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Pino Aprile col suo inseparabile cappellino mentre addita

«Pino Aprile non è il benvenuto». La protesta dei ricercatori

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Riceviamo e pubblichiamo integralmente, senza aggiunte e commenti, la nota di dissenso redatta da alcuni giovani studiosi sul tour che lo scrittore pugliese sta compiendo in tutto il Sud e in Puglia in particolare per presentare i suoi libri e il suo movimento

La marcia politica del giornalista e scrittore Pino Aprile continua a far tappa in numerose città del Mezzogiorno e oggi toccherà Polignano a Mare (Ba).

L’autore si presenta da novello brigante deciso a chiedere un riscatto per i torti che il Sud avrebbe subito negli ultimi centocinquanta anni. Già questo basterebbe a sbarrargli gli ingressi, ma il Comune del sud-est barese, al contrario, ha concesso all’evento il patrocinio gratuito.

Questa scelta appare incomprensibile se si tiene conto che l’iniziativa politica di Aprile ha per fondamento una lettura vittimaria e filo-borbonica della storia risorgimentale, priva di qualunque fondamento scientifico. Lo scrittore gioiese, come si ricorderà, ha raggiunto la notorietà nel 2010 con il best-seller Terroni, in cui presentava l’annessione del Mezzogiorno come conquista armata attuata dall’esercito sabaudo per mezzo di incendi, stragi e sottrazione di ingenti ricchezze. Niente di più falso, tanto che negli ultimi anni i topoi della narrazione sudista sono crollati uno dopo l’altro sotto i colpi delle autorevoli ricerche di storici di professione.

Due anni fa Pino Aprile ha sostenuto la richiesta di istituire, in tutte le Regioni del Sud, una Giornata della memoria per le vittime meridionali dell’Unità d’Italia. Un’operazione demagogica quanto mistificatoria della realtà storica.

A questa proposta si sono opposti numerosi storici e studiosi dell’ateneo barese e non solo, molti dei quali ricercatori che hanno scelto di restare nelle università meridionali in cui si sono formati. L’autore ha quindi arrogantemente ingaggiato una polemica attaccando prima i docenti, rei di voler tacere intenzionalmente i fatti più scomodi del Risorgimento, e successivamente se l’è presa anche con i più giovani, insinuando fossero costretti a uniformarsi al parere dei professori.

La Sissco (Società italiana per lo studio della Storia contemporanea), insieme al Coordinamento delle Società storiche, alla Società napoletana di Storia Patria e ad altre istituzioni impegnate a vario titolo nella ricerca storica, ha preso le distanze da un uso pubblico della storia fortemente strumentale.

Questo approccio presenta una visione dualistica fra buoni e cattivi, aproblematica e semplificatoria degli eventi risorgimentali, che evita il confronto con i risultati della più recente storiografia che ha indagato criticamente il processo di unificazione, superando le letture ideologiche e le opposizioni nette fra modernità e arretratezza. Le Giornate della memoria dei presunti martiri meridionali fortunatamente non hanno avuto seguito.

Crediamo quindi che le istituzioni, se sprovviste di filtri critici, non possano e non debbano assecondare questo tipo di iniziative che sfruttano la storia a colpi di fake, intrisa di rancore e razzismo, per fare propaganda politica. Per il rispetto dei valori costituzionali e di chi si occupa di ricerca storica per mestiere e passione, con rigoroso metodo scientifico.

Antonella Fiorio (Università di Bari)

Christopher Calefati (Università di Pavia)

Federico Palmieri (Università di Bari)

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Comments

There are 45 comments for this article
  1. Mi scuso con il dottor Paletta per le mie troppo frequenti intromissioni. Prometto di astenermi dall’intervenire almeno per il prossimo semestre. Devo però far notare che il signor Aloisi nell’affermare “dopo il 1855 il Regno di Sardegna non redige più un bilancio dello stato. Blackout” fornisce, certo in buona fede, una informazione errata. I bilanci del regno di Sardegna venivano regolarmente discussi in Parlamento e le discussioni pubblicate negli “Atti del Parlamento subalpino” che possono essere liberamente consultati nel sito della Camera dei Deputati. Il bilancio 1858, ad esempio, venne discusso nella seduta del 2 luglio 1857. Mi scuso ancora e a risentirci non prima di luglio.

  2. invito i tre ricercatori ad indirizzare la loro ricerca sulle ragioni che hanno portato al divario nord sud, sul perché i servizi, l’assistenza alle lavoratrici mamme, la viabilità, al sud sono da terzo mondo.

    • Egregio De Lorenzis,
      non vorrei che questi tre giovani si debbano far carico di tutta la questione meridionale solo per aver (legittimamente e in maniera civile) espresso il loro dissenso nei confronti dell’eccessiva facilità con cui gli amministratori pubblici danno spazio all’Aprile-pensiero.
      Se mi permette, Le rispondo con una domanda, di sicuro più legata al presente: noi meridionali, chi abbiamo sostenuto per decenni? Chi abbiamo delegato a rappresentarci nelle istituzioni a tutti i livelli?
      La risposta è tutta qui. E, a proposito: quando succedevano certe porcherie, dov’eravamo?
      Per quel che mi riguarda, ho sempre fatto il mio dovere di cronista nel denunciare malaffare e soperchierie, quindi in parte mi chiamo fuori.
      Ma di sicuro non me la prendo con la storia, perché sono abituato a misurarmi coi vivi.
      Saluti e buona domenica,
      Saverio Paletta

  3. Signor Paletta, questo è il testo integrale dell’articolo di Morya Longo sul Sole 24 Ore, cioè quel quotidiano economico che, per gli irriducibili negazionisti del furto perpetrato ai danni del Sud Italia, dovrebbe essere una fonte al di sopra di ogni sospetto. A meno che non si abbia la testa completamente devastata dalla colonizzazione mentale. 《di sicuro la gestione italiana delle finanze pubbliche ha per un secolo e mezzo mantenuto quella impronta》, conclude Morya Longo, a testimoniare il fatto che la Questione si è protratta per 157 anni senza soluzione di continuità fino ai nostri giorni.
    A meno che anche Morya Longo sia un neoborbonico..

    《Gli atti del governo esprimono tutti un principio: le risorse finanziarie dello stato non bisogna cercarle né nel debito, né nei nuovi tributi, ma esclusivamente nell’ordine e nell’economia. Perché veramente il miglior governo è quello che costa meno».

    Queste parole non sono state pronunciate dal cancelliere Angela Merkel, nel tentativo di redarguire gli stati europei iper-indebitati né dalla Banca centrale europea. A dire la verità, non sono neppure dei giorni nostri. A scriverle, in un libricino datato 1862, è stato invece l’economista Giacomo Savarese: si riferiva al Regno delle Due Sicilie. Può sembrare strano, ma prima dell’unità d’Italia l’esempio di rigore nei conti pubblici arrivava proprio da li: dal Meridione borbonico. Era invece il Piemonte ad avere conti fuori controllo, con un debito pubblico cresciuto del 565% nel decennio precedente all’Unità d’Italia. Insomma: è stato il Regno dei Savoia a portare nella nascente Italia la cultura del debito facile, della finanza allegra.

    Se si guarda la situazione delle finanze pubbliche nel decennio precedente al 1861, si può trarre la conclusione che per il Regno di Sardegna la creazione di un’Italia Unita fosse anche un modo per aggiustare i conti. O, quantomeno, per annacquare i problemi. La bilancia commerciale piemontese perennemente in rosso e soprattutto i costi della politica estera e delle guerre (a partire da quella di Crimea) hanno fatto lievitare il debito del regno in pochissimi anni.

    Nel 1848 ammontava a 168 milioni dì lire, mentre nel 1859 (prima dell’Unità d’Italia) era salito a 1,12 miliardi di lire. Una montagna enorme, pari al 73% del Pil. Diametralmente opposta era invece la situazione nel Regno del le due Sicilie: con una gestione dello stato improntata sul contenimento delle tasse, il debito borbonico sale dai 317 milioni del 1848 ai 411 del 1859: il rapporto debito Pil nel 1859, è cosi su un più gestibile 16,57%.

    Ovvio che i Savoia negli anni di Cavour dovessero fare qualcosa per salvare i conti. Le tentarono tutte. La prima strada scrive Savarese fu di oscurare le informazioni: dopo il 1855 il Regno di Sardegna non redige più un bilancio dello stato. Blackout. Spulciando tutti i bollettini e le leggi Savarese scopre che le spese approvate dal parlamento dal 1848 al 1859 ammontavano a 369 milioni di lire, mentre il debito nello stesso periodo è salito di 928 milioni. Insomma: il Piemonte sembra aver fatto sparire un bel po’ di soldi. Oltre a questo il Regno di Sardegna percorre altre strade per aggiustare i conti pubblici alla meglio. Innanzitutto aumenta le tasse, inventando 23 nuovi balzelli in pochi anni. Poi vende i beni demaniali, a partire dallo stabilimento siderurgico di San Pier d’Arena, Ma non basta: nel 1859 il debito è elevatissimo. E le sorti dello stato erano in mano ai grandi banchieri come i Rothshild. Anche perché il Piemonte – secondo gli studi di Francesco Nitti – possedeva solo un patrimonio di 27 milioni di lire di oro: molto meno dei 443milioni del Regno delle due Sicilie. Restava dunque solo una cosa da fare: unirsi con chi aveva i conti in ordine.

    Guarda caso proprio un po’ più a Sud c’era un Regno che aveva fatto del rigore dei bilanci un imperativo categorico. Anche Vittorio Sacchi, piemontese mandato a dirigere le finanze napoletane dopo l’Unità d’Italia, trovò grande competenza: «Nei diversi rami dell’amministrazione delle finanze napoletane scrisse nel 1861si trovano tali capacità di cui si sarebbe onorato ogni più illuminato governo». Che queste parole corrispondessero al vero è dimostrato dal fatto che il povero Sacchi, dopo averle scritte, cadde in disgrazia. E anche i numeri Io confermano. Il Regno delle due Sicilie dopo la Restaurazione del 1815 ha solo cinque tasse. Le rendite pubbliche – calcola Savarese – salgono da 16 milioni di ducati a 30 «per effetto del crescere della ricchezza generale». Solo con i vari moti rivoluzionari (a partire da quelli del 1820) iniziano a salire i debiti e le casse del Regno cadono in disavanzo, ma ogni volta in breve tempo il “buco” viene chiuso. Morale: dal 1847 al 1859 il Regno delle due Sicilie non introduce alcuna nuova tassa e non vende alcun bene demaniale. Anzi: già dopo i moti del 1821 il Regno vanta 40 chilometri di rete ferroviaria e una marina molto fornita. E non c’è traccia di “auto-censura” sui bilanci pubblici

