Dal pop all’elettronica, la parabola di Nicolò Carnesi
Dalle colonne sonore per i suoi cortometraggi all’elettropop dei Paradisi Artificiali e l’approdo alla carriera solista con cui il cantautore tocca sonorità ispirate alla sci-fi. Tutto in un’intervista…
Appassionato di cinematografia, Nicolò Carnesi si avvicina al mondo musicale attraverso la composizione di colonne sonore per i suoi cortometraggi.
Il 2007 è l’anno della fondazione dei Paradisi Artificiali, nome ispirato da Charles Baudelaire. Le sonorità sono un mix tra musica elettronica e cantautorato italiano.
Nel 2013 prende parte a Meraviglioso Modugno, concerto omaggio che si tiene a Polignano a Mare e a cui partecipano Silvestri, Mannarino, Turci, Servillo. Nel 2011 Carnesi inizia il suo percorso solista con il singolo il colpo e l’ep Ho poca fantasia per l’etichetta Malintenti. L’anno successivo arriva il primo disco: Gli eroi non escono il sabato, con la Brunori Sas come ospite.
Ho una galassia nell’armadio è il suo secondo lavoro da solista del 2014. Prodotto da Tommaso Colliva, ospita fra gli altri Roberto Angelini, Rodrigo D’Erasmo e la sezione ritmica dei Selton. Dopo due anni regista il terzo disco, Bellissima Noia. Ultimo lavoro è il disco Ho bisogno di dirti domani, uscito per Porto Records.
Il tuo disco parla del tempo. Il presente è indefinibile, può mutare a causa del passato e del futuro. E come avviene il Ritorno al Futuro?
Il tempo, più che essere protagonista, in questo disco rappresenta un fondale sul quale si diramano le storie narrate dai singoli pezzi. Queste storie hanno a che fare con la proiezione che hai col momento in cui esisti, pensi e agisci. Il presente, che non è mai tangibile proprio perché proiezione nelle due uniche direzioni possibili: passato e futuro. È la base delle nostre percezioni.
Come definiresti passato e futuro attraverso il tuo disco?
Passato e futuro sono proiezioni e astrazioni. Le nostre percezioni del passato assumono la forma della nostalgia e della malinconia. A sua volta il futuro essendo indeterminabile se non attraverso l’immaginazione, fa subentrare un altro sentimento molto forte che è l’ansia. Di questi sentimenti sono intrisi i nuovi pezzi. L’unione tra i tre tempi rappresenta il nostro istante. L’essere umano probabilmente riesce a fare più cose rispetto agli esseri animali perché capace di astrarre. Il tempo noi lo percepiamo come ad esempio i cani, però noi riusciamo a teorizzarlo.
Anche Motel San Pietro parla del tempo, ma non rientra tra le tracce del nuovo disco. È una sorta di prequel, essendo uscito cronologicamente prima?
Anche se cronologicamente anteriore, Motel San Pietro potrebbe essere invece considerato un sequel del nuovo disco: è il finale di Ho bisogno di dirti domani. È una storia d’amore senza tempo: si tratta solo di due anime che vagano nei millenni. Il risultato di queste canzoni e non la causa.
Tempi e suoni psichedelici danno un tono fantascientifico al tuo disco. È questa la funzione della musica meno pop e più elettronica?
Si, questo è un discorso voluto: non a caso ho usato dei synth e degli effetti sulla voce. Ho snaturato la voce per dare una sensazione di atemporalità, di qualcosa che accade qui ma anche in un’altra struttura spazio-temporale. Strumenti e tecniche che portano verso una direzione futuristica e non nostalgica.
Lo stile musicale di Ho bisogno di dirti domani è un po’ un ritorno alle origini. Ai tempi di Paradisi Artificiali. Raccontaci la tua evoluzione.
Non mi sono mai posto delle regole nella scrittura della musica. Ho sempre avuto interesse alla sperimentazione elettronica, anche se qualche volta la metto da parte. In questo caso il tipo di narrazione lo richiedeva e perciò ho ripreso un pezzo che era già parte della mia vita artistica.
(a cura di Fiorella Tarantino)
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