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L’Intelligence difende la Costituzione. Diffidate dei finti libertari

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«Nel nostro ordinamento l’ordine pubblico è importante quanto le libertà». L’intervento dell’ex presidente della Consulta Antonio Baldassarre al Master in Intelligence dell’Unical

L’intelligence non è neutrale. È una funzione politica.

Parola del costituzionalista ed ex presidente della Corte Costituzionale Antonio Baldassarre, che ha sostenuto con dovizia di argomentazioni questo concetto elementare ma non facile durante il Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri.

Per chiarire l’affermazione occorre una precisazione: per politica si deve intendere non la fazione o il partito, ma l’organizzazione delle comunità umane.

Da sinistra, Antonio Baldassarre e Mario Caligiuri

In quanto tale, laddove c’è una società organizzata politicamente c’è sempre una (o più) forme di intelligence, perché l’intelligence – intesa nella duplice accezione di attività e disciplina – è una funzione che assolve a un’esigenza fondamentale delle comunità: la sicurezza.

Incisivo, sul punto, Baldassarre: «L’intelligence esiste da quando l’umanità si è organizzata in forma politica, facendo emergere la necessità di avere informazioni per difendere il territorio. C’è stata un’evoluzione della difesa della polis (da cui il termine Politica), passando dalla tutela della Città a quella dello Stato e poi dell’insieme di Stati». Perciò «se cambia la forma della politica, muta anche la forma dell’intelligence».

I grandi cambiamenti epocali, secondo l’ex presidente della Consulta, sono stati due: la nascita degli Stati moderni, in seguito alla Pace di Westfalia (che secondo la maggioranza degli studiosi sono le uniche forme politiche che possono essere considerate Stati nel senso pieno del termine) e la Rivoluzione industriale.

Con la nascita degli Stati l’intelligence diventa una funzione dello Stato, si salda alle istituzioni e inizia a slegarsi dai vincoli personalistici con le élite politiche.

In seguito alla Rivoluzione industriale, l’intelligence inizia a misurarsi con l’irruzione delle masse popolari sulla scena politica, che fa saltare i vecchi equilibri: «Dopo la prima guerra mondiale è aumentata la pressione dei ceti popolari per avere rappresentanza politica. Negli Stati dove queste spinte non sono state gestite in modo adeguato sono emersi i totalitarismi del fascismo e del nazismo».

Un ritratto classico di Hegel

Ma anche nelle democrazie non è tutto rose e fiori: «con il processo di democratizzazione, l’intelligence si è rivolta anche verso l’interno accentuando il controllo ideologico, come dimostrano, tra i tanti, i casi del maccartismo negli Usa e dei dossier del Sifar in Italia».

Questo per quel che riguarda il passaggio dall’età moderna a quella contemporanea.

Il postmoderno, a sua volta, promette ulteriori complicazioni: «La tecnologia ha generato una nuova dimensione della vita civile attraverso la globalizzazione e la rete, che hanno modificato radicalmente il contesto economico, sociale e politico». Questo processo è difficilmente gestibile, come dimostra l’esempio del web, «che non si può controllare il web se non attraverso il modello cinese».

In queste nuove, immense praterie poco regolamentate «tutti gli Stati compiono azioni di spionaggio e condizionamento attraverso la Rete per quanto riguarda le attività politiche ed economiche che sono inevitabilmente intrecciate». Ed entrambe, economia e politica, «hanno necessità di intelligence per tutelare l’interesse nazionale, in quanto l’indipendenza economica determina quella politica. In tale quadro, l’intelligence è un aspetto rilevante della politica e i futuri cambiamenti richiederanno nuove forme di intelligence dovendo coprire settori inediti».

Christopher Dawson

Questo ragionamento, tutt’altro che tortuoso, rende necessaria una riflessione approfondita e spassionata sui valori della Costituzione, che molti, soprattutto gli operatori dell’informazione e dei media, hanno voluto contrapporre alle attività d’intelligence sulla base dell’idea, astratta e un po’ retorica, delle democrazie liberali come case di vetro. In realtà (e in punta di diritto), le cose secondo Baldassarre starebbero altrimenti: «Per quanto riguarda i valori fondamentali, anche i diritti della persona umana sono costantemente limitati dai valori dell’ordine pubblico e dalle condizioni della sicurezza poiché senza sicurezza non c’è neppure la libertà. E non a caso, l’intelligence, tutelando la sicurezza e quindi garantendo la libertà, trova un fondamento costituzionale».

Certe letture falsamente libertarie sono spesso il risultato di visioni politiche ben precise: «Il Sessantotto ha espresso un disegno politico suicida poiché nella lotta contro l’autorità ha ricompreso anche la famiglia, un istituto che Friedrich Hegel ha inserito nell’ambito dell’etica. Infatti i principi etici sono decisivi, in quanto significa la condivisione dei valori. In questo quadro, storicamente la Chiesa ha svolto un ruolo fondamentale. Si potrebbe quindi discutere se la crisi etica sia una conseguenza della crisi della cristianità occidentale, che qualcuno, come Christopher Dawson, collega anche con la crisi dell’educazione».

Il risultato di questo processo di disgregazione è evidente: «Diventa diritto tutto ciò che è desiderio creando grandi incertezze sociali e non a caso anche nella Costituzione ci sono limiti etici anche all’articolo 21, che prevede la libertà di pensiero».

L’intelligence, in tutto questo è un richiamo salutare al realismo politico, che impone la presa d’atto di necessità anche dolorose per tutelare la democrazia: «Se la politica è la continuazione della guerra con altri mezzi, vale anche l’opposto. Oggi è profondamente mutata la natura della guerra, che è prevalentemente di natura culturale ed economica. Non a caso è prevalente la guerra delle informazioni dove è centrale l’intelligence, che è al servizio della politica e quindi delle istituzioni democratiche».

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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