L’abito fa il monaco. E pure il politico
Nessuno vuol essere superficiale a tutti i costi e appiattire le sottigliezze della politica su quelle, spesso non meno infide, della moda. Ma se è vero che l’immagine è comunicazione, c’è da dire che i nostri leader, soprattutto quelli in gonnella, non se la cavano bene…
Per favore, nel parlare di politica evitiamo almeno un errore: pensare che ciò che conti sia la sostanza e il resto, a partire dall’immagine, solo contorno e accessoristica voluttuaria.
Al contrario: la cura dell’immagine, specie nella società contemporanea in cui le élite spesso non brillano per altre doti, è importante quanto i contenuti.
E il look e la moda non fanno eccezione, specie quando le donne aspirano a ruoli apicali, come si è visto nelle ultime Regionali, in cui leaderesse hanno tentato la conquista di altrettante regioni.
Impresa vincente in un caso (Jole Santelli in Calabria) e perdente per poco e con onore nell’altro (Lucia Bergonzoni nell’opulenta Emilia Romagna).
Non è il caso di entrare nel merito delle linee e delle scelte politiche, perché ci sono sin troppi specialisti che ci si azzuffano a ritmo continuo. Ma sul look delle due lady, Santelli e Bergonzoni, qualcosina da dire c’è.
Non prima di aver approfondito un concetto: la moda non è più un’arte servente, perché nella società globalizzata la comunicazione per immagini è vitale. La moda esprime visioni e concezioni, determina appartenenze e stili di vita. Più o meno come l’arte vera.
Se questo è vero, c’è da dire le due politiche hanno esibito outfit da suscitare l’ironia feroce della migliore Miranda Priestly (la superba e cattivissima Meryl Streep di Il Diavolo veste Prada).
Per rendere più comprensibile il discorso, è il caso di partire da Jole Santelli
Dio salvi Jole
Una sfortunata coincidenza? O semplicemente la presidente della Calabria ha scelto l’outfit decisamente meno azzeccato per presentazioni istituzionali?
Difficile dirlo con certezza, sebbene resti un dato: sono pochi i politici che hanno imparato in questi anni che tutto, anche il dettaglio più piccolo, contribuisce a creare la loro immagine pubblica, il proprio brand personale.
La perfidissima Miranda direbbe: «Chi cura il suo look?».O, per fare una citazione più precisa: «Non hai la minima idea dello stile e del senso della moda? No, no, non era una domanda…».
L’abito fa il monaco. Questo vale non solo per le persone comuni, ma anche e soprattutto per i soggetti politici, a cui occorre ricordare che l’immagine è un biglietto da visita, un mezzo per esprimere la propria appartenenza e un potente strumento di marketing.
Non lontano il look della Borgonzoni, che però riesce ad indossare un outfit casual e istituzionale in alcune occasioni (classico tailleur).
È il caso di segnalare a entrambe una dichiarazione della style coach Isabella Ratti:
«Vincere le elezioni – sia che si tratti di quelle per diventare il Presidente degli Stati Uniti, sia per diventare il Presidente del Consiglio italiano – è anche e soprattutto una questione di stile. Una delle armi più potenti per tutti coloro che vogliono acquisire la fiducia degli elettori è l’iconicità: rendersi riconoscibile attraverso uno stile ben preciso».
Probabilmente oggi molti nostri politici non hanno ben chiaro questo concetto. Ed è curioso che invece alcune lezioni di look provengano dalla cafona America: si pensi a icone come Michelle Obama o Jacqueline Kennedy, abilissime a esprimere il loro ruolo sociale attraverso l’immagine.
Già agli inizi del Novecento sociologi della moda come Simmel, sottolineavano come il vestiario fosse, soprattutto nelle civiltà capitalistiche occidentali, uno strumento per segnare la propria appartenenza a un gruppo sociale e per distinguersi al suo interno.
Più di recente c’è stato chi ha parlato di powerdressing, cioè del modo di vestire più adatto alle varie occasioni per il singolo leader politico, che può rivelarsi una vera e propria moneta nelle sue mani.
Il che vale soprattutto per le donne al potere, che su questo fronte devono sapersi tenere in equilibro: infatti, da un lato, il look rischia di assumere più importanza di quanto dovrebbe, fino a eclissare i messaggi o le azioni (ad esempio le politiche italiane, da Laura Boldrini a Virginia Raggi ed Elena Maria Boschi, sono state spesso al centro di dure polemiche scaturite proprio per le loro scelte di abbigliamento), dall’altro è tra gli strumenti più potenti per distinguere il proprio brand politico.
E’ il caso di dirlo, oltre al linguaggio, al modo di parlare e di muoversi, al taglio di capelli e alla lunghezza della barba, nella ricetta per il successo c’è anche una buona dose di lezione di stile.Allora cari politici, correte ai ripari.
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