Quel basso magico che evoca l’Oriente
Sperimentazioni, virtuosismi a quattro corde e world music di gran classe in Desert, il nuovo album di Felice Del Gaudio
Indossate le cuffie e chiudete gli occhi. Sarete avvolti dallo scirocco e vedrete dune, sabbia e qualche oasi. Tutto o quasi evocato dalle sole quattro corde del contrabasso.
E scusate se è poco. Ma questo contrabasso, suonato con l’arco, pizzicato e percosso e poi picchiettato, è speciale, perché appartiene a un musicista di razza come Felice Del Gaudio, giunto con Desert (Can Can Music Publishing, 2017), al suo sesto album da solista dopo una carriera votata in parte alla didattica (suoi ben quattro metodi sul mondo delle quattro corde) e in parte svolta come sessionman e turnista per artisti quali Lucio Dalla, Ginger Brew, Sherrita Duran, Piergiorgio Farina e Biagio Antonacci.
Originario della Basilicata e bolognese d’adozione, Del Gaudio, forte di una lunga esperienza che dal jazz lo ha portato a esplorare pressoché tutti gli ambiti della musica contemporanea, ha elaborato una propria personale visione di quella che, con una esemplificazione forzata, si può definire world music.
Desert, che è un’antologia di brani estratti da suoi precedenti album (Asylum, Home, La via lattea), riassume con grande efficacia questa poetica musicale, che deriva anche dall’uso di tutte le possibilità espressive dello strumento.
Ed ecco che i colpi d’arco generano distorsioni con curiosi effetti fiatistici nell’iniziale Prayer.
In La via lattea, invece, l’uso complesso delle sovraincisioni conferisce al contrabasso una dimensione orchestrale.
Nella funkeggiante U Cupi Cupi la linea ritmica, suonata con una tecnica percussