Saluta Andonio! Marco è uno di noi
Perché bastano la semplicità e la simpatia a creare un fenomeno
Spontaneo e senza trucchi, il giovane cosentino ha battuto tutti gli esperti in web marketing
La profezia di Warhol: «Ognuno avrà il suo quarto d’ora di celebrità». Più pop di così…
Va bene, critichiamolo pure: è trash, è puerile, non ha neppure l’ombra di un contenuto (anche se quel «sono felice» che spara ogni tanto fa stringere un po’ il cuore). Ma è riuscito a diventare qualcuno, pur non essendo nessuno.
Non è un’offesa, ci mancherebbe: nessun ragazzino, tranne forse le baby star create – e macellate – dallo star system hollywoodiano, può essere qualcuno.
Il cosentino Marco Morrone è riuscito a diventare qualcuno da solo, senza doversi sforzare in nulla: nessuna anticamera davanti agli uffici di certi casting che piombano in provincia come avvoltoi, nessun compromesso, nessun corso, neppure quello di dizione, che, tranne per napoletani e palermitani, sembra obbligatorio per tutti i meridionali.
Probabilmente, quando ha postato il primo, mitico video in cui ha coniato il “Saluta Andonio” che lo ha reso celebre tra il popolo del web e non solo, Marco non conosceva neppure uno dei trucchetti o delle parolette su cui si basa il social media marketing.
Si è lanciato e basta, con tutta la forza, ma anche la simpatia e la bonomia dei suoi 135 kg certificati. Anche alla faccia delle diete è diventato qualcuno. E se la gode.
Alla faccia degli intellettuali, dei radical chic e dei cafoni che lo insultano sul web, dove anche gli insulti fanno brodo, visto che, per usare il gergo di Twitter, gli haters portano più clic dei followers.
Alla faccia, soprattutto, degli esibizionisti frustrati, dei giornalisti degradati a cacciatori di “clic” e “like” e delle aspiranti star.
Marco ha realizzato per davvero la profezia di Andy Warhol, secondo cui «chiunque nel prossimo futuro avrebbe potuto aspirare al suo quarto d’ora di celebrità».
Intendiamoci: nel caso del paffuto cosentino i paragoni con gli artisti veri, che usano il web per bypassare i circuiti – costosi, obsoleti e sempre meno affidabili – delle promozioni tradizionali, sono fuori luogo, perché Marco non è un artista e lo sa.
Semmai lui è il punto di arrivo di una serie infinita di usi e abusi dei social network, tutti ereditati dai reality. Soprattutto di abusi. È il terminal di quella schiera di commesse che hanno postato interi portfoli per aggirare i concorsi di bellezza e diventare modelle. O, alla peggio, pornostar (e c’è chi è riuscita in entrambi i settori).
È l’apice di tonnellate di video lanciati da aspiranti (e improbabili) cabarettisti e rapper.
Ma nel caso di Marco tutto è davvero pulito: è bastato uno smartphone, due o tre sciocchezze sparate con la massima spontaneità. «Saluta Andonio»! E noi salutiamo con piacere: dopo tanti personaggi in cerca d’autore, tanti artefatti di provincia, finalmente un giovane dop ha sfondato. Continua così, Marco: siamo con te.
Saverio Paletta
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