Legalità e 007, parla l’ex numero due del Sisde
Il prefetto Carlo Mosca, già vicedirettore del Servizio Segreto civile, racconta l’evoluzione della normativa sugli “spioni” durante il Master in Intelligence dell’Unical
«Dal 1977 il diritto è entrato formalmente a disciplinare l’attività dell’intelligence ponendo dei limiti ai comportamenti degli operatori dei Servizi. Fino ad allora il diritto era quasi considerato un impedimento alle attività dei Servizi».
Forse qualcuno storcerà il naso. Ma se queste affermazioni le fa uno come Carlo Mosca c’è poco da fare, perché la fonte è a dir poco autorevole.
Prefetto di carriera ed ex vicedirettore del Sisde (per la precisione, dal ’94 al ’96), Mosca è più che un addetto ai lavori. E lo ha ribadito nel suo intervento al Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri.
È vero, tuttavia: i Servizi evocano, nel bene e nel male, l’idea di una discrezionalità assoluta e spregiudicata, alla quale ci hanno abituati non poche narrazioni, contenute in corposi filoni giornalistici, letterari, cinematografici e, da qualche anno, storici (ed era ora…).
Ma Mosca ha ribadito un concetto importante: «La democrazia è potere visibile, dove la trasparenza deve essere la regola e la segretezza un’eccezione limitata ai casi espressamente previsti dalla legge». Ne segue che «i comportamenti degli operatori dell’intelligence sono legittimi quando vengono finalizzati alla sicurezza della Repubblica, i cui principi rispondono a tre canoni: il rispetto degli altri, l’osservanza della legalità, la salvaguardia del bene comune».
Ovviamente, in questo caso il concetto di legalità è elastico e sfuma quasi nella legittimità, come ricorda una sentenza della Consulta, la numero 86 del 1977, pronunciata proprio in concomitanza della riforma, che avrebbe soppresso il Sid e l’Uaarr e istituito il Sismi e il Sisde: l’attività dei Servizi, quando rispettosa delle finalità previste dal legislatore, non va contro la legge, ma semmai oltre la legge. Per dirla con Francesco Cossiga (un altro che di Servizi si intendeva), più che la legalità dei mezzi conta la legittimità dei fini.
Già: forse i nostri agenti segreti non saranno degli spavaldi uomini d’azione, ma non possono neppure diventare timidi burocrati.
Infatti, chiosa puntuale il prefetto, «i comportamenti degli operatori dei Servizi, apparentemente illegali sotto il profilo penale, sono giustificati se preventivamente autorizzati nei casi e secondo procedure stabilite dalla legge».
Queste procedure, a loro volta, sono la struttura delle garanzie funzionali che pongono comunque limiti ben precisi per evitare che la discrezionalità degli 007 sfoci nell’arbitrio: «Non possono essere autorizzate condotte previste dalla legge come reato per le quali non è opponibile il segreto di Stato, a parte alcune limitate e specifiche eccezioni e che, in ogni caso, il segreto di Stato non potrà mai coprire notizie, documenti o cose relativi a fatti di terrorismo o eversivi dell’ordine costituzionale e cioè dell’essenza stessa della Repubblica».
Il regime dei controlli (che funziona anche in base a una distinzione meno esile di quel che si pensa tra segreto di Stato e classificazione di segretezza) è comunque abbastanza stringente e non a caso è affidato al Dis (Dipartimento delle informazioni della sicurezza) della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Anche la magistratura fa la sua parte, ad esempio attraverso le autorizzazioni per attività alquanto delicate (intercettazioni preventive e colloqui nelle carceri).
Questo ruolo della magistratura ribadisce un collegamento piuttosto robusto tra intelligence e polizia giudiziaria, di cui in un certo modo è garante la Procura generale della Corte d’Appello di Roma, a cui compete il rilascio delle autorizzazioni preventive.
Ancora: Mosca ha sottolineato come i controlli istituzionali sui Servizi, essenziali per la tenuta della democrazia, siano stati rafforzati attraverso il potenziamento del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), la cui presidenza è affidata a un rappresentante dell’opposizione.
Per quadrare il cerchio, e quindi ottenere un perfetto equilibrio tra la tutela della sicurezza e la difesa dei valori Costituzionali, occorre, secondo il prefetto, una normativa che disciplini gli stati d’emergenza e le situazioni eccezionali, come accade in altri Paesi occidentali dalla forte tradizione democratica.
Ma il diritto, che finalmente è entrato nel mondo dei Servizi dalla porta principale, da solo non basta: per ottenere il giusto equilibrio tra sicurezza e Costituzione un ruolo importante lo ha la cultura.
Sia per gli operatori dell’Intelligence sia, più in generale, per le élite pubbliche: «La cultura agevola la visione dei fatti che accadono nel mondo ed è in grado di orientare le stesse scelte politiche, il che pone l’urgenza di affrontare il tema della formazione e della selezione delle élite pubbliche, le quali devono comunque osservare leggi e Costituzione». Parola di prefetto.
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