.

La lettera mi sono limitata ad inviarla e basta, purtroppo e dico purtroppo non è il mio stile, magari avessi simili capacità. Ad ogni modo, chiedo che venga effettuata una correzione con delle scuse, per aver spiattellato il mio nome e cognome.

Non temo nessuno, sia chiaro, ma per correttezza chiedo una rettifica.

La lettera è stata voluta dal Comitato Dsga, comitato che ha raccolto ben 2000 firme. Un gruppo di lavoro molto coeso, ritengo non corretto tacere e assumermi un simile privilegio. Non capisco invece le offese e la rabbia di tanti giovani nei confronti del nostro gruppo.

Perché noi non abbiamo nulla contro, sono nostri figli, non è colpa nostra se lo stato si è disinteressato di tutti nel corso di questi anni. Ci tengo a sottolineare che ci sono i posti per tutti, quindi basta con questo astio e tutta questa cattiveria. Stabiliamo invece una tregua e se possibile un dialogo, che possa vederci uniti e camminare insieme, perché tutti abbiamo bisogno degli altri.

Amelia Sparavigna

Gentile Signora,

pubblico tal quale la sua lettera. Nel risponderle, cosa che trovo doverosa anche nei confronti dei lettori de L’InYgesto, mi permetto di ribadirLe un concetto che ho già espresso nella mia risposta precedente: mi sono rivolto a Lei in prima persona perché la sua e mail, che reca (come dovrebbe essere) il Suo nome, era l’unica fonte certa.

Dopodiché ho specificato che, in realtà, il documento inoltratomi da Lei è praticamente anonimo.

Nessun astio nei Suoi riguardi né alcuna voglia di darLa in pasto al pubblico del web, che, come si è accorta anche Lei, è particolarmente crudo. Di sicuro non da parte mia e dei colleghi di questo giornale.

Solo ora apprendo da Lei che la lettera, contenuta in un file pdf che non reca alcuna firma in calce, è stata voluta da un «Comitato Dsga, comitato che ha raccolto ben 2000 firme». Già. Ma queste firme a cosa sono relative? Per caso alla missiva da lei inoltratami? Se è così, prego tutti voi di inviarmi l’elenco completo, Perché, Lei m’insegna, firmare è una cosa importantissima e, quando si polemizza con la ferocia (ai limiti dell’insulto personale) della vostra lettera, diventa l’atto di coraggiosa onestà di chi mette la faccia nei propri gesti.

Detto questo, io posso benissimo porgerLe le mie scuse, cosa che a una signora non nego mai. Ma prima che da me queste scuse dovrebbe pretenderLe dai suoi colleghi (ben 2.000!) che l’hanno lasciata col cerino in mano.

Dirò di più: La prego di accettare non le mie scuse ma i miei ringraziamenti, perché grazie a Lei io e i lettori sappiamo che quella lettera non è l’estemporanea di qualche burlone ma un atto ben preciso che proviene da un gruppo non proprio piccolo di Suoi colleghi.

Dai quali, tuttavia, Lei più di me dovrebbe pretendere un’assunzione di paternità (e relativa responsabilità) del documento. Tanto più che alcuni di questi suoi colleghi si sono dissociati. Cito per tutti Diego Milan, che ha inviato a questo giornale una lettera con cui si dissocia dalla vostra missiva.

Per il resto: non sono di mio interesse le polemiche tra voi facenti funzioni e i concorsisti. A me basta ribadire un concetto: nessun articolo pubblicato da L’IndYgesto sulla vostra vicenda contiene affermazioni offensive e dietrologie ad personam. Mi sembra, e prego di smentirmi se così non fosse, di aver osservato in maniera più che scrupolosa i doveri di correttezza, perché, a differenza vostra, so benissimo che brutta bestia sia la comunicazione pubblica.

Mi permetta di censurare, per concludere, la Sua affermazione per cui «ci sono posti per tutti». Parliamo dello Stato, mica dell’albero della cuccagna. E parliamo di un concorso affrontato da molti, compresi non pochi suoi colleghi, con seri sacrifici, economici e di tempo. Non di una gag di Checco Zalone o di Antonio Albanese.

Già: come si devono sentire di fronte a questa affermazione, i candidati che sanno già di non aver passato gli scritti nelle cinque regioni che hanno già pubblicato le graduatorie?

Non è il caso di parafrasare Cetto La Qualunque: ’u pilu, ci insegna lui, sarà pure ppe’ tutti (ma tutti tutti!), le funzioni pubbliche no. Stavolta sarebbe davvero chiedere troppo, persino alla nostra Pa.

Un cordiale saluto,

Saverio Paletta

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