    Nel 1861 cambia tutto. L’Italia diventa unita e anche il debito pubblico. «Il Regno d’Italia scrive Savarese s’inaugurava a Torino con un alto debito». Sono passati 150 anni: l’alto debito è ancora tutto li. Ormai siamo arrivati a 1.800 miliardi di euro. Non di ducati o di lire ottocentesche. Non sono certo ereditati da Cavour (quantomeno perché i loro debiti nel frattempo saranno anche scaduti), ma di sicuro la gestione italiana delle finanze pubbliche ha per un secolo e mezzo mantenuto quella impronta》

    • Egregio Aloisi,
      su questo argomento c’è una lunga polemica in corso tra storici professionisti, tutti di caratura nazionale. Non credo basti a risolverla una citazione da Il Sole, che sarà un giornale serio ma non è certo una bibbia (se lo lasci dire da un addetto ai lavori che lo legge spesso).
      Su alcuni aspetti di ciò che afferma citando alla rinfusa varie fonti, ci siamo occupati a più riprese nelle pagine di questo giornale online, credo con un certo rigore.
      Se ha tempo, voglia e pazienza, le spulci pure.
      Ma, prima di salutarla, mi consenta una domanda: che c’entra il problema dei conti pubblici delle Due Sicilie con la lettera dei tre giovani ricercatori? Loro si sono limitati a esprimere il loro disappunto sull’estrema facilità con cui gli amministratori pubblici danno spazio alle tesi di Aprile (siamo in democrazia ed è legittimo anche il dissenso, o no?). Tutto questo sproloquio cosa c’entra?
      Buona domenica,
      Saverio Paletta

  4. Egregio Paletta, la stessa foga e sicumera con cui si apostrofa chi ha dubbi o intende fare maggiore chiarezza appare un po’sospetta, quanromeno di un approccio ideologico e non scientifico al tema. Ma lei e i vari professoroni veramente credete, in buona fede, alla favoletta di mille volenterosi che sconfissero un intero esercito di uno Stato sovrano, accompagnati da folle plaudenti??? Una storia talmente inverosimile che ha finito per essere propagata come verità e creduta, ma che resta, pur sempre, una storia inverosimile. Rifletta e mi dica, in sincerità, se ritiene la storia risorgimentale tramadataci a scuola del tutto rispondente ai fatti accaduti.

    • Egregio De Vivo,
      in quale parte dell’IndYgesto ha trovato una sola pezza d’appoggio al suo ragionamento? Sulla spedizione dei Mille si sono esercitate, spesso con grande spirito critico, generazioni di storici. Non sta a noi dire cosa sia “favola” (sebbene la produzione dei “revisionisti” antirisorgimentali ci vada assai vicina) e cosa no. Soprattutto non sta a Lei, perché a differenza nostra (e basta navigare questo giornale online per rendersene conto) non produce uno straccio di prova a sostegno di quanto afferma.
      Infatti, si limita a un processo alle intenzioni che trovo inaccettabile.
      Foga e sicumera la mia? Forse sì. Ma non è proprio nulla di fronte a molti esempi di malaeducazione, che cestino ogni giorno per non offendere i lettori.
      Saluti e buona domenica,
      Saverio Paletta

  5. La Reggia di Caserta docet dovrebbe zittire tutti fu costruita dai Borbone per i cittadini Meridionali, ci vollerò 100 anni, per finirla, oggi fattura 18 milioni di € interamente versati nelle coop di Venezia e Mestre….
    Dopo 158 anni di Unità tutto quello che oggi verifichiamo sul territorio, con il governo italiano e di cosa ha combinato tutti questi anni registriamo:
    Fame
    Miseria
    Disoccupazione
    Emigrazione ( questa parola ante unità, noi napoletani non sapevamo cosa significava)
    Desertificazione economica ed industriale, tutto l’oro trafugato e rubato dalle nostre casse,servì per ripianare i tantissimi debiti del nuovo stato
    83 tasse su 100
    2 guerre mondiali (con i Borbone non sapevamo cosa fossero) di cui la prima perirono 500.000 Meridionali sfruttati e male armati, al fronte un massacro, fù solo dopo si capì, a cosa servì quel conflitto, una pulizia etnica di noi Meridionali…
    E la Repubblica questa specie di Repubblichina, di oggi, ci ha ridotto in discarica, una pattumiera a cielo aperto, per il deposito della loro spazzatura. Terra dei fuochi,
    Deposito di rifiuti nucleari a Statte ( Ta ) senza avere neanche le centrali atomiche, si fa solo per interessi solo itagliani, comprano dai loro cugini francesi,la corrente a 1 cents la notte, e lo rivendono a noi 6 cents.di giorno dichiarandolo anche green, e Di ritorno dobbiamo importare anche i rifiuti atomici, e nel contratto.
    Questi sono solo i primi 158 a trazione italiana, speriamo di chiuderlo presto questo brutto capitolo di anni di galera in uno stato che ci ha colonizzato da 159 anni

    • Egregio Nello,
      rivolgo a Lei la richiesta già fatta ad altri: dica chi è e ci metta la faccia, visto che questo non è un social ma un giornale online.
      Ciò detto, mi permetto di spiegarle una cosa: Lei tenta di commentare l’intervento, risalente tra l’altro alla fine dell’estate scorsa, di un giovane ricercatore che non ha gradito una manifestazione con Pino Aprile. Cosa c’entra il popò di argomentazioni esposte nella Sua missiva con lo sgradimento, a mio avviso legittimo, dello studioso?
      Poi possiamo passare mesate a ricostruire i perché e le responsabilità dell’attuale degrado del Sud.
      Ma io temo solo una cosa: che questo modo di procedere, stimolato dalla produzione letteraria e dall’attivismo di Pino Aprile, finisca col deresponsabilizzare noi meridionali e le nostre classi dirigenti.
      Non siamo vittime di nessuno più di quanto non lo siamo di noi stessi.
      Ultima cosa: La invito ad avere un po’ di senso della storia, perché le guerre mondiali e le centrali nucleari (su questo concordo con Lei, perché anche io sono a favore dell’energia atomica) col Risorgimento non c’entrano, per dirla col mitico Cetto La Qualunque, una “beneamata”…
      Saluti,
      Saverio Paletta

  6. Se il dottor Paletta permette, vorrei sapere dal signor De Luca dove e quando il preteso autore avrebbe pronunciato quella frase e da quale fonte ha ricavato queste informazioni. E’ una domanda che rivolgo a tutti coloro che la citano, ma senza mai ottenere risposta.

  7. Vorrei un suo commento a questa frase , che sicuramente conoscerà: “I meridionali non dovranno più intraprendere”

    • Egregio De Luca,
      La frase è sicuramente una boiata pazzasca, chiunque l’abbia pronunciata.
      Detto questo: cosa c’entra con la protesta dei tre giovani ricercatori nei confronti di Aprile che lei sta commentando?

  8. Gentile Sig. Paletta, dopo parecchi giorni a digiuno di internet, stasera mi sono ritagliato un tempo da dedicare ai vostri articoli di questo sito che, come già espresso, apprezzo molto. Mi rendo conto però che c’è parecchia gente che non sa che cosa fare durante la giornata e quindi (forse vivono di rendita e non hanno molti contatti sociali o familiari da coltivare), saltando magari da un sito all’altro, da un facebook a un youtube, trova sempre il tempo di scrivere le “solite” frasi ad effetto. Lei è fin troppo educato e paziente nel rispondere a certi personaggi il cui solo proposito, attraverso un falso nome, è quello di insultare chi non la pensa come loro e chi ha il coraggio di rispondergli. Come nei vecchi film di cappa e spada dove c’era sempre un vigliacco a colpire alle spalle nascosto nell’ombra. Grazie e buona serata.

    • Egregio Fernando,
      grazie per la solidarietà. L’IndYgesto si rivolge ai lettori come Lei. Di quel che pensano “loro” ce ne infischiamo tranquillamente.
      Alla fine dei conti, Benedetto Croce diceva che compito di ogni buon giornalista è dare un dispiacere a qualcuno tutte le mattine.
      Il fatto che si arrabbino vuol dire che abbiamo fatto centro…
      Cordialmente,
      Saverio Paletta

        • Egregio Mozzolillo,
          ripeto anche a Lei la risposta che ho dato a un precedente lettore che non ha gradito l’articolo: che c’entra la legge Pica con la missiva di alcuni giovani ricercatori che non hanno gradito un convegno di Pino Aprile?
          Detto questo, Le rispondo nel merito: la legge Pica fu una legge d’emergenza con cui lo Stato tentò (bene o male non sappiamo, l’importante resta che un tentativo fosse fatto) di dare norme legali alla repressione del brigantaggio, che fino a quel momento era affidata al potere di bando dei vari generali.
          Fu una misura che qualsiasi altro Stato di diritto avrebbe adottato se si fosse trovato nelle medesime condizioni del neonato Regno d’Italia.
          Tutte le emergenze richiedono risposte emergenziali. Di lodevole resta il fatto che, grazie alla legge Pica, la competenza di molti casi fu ricondotta alla magistratura, a seconda dei casi civile e militare, e sottratta alla gestione degli alti ufficiali.
          Ora, che anche sotto la legge Pica si siano verificati abusi e soprusi, non lo metto in dubbio. Ma se questa legge non ci fosse stata, le cose sarebbero andate davvero peggio.
          Io, al posto Suo, darei un’occhiata ai processi celebrati sotto questa normativa: si accorgerebbe che vi furono non poche assoluzioni e che molte pene furono mitigate.
          Detto questo, faccio a Lei l’invito che rivolgo a molti: prima di tifare, leggete e documentatevi. Tiferete meglio, sempre se resti qualcosa per cui fare il tifo.
          Saluti
          Saverio Paletta

