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Dagli Usa all’Italia, la nuova vita tricolore degli Hardline

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Una formazione tutta made in Italy per la band guidata da Johnny Gioeli e fondata nei primi ’90 da Neal Schon. Life, il loro ultimo album, rinverdisce la grande tradizione dell’hard rock melodico degli anni ’80

Americani nel nome e nel sound, gli Hardline sono diventati sostanzialmente made in Italy dopo molteplici cambi di formazione e una carriera di buon successo vissuta all’ombra, a tratti ingombrante e a tratti benevola, di mostri sacri come Neal Schon degli Journey, fondatore storico e primo produttore del gruppo, e i Van Halen, che li hanno portati in tour come open act a più riprese.

Gli Hardline nella nuova versione italiana

Della formazione originaria, che si impose all’attenzione internazionale nel lontano ’92 con l’eccellente Double Eclipse, è rimasto il solo Johnny Gioeli (al secolo Giovanni Giuseppe Baptista Gioeli), uno dei cantanti più gettonati della scena hard internazionale, impegnato in una molteplicità di progetti paralleli, che tuttavia riescono a lasciargli in tempo per la sua prima band, risorta nel 2002 grazie ai buoni uffici dell’italiana Frontiers Records.

Se, come tradisce l’anagrafe, il Nostro è italoamericano, il resto della band è italiano al cento per cento, a partire dal tastierista-produttore Alessandro Del Vecchio, uno dei migliori compositori rock europei e partner musicale storico del cantante, per proseguire con il chitarrista Mario Percudani, con la bassista Anna Portalupi e col batterista Marco Di Salvia.

Il recentissimo Life, uscito per la label napoletana nella tarda primavera, ribadisce la formula musicale del quintetto: un hard rock melodico stile anni ’80, che richiama in parte i Bon Jovi degli anni d’oro e in parte i big storici dell’aor.

La copertina di Life

I riff brillanti e la ritmica spedita di Place To Call Home aprono l’album con un bell’omaggio agli Journey (nel refrain) e ai Van Halen (soprattutto in alcune parti di chitarra).  Da applausi la performance del frontman e notevolissimo l’assolo di Percudani, l’ingresso più recente della band.

Più sulle coordinate di Bon Jovi, la cadenzata e radiofonica Take A Chance, che si regge su un refrain di buon respiro melodico e su un coro accattivante.

La ritmata Helio’s Sun ribadisce la formula vincente a base di melodie ariose e potenza sonora, arricchita da un riff vanhaleniano.

Page Of Your Life è un lentone nei crismi della lezione degli ’80, non poco debitore degli Journey caratterizzato da un bel crescendo piuttosto classico (inizio per solo piano e voce a cui si aggiunge il resto della band a partire dal coro), che esplode in un altro assolo superbo, in cui Percudani dosa alla grande melodia e virtuosismi.

L’album accelera con la seguente Out Of Time, un’efficace incursione nell’hard melodico, caratterizzato dal tiro ritmico di Di Salvia e dal riffing serrato della chitarra.

Più varia la seguente Hold On To Right, in cui il refrain spedito rallenta a metà pezzo in una parte melodica interpretata con grande pathos da Gioeli e poi esplode nel consueto assolo micidiale di Percudani.

Ancora hard ottantiano nella tosta Handful Of Sand, che si segnala per il riffing più pesante del consueto.

Un altro rallentamento nella bella This Love, la seconda, romanticissima ballad dell’album.

L’energia riprende a crescere con la dura Story Of My Life, in cui un efficace guitar work accompagna la prestazione superba del frontman.

L’intimismo ritorna in primo piano con la cover di Who Wants To Live Forever, con cui Gioeli e soci omaggiano i Queen aggiornando il loro classico senza stravolgerlo ma implementandone le potenzialità heavy nel crescendo.

La bluessegiante Chameleon riporta il sound su matrici più robuste, citando nel refrain gli Aerosmith e i Van Halen nel riffing.

Chiude, di nuovo nel segno dell’intimismo, la suggestiva ballad acustica My Friend.

Sempre a proposito di sonorità acustiche, non è male la versione unplugged di This Love, inserita come bonus track.

Johnny Gioeli sul palco

Life, oltre che il titolo di questo ottimo album è una constatazione dell’ottimo stato di salute della band italoamericana (ormai quasi del tutto italo) e un auspicio per il futuro degli Hardline. Finché artisti come Gioeli riusciranno a tenere viva la tradizione del rock di qualità c’è speranza per tutti.

Per gli intenditori e i nostalgici, che possono riassaporare il meglio degli anni d’oro del rock melodico, e per i neofiti, che invece hanno l’opportunità di accostarsi a certe sonorità archiviate troppo in fretta dalle major sulla spinta del grunge.

Buon ascolto a entrambi.

Per saperne di più:

Il sito web ufficiale degli Hardline

Da ascoltare (e da vedere):

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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