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Altolà! O vi denunciamo per vilipendio

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Rischia di finire sotto inchiesta il deputato leghista Vito Comencini, che ha insultato il presidente Mattarella allo stesso modo in cui fece Pannella nei confronti di Cossiga. Altri tempi. Ma il reato è anacronistico…

«Mattarella mi fa schifo», dichiara dal palco di Pontida il deputato della Lega Vito Comencini. E su di lui, fatalmente, incombono le sanzioni di legge previste dall’art. 278 del Codice Penale. Che recita (oh, quale termine azzeccato…): «Chiunque offende l’onore o il prestigio del Presidente della Repubblica è punito con la reclusione da uno a cinque anni».

Puro anacronismo. Puro, fottuto anacronismo. Ma per nulla casuale.

Che la norma sia insensata dovrebbe essere evidente: se si dice «Mattarella mi fa schifo» è chiaro che non si sta vilipendendo la carica in sé, bensì chi la occupa. E che magari è proprio lui a strumentalizzare, fingendosi custode super partes allo scopo di orientare subdolamente le rotte del Parlamento e di Palazzo Chigi.

Se è vero come è vero che ormai i presidenti della Repubblica assumono anche delle decisioni prettamente politiche, vedi innanzitutto Napolitano in rapporto al Governo Monti, è del tutto logico – logico e democratico – che possano essere contestati al pari di ogni altro attore della politica.

Tenendo in piedi lo spauracchio del vilipendio, invece, si mira a inibire questo sacrosanto diritto di critica. Che naturalmente, in quanto tale, può anche spingersi ai toni più drastici.

Il fatto che la Costituzione definisca il Capo dello Stato quale rappresentante dell’unità nazionale non basta e non può bastare a innalzare chi siede al Quirinale nell’Empireo degli Intoccabili. La carica, in astratto, non va mai confusa con chi la riveste. Il Presidente della Repubblica, in chiave simbolica, è l’equivalente del Tricolore: ma il Mattarella di turno è l’equivalente di una figurina che ci è stata appiccicata, o ricamata, sopra.

La figurina va giudicata di per sé. Non per la cornice sacra in cui è stata accortamente collocata per renderla inattaccabile. E sancirne gli atti come quintessenza della Repubblica Italiana.

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