Ai fascisti i quattrini di Putin?
Il Parlamento europeo ha approvato una mozione contro i presunti finanziamenti del Cremlino alle destre radicali del continente
Tanto tuonò che piovve: alla fine il Parlamento europeo ha preso sul serio le voci, nel frattempo diventate allarmi, sui presunti finanziamenti russi alle destre radicali e, più in generale, ai movimenti populisti europei, e ha approvato un risoluzione, che è quasi una mozione di censura, nei riguardi della Russia.
Ma saranno vere le accuse? Di sicuro non sono novità, visto che di queste cose si parla almeno dal 2014 e, sin da allora, sono finiti nel tritacarne vari partiti occidentali e non solo che hanno in comune l’euroscetticismo: la Lega di Matteo Salvini, il Front National di Marine Le Pen, gli etnonazionalisti ungheresi di Jobbik, i neonazisti ellenici di Alba Dorata e via discorrendo. Queste voci hanno persino lambito, lo scorso gennaio, il leader laburista britannico Jeremy Corbin e non hanno risparmiato la nuova sinistra spagnola di Podemos. Poco ci manca che si arrivi ai grillini nostrani.
L’equazione sembra semplice: chi critica l’Ue sta con Putin e sta con Putin perché pagato da lui. E, una volta seminato il dubbio, non ci sono storie: è persino inutile protestare, come ha fatto Salvini col suo consueto modo colorito («È una cazzata»), perché la suggestione resta.
Ma quanto è fondata questa notizia, che gira tra i media e nel web da due anni? Le fonti sono almeno due e sono fonti indirette o di seconda mano. La prima è costituita dagli studi di Political Capital, una fondazione ungherese. Il primo risale al 2009 e si intitola Russia’s far right friends (Le destre radicali amiche della Russia). Una partenza timida, in cui gli autori della ricerca ammonivano: «Ancora mancano le prove». La musica cambia a partire dal 2014 con altre tre ricerche, in cui ricorre la parola connection, che ha un significato ambiguo, visto che sta sia per coincidenza sia per legame: The Russian Connection – The spread of pro-Russian policies on the European far right (La connection russa – La diffusione di politiche filorusse nelle destre radicali europee, 2014), I’m Eurasian-The Kremlin Connection of the Hungarian far right (Sono eurasiatico-La connection tra il Cremlino e l’estrema destra ungherese, 2015), From Paris to Vladivostok-The Kremlin Connection of the French far-right (Da Parigi a Vladivostok-La connection tra il Cremlino e l’estrema destra Francese). Questi report hanno dettato l’agenda ai media europei e occidentali.
La seconda fonte è il quotidiano britannico conservatore Telegraph che a gennaio ha pubblicato un dossier sui presunti finanziamenti russi, basato su documenti riservati che sarebbero il frutto delle indagini condotte da James Clapper, il responsabile dei servizi Usa, su incarico del Congresso.
Dopo un anno di alterne polemiche, il 23 novembre l’Europarlamento ha approvato la mozione presentata dalla polacca Anna Fotyga, membro del Gruppo dei Conservatori e Riformisti europei. La Fotyga, senza mezzi termini, ha accusato la Russia di Putin di prolungare i metodi della Guerra Fredda fabbricandosi le proprie “quinte colonne” a destra e di bombardare con i propri media internazionali (tra cui il sito Sputnik) le opinioni pubbliche occidentali. L’eurodeputata ha perciò promosso la condanna del “soft power” russo, considerato evidentemente non così soft.
Obtorto collo, il documento è stato approvato da quasi tutti, tranne gli accusati che hanno votato contro. Tra i gruppi italiani l’unico sì compatto è provenuto da Ncd, mentre gli azzurri e il Pd si sono divisi.
Prove tecniche di Guerra Fredda 2.0? Se sì, c’è da dire che ce ne siamo accorti un po’ tardi e, parrebbe, solo grazie all’intervento non disinteressato di una rappresentante polacca. In vicende come questa, che somigliano sin troppo a spy stories, contano i dettagli. Che approfondiremo a breve.
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