  9. Se lei non mi ha risposto e non mi ha voluto rispondere nei miei interventi lei mi fa capire che non ha niente in mano, ha solo copia e incolla del vetusto polveroso e cristallizato pensiero saBoia!! Io non la sta offendendo ma se non risponde vuol dire che lei è che mi ha fatto perdere la pazienza!! Questa è un ottusità, scostumatezza storica del tipo andreottiano SOPIRE TRONCARE SOPIRE!! Lei è in buona compagnia di personaggi che hanno offeso il nostro paese e difeso l’indifendibile, come il museo degli orrori di uno scienziatucolo pazzoide che lo stato italiano mantiene e foraggia senza contare poi che poi si paga per vedere una sorta di lurido museo di hitler che mostra gli ebrei massacrati sventrati maciullati e fatti a pezzi da un trafugatore illegittimamente e in modo fraudolento!! I tedeschi ammirati da tanta crudeltà delle teorie del pazzoide le hanno riprese e ne combinate di tutti i colori! Voglio solo aggiungere che tra voi “baroni” universitari la democrazia non esiste e la critica respinta al mittente e vi sentite reucci sul vostro scanno da quattro soldi, e il primo potente vi fa diventare subito dei tuttofare al servizio del più forte!!
    La saluto e sento che cavare il sangue dagli ortaggi credo sia impossibile!!

    • Allora, sono io che sto perdendo la pazienza e la sostituisco con l’humour. Dunque, lei continua ad insultare senza firmarsi, il che è tipico dei gatti da tastiera che si atteggiano a leoni.
      Vuol proprio sapere perché la pubblico e mi ostino a risponderle? Glielo dico subito: per non privare i lettori dello spasso di leggerla.

  10. Ancora con questi professorelli in cerca di medaglie! Ma l’avete capito o no che Pino Aprile è solo un divulgatore! Invece di questi attacchi ad personam dovuti a nonsisache interpellate chi fa e ha fatto ricerca in campo revisionistico da decenni e vi saprà dare ogni spiegazione! La nostra Storia è ormai nota in tutto il sud… con o senza Pino Aprile.

    • Cara Anna (posto che sia una persona reale e non una fake),
      a mio sommesso parere è lei che deve capire alcune cose:
      1) per diventare «professorelli» occorrono comunque qualifiche e studi specifici: lei sulla base di quali titoli attacca così aspramente il prossimo?
      2) Divulgare significa mettere a disposizione di un pubblico vasto tesi, idee e nozioni già acquisite in determinati ambienti. Aprile fa una cosa diversa: diffonde cose in parte già sostenute da altri (spesso senza fondamenti scientifici) e, a volte, dichiara (lo ha fatto in “Carnefici”, ad esempio) di essere praticamente il primo a dire certe cose (cioè di aver fatto una scoperta, che è cosa ben diversa dal divulgare);
      3) non c’è alcun «attacco ad personam», non in questo giornale almeno, ma solo la disamina spassionata della fondatezza delle tesi dei “revisionisti”;
      4) non può essere considerata «attacco ad personam» la lettera di tre giovani ricercatori che hanno espresso il proprio disagio di studiosi di fronte allo spazio, anche a mio giudizio eccessivo, concesso dai politici e amministratori meridionali e certe tesi e a determinati personaggi, Aprile in testa.
      Distinti Saluti e buon inizio settimana,
      Saverio Paletta

      • Egr. sig. Paletta, premesso che non difendo Aprile e che non ho interessi di parte, vorrei solo evidenziare che il su nominato Aprile non ha fatto altro che divulgare e mettere sotto forma di pamphlet cose già scritte da molti altri. E lo ha fatto nella forma giornalistica nella quale è molto bravo. Non so, ma presumo che abbia anche frequentato archivi di Stato e Biblioteche. Ma non è questo che conta!
        Aprile ha il merito di aver alzato un pesantissimo velo con il quale questo stato (s volutamente minuscola) ha coperto eccidi e deportazioni. E lo ha fatto in maniera molto efficace!
        Egr. Paletta, se mi permetto di scrivere è solo per evidenziarle che tanti atri hanno detto queste cose, anche se inascoltati perché letti da pochi. Parlo di persone più che titolate, alle quali bisognerebbe fare sempre riferimento.
        Parlo, giusto per fare qualche nome , del vicedirettore della biblioteca di Montecitorio, Franco Molfese che, numeri e documenti alla mano mai smentiti da nessuno, ha enumerato eccidi e fucilazioni sommarie, forze militari messe in campo (da piemontesi e garibaldesi vari) e dalle forze di resistenti… e tanto altro. Parlo del professore di storia contemporanea all’Università di Bari, Tommaso Pedìo che ha spulciato ogni rigo degli Annali Statistico-economici del Regno delle Due Sicilie, enumerando primati e peccati di quel regno ottocentesco. Parlo di ricercatori sopraffini come Luciano Salera, Arrego Petacco, Antonio Settembre, Giordano Bruno Guerri, Gigi Di Fiore, Aldo De Jago, Francesco Mario Agnoli e tanti, tanti altri; parlo di altri grandi firme giornalistiche come Lorenzo Del Boca o di romanzieri ultra premiati come Carlo Alianello. Parlo di osservatori internazionali come i consoli francesi ed inglesi del regno dell’epoca.
        Guardi, mi fermo per noia e per mancanza di tempo, ma, se richiesto, posso allungare l’elenco dei nomi per pagine intere.
        Aprile sarà stato anche approssimativo su qualche piccolo dettaglio ( forse anche voluto per esigenze letterarie), ma ha il grande merito di aver portato ad un pubblico più esteso tante verità celate, che ormai si diffondono sempre più. La riprova è che persino alcuni testi scolastici hanno apportato molte modifiche in merito alla cosiddetta unità d’italia.
        Le auguro una buona domenica.
        Dr.Geol. Franco Cafararo

        • Egregio Cafararo,
          innanzitutto grazie per essersi firmato.
          Vengo al dunque: sono senz’altro d’accordo con Lei nel riconoscere ad Aprile il merito di aver riaperto il dibattito sul Risorgimento. E, col Suo permesso, gliene riconosco un altro: aver portato questo dibattito su un livello più mainstream e, quindi, aver costretto il mondo accademico a impegnarsi in ricerche approfondite e, soprattutto, a muoversi su un terreno meno “baronale” e più divulgativo.
          Non concordo con altri punti. Innanzitutto, sul concetto di linguaggio giornalistico: non nego che quello usato in “Terroni” abbia una sua rozza efficacia. Ma scrivere in prima persona è fuori da ogni canone, soprattutto se si pretende di rivelare una verità, la quale parla sempre in terza persona e (Montanelli docet), al massimo col plurale majestatis.
          Ma questa è solo una faccenda di gusti.
          La ciccia del discorso è altrove. Ad esempio, sono in totale disaccordo con Lei sul fatto che non sia importante aver frequentato biblioteche e, soprattutto, archivi. Sarebbe, mi concedo un esempio legato alla Sua professione, come chiedere a un geologo un parere su un territorio senza documenti relativi all’analisi del terreno, senza aver fatto carotaggi o altro.
          Che Aprile non sia andato (o ci sia andato molto poco) negli archivi lo prova l’intervista (mai smentita) a un suo ex collaboratore, archivista professionista che abbiamo pubblicato su queste stesse pagine circa due anni fa (“Così Pino Aprile ha sfruttato il mio lavoro”: la cerchi).
          Queste osservazioni dovrebbero bastare a tagliare la testa al toro, sulla base di un argomento banale: quando si contestano dati storici e se ne propongono di nuovi, occorre fornire le prove. Queste prove escono solo dai documenti che, guarda caso, si trovano negli archivi o nei libri di altri storici (e questo spiega la serie infinite di note e di rimandi, che ovviamente Aprile non ha mai fatto).
          Su Molfese: la sua opera, meritevole negli anni ’60, oggi è superata per due vizi di fondo.
          Primo vizio: l’impostazione gramsciana, oggi messa da parte anche dalla storiografia “di sinistra”.
          Secondo vizio: il numero limitato di documenti consultati: infatti, c’è stato un lavorio intenso di molti storici locali che ha portato a rivedere l’entità di molti presunti massacri (è il caso di Pontelandolfo) e sono in corso ricerche importanti sull’argomento. Molfese è un buon punto di partenza, ma considerarlo un testo sacro significa non tener conto delle nuove ricerche.
          Infine, la lista di autori che Lei cita non è convincente. Di sicuro non è affidabile Agnoli, che è un magistrato in pensione e non uno storico, tra l’altro noto per passate posizioni di destra radicale al limite del discutibile. Non è affidabile Del Boca, la cui analisi è stata contestata, tra gli altri, da Alessandro Barbero (che, mi perdoni, è storico serissimo e scrive meglio di dieci giornalisti messi assieme). Non lo è Bruno Guerri, il quale ha il vizio del calzolaio che va oltre la scarpa.
          Infine, l’Italia trabocca di archivi, da cui emerge ogni tipo di documentazione. Perciò nessuno ha nascosto nulla. Semmai, non sono tantissime le persone dotate della professionalità e dei mezzi per fare ricerche serie.
          La invito, se ne ha tempo e voglia, a spulciare meglio L’IngYgesto: in circa tre anni abbiamo redatto un corposo dossier dedicato al “revisionismo” antirisorgimentale e al cosiddetto sudismo. Vi troverà più di una risposta.
          Ricambio la buona domenica,
          Saverio Paletta

          • Una rapida osservazione. Se non si tratta di una omonimia, il Dr. Geol. Franco Cafararo risulta essere l’autore di un volume dal sobrio titolo “1860: il tricolore trucidava i bambini” presentato dal movimento neoborbonico a Napoli il 15-12-2015 con elogi quale questo che trascrivo letteralmente: “Molto indovinata la strategia comunicativa di evidenziare gli inauditi patimenti cagionati ai bambini dagli spietati soldati tricolorati. Quanto assomigliano quelle povere creature a quei piccini che muoiono oggi di tumore nella Terra dei Fuochi per colpa dei discendenti dei colonizzatori settentrionali che l’anno (sic!) avvelenata!” Aggiungo per chi, del tutto legittimamente, non avesse dimestichezza con la pubblicistica ottocentesca che non esistono gli “Annali storico-statistici del regno delle Due Sicilie”: suppongo il dr. Cafararo si riferisca agli “Annali Civili del Regno delle Due Sicilie”, pubblicati a cura e sotto il controllo del Ministero degli Interni. Infine, avendo letto i rapporti dei ministri plenipotenziari inglese, francese ed anche austriaco, vi ho trovato giudizi severissimi sulla politica di Ferdinando II e la previsione delle sue inevitabili conseguenze. Valga per tutti il rapporto dell’austriaco Martini del 23 marzo 1854: lo si legge nel libro di R. Moscati, Ferdinando II nei documenti diplomatici austriaci, pp. 149-151.
            Mi scuso per la lunghezza e per aver violato la promessa di non infastidire i lettori del giornale per alcuni mesi.

  11. Infatti non crediamo alla storia scritta sotto dettatura dagli eredi spirituali di cavour(ra). Primo perchè non si può credere agli asini che volano e al norde innocente e non connivente se non mandante dei numerosissimi massacri di persone inermi da parte di orde di assassini barbari ignoranti che non sapevano quello che stavano facendo. Dei loro vari piani per il saccheggio e conquista del sud pena il fallimento del norde, e senza una dichiarazione di guerra ma con una operazione BLACK FLAG dove nessuno sapeva chi stava combattendo per quali fini e per quali scopi!! Poi il ruolo importantissimo della massoneria inglese e delle loro spie presenti nel regno e il loro ruolo poco chiaro se non interessato ed in missione per un determinato piano congegnato da menti finissime straniere che erano interessate a ben altro!! Io credo ad altro non ai vostri asini che volano!!

    • Vorrei risponderLe, anche a dispetto del fatto che Lei è palesemente un troll che non ha neppure il coraggio di firmarsi.
      Ma proprio non riesco, perché il Suo messaggio è a dir poco illeggibile.
      Se si sforzasse un po’ con l’italiano non sarebbe male…

      • Guardi non sono un troll ma un accorato revisionista della storia (manipolata) dai cavourriani berberiani ecc. negazionisti prezzolati o non, interessati come sempre allo slogan salviniano “prima il nord(e)” anzi prima il marocco e poi la russia visto che si parla di finanziamenti occulti, che forse alcuni ricercatori razzisti beneficiano occultamente da qualche frangia massonica conservatrice!! Vorrei sapere perchè non mi risponde che l’invasione è stata una grande Operazione BLACK FLAG a favore sempre a senso unico di stati stranieri come l’INGHILTERRA per il controllo del MEDITERRANEO e il Canale di Suez!! Perchè si nega che la marina inglese LA ROYAL NAVY ha protetto Garibaldi inviando fior di navi di mercenari??!!
        La corruzione dei Generali Borbonici messa in atto dalle SPIE INGLESI non comporta sanzioni economiche e politiche a livello internazionale??!! E’ stata alla fine una GRANDE TANGENTOPOLI INTERNAZIONALE che non solo ha interessato l’Inghilterra ma anche la Francia e tutti gli stati del mediterraneo disposti a spartirsi una fetta del mediterraneo??!!

          • Ma lei dove vive questa è REAL POLITIK come direbbe qualcuno!! Se lei vive su Marte lo dica! E non si inventi le favolette del garibaldi e dei saBoia innocenti e verginelle sacerdotesse addolorate dell’ ItAGLIa (dis)unita da un tratto di penna!! Se oggi certe nazioni straniere hanno colonizzato l’ItAGLIa è anche grazie alla connivenza di presunti storici prezzolati del copia incolla da libri di Cavour(ra)

          • Se lei vuol continuare col suo incomprensibile delirio, faccia pure.
            Ma non insulti nessuno: questo, se non l’avesse capito, è un giornale redatto da professionisti, esperti e studiosi.
            Non è la paginetta Facebook degli ultrà di qualche squadra che, stanchi dei vecchi simboli, esibiscono i vessilli neoborb.
            Sia educato: è cosi difficile?

  12. Se posso abusare della cortesia del dottor Paletta, vorrei informare “Peppe” che la documentazione sulla vita economica dei domini “al di qua del faro” del Regno delle Due Sicilie è tutt’altro che poca (chi gli ha dato questa notizia?), molto meno ricca è purtroppo quella dei domini “al di là del Faro” ma chi si occupa di storia dell’economia siciliana ha ottenuto ugualmente buoni risultati. Le affermazioni di Aprile su quella base purtroppo per lui risultano parziali o distorte o false. Lo invito comunque a riflettere su un fatto. Il regno borbonico sarebbe stato “la terza potenza economica mondiale” ? Dunque avrebbe scavalcato gli Stati Uniti d’America, l’impero russo, l’impero austriaco, i paesi tedeschi? Ma su che base “Peppe” fa questa affermazione? Spero non sulla stupida fandonia del riconoscimento ottenuto all’esposizione di Parigi (alla quale il Regno delle Due Sicilie non partecipò neppure), visto che si tratta di una grossolana fandonia spacciata non si sa bene da chi.

  13. Signor Saverio Paletta chieda a quei tre studiosi cosa pensano dell’eccidio di Bronte (Giuseppe Garibaldi e I suoi GARIBALDINI), chieda cosa pensano dell’eccidio di Casalduni e Ponte Landolfo ad opera dei bersaglieri di Cialdini, due paesi distrutti trucidati uomini donne bambini perchè sospettati di essere parenti dei cosiddetti Briganti, Chieda dei deportati al carcere di Finestrelle in Piemonte che fine facevano i meridionali (squagliati nella calce viva) , e LEI STUDI UN PO DI STORIA non quella scritta dai vincitori. legga i reportager dei giornalisti esteri che seguirono la spedizione dei mille e si renderà conto delle nefandezze che sono state combinate,L’Unità d’Italia al sud è costata salata in termini economici e soprattutto di vite umane.

    • Egregio Gabriele,
      grazie per i suggerimenti. Ne farò senz’altro tesoro e chiederò ai tre giovani autori della missiva che ho pubblicato (e che Lei palesemente non gradisce) lumi sugli argomenti citati nel Suo messaggio: sono sicuro che ho ancora molto da imparare e che i tre ragazzi saranno lietissimi di aiutarmi.
      Cercherò inoltre di approfondire senz’altro la mia modesta cultura storica.
      Ma mi permetta di suggerirLe un linguaggio più appropriato e civile: a differenza della storia, la sintassi, la grammatica, l’ortografia e le buone maniere sono universali e non una questione di vincitori e vinti.
      Distinti Saluti
      Saverio Paletta

  14. Il best seller di Pino Aprile ha trovato molti riscontri, su quella poca documentazione a disposizione. Può darsi che determinati racconti di fatti storici siano stati enfatizzati.
    Ma x il resto si accusa di vittimismo un popolo che 150 anni fa era la terza potenza economica mondiale…..
    Questo forse dovrebbe essere studiato dai dottorandi….
    E magari non dai libri dei vinti…

    • Egregio Peppe,
      la produzione scientifica tiene conto dei dati che esistono negli archivi a disposizione degli studiosi (tanto è vero che Pino Aprile dice di essersene servito).
      Perciò il lavoro di tre giovani dottorandi che sudano per avere borse di studio e non per fare best seller, difficilmente può essere inquadrato nella categoria dei “vincitori”.
      Ciò detto: Pino Aprile le sembra un vinto?
      Lui ha ottenuto tutto da questo sistema: la possibilità di fare carriera con titoli minimi (quando molti plurilaureati sono a spasso o sottoccupati), la possibilità di esprimersi senza alcun tipo di censura e un accesso ai media negato a tantissimi che dicono e scrivono cose più serie.
      Lo stesso discorso si può fare per molti sedicenti “revisionisti” e neoborbonici che, al riparo di stipendi pubblici, dichiarano tutto il male possibile di un sistema che li mantiene.
      Mi risponda: le sembrano dei vinti, questi?
      Cordiali saluti
      Saverio Paletta

  15. Caro saverio paletta la Storia insegna, e lei, non ha imparato certo la verità, le piacciono le menzogne e non le cose palesi ed evidenti . Il Regno delle Due Sicilie, Primo in TUTTO e non secondo a nessuno , non è una menzogna, è quindi e pertanto: la vera ed amara verità che (voi) NEGATE.

        • Egregio Amico,
          Le rispondo, come ho già fatto con molti, con una riflessione: i tre giovani ricercatori firmatari della missiva a cui tenta di rispondere si sono limitati a sottolineare lo sgradimento nei confronti dei continui tour di Pino Aprile nei vari territori del Sud.
          Non lo hanno fatto da un punto di vista politico ma storiografico: hanno sostenuto che un autore che interpreta la storia in maniera discutibile e tale da distorcere il dibattito pubblico non dovrebbe, a loro giudizio, ottenere il via libera dagli amministratori locali e dalle istituzioni.
          Una lamentela legittima, la loro.
          Ciò detto: cosa c’entra tutto questo con le attuali condizioni del Sud?
          Mi permetto, al riguardo, di darLe un buon consiglio: faccia letture più serie e legga meglio i nomi sulle schede elettorali quando va a votare.
          Noi meridionali La ringrazieremo.
          Saluti,
          Saverio Paletta

  16. Si possono definire ricercatori di storia tre persone che non hanno nessun dubbio sulle “verità” imposte dai vincitori? Se non hanno dubbi cosa ricercano? Forse solo i soldi?

    • Egregio Longo,
      Lei è non poco offensivo nei confronti dei tre autori della lettera.
      Chi parla di “verità”, rafforzando il tutto con «non ce l’hanno mai raccontato» non è nessuno dei tre.
      I soldi non li fanno certo loro, visto che le borse di studio per i dottorandi sono miserie.
      Li fa chi dice di andare negli archivi (cosa faticosissima) ma firma contratti importanti con editori ultracommerciali, cosa che a nessun ricercatore riuscirà mai.
      Pubblico questa Sua perché non censuro nessuno (come al contrario facevano abbondantemente i “vinti” che Lei difende).
      Ma sia almeno educato nei confronti di tre ragazzi che hanno avuto gli attributi di dire quel che pensavano, a dispetto della contrarietà prevedibile di tante persone come Lei, che al ragionamento preferiscono la tifoseria.
      Cordiali Saluti,
      Saverio Paletta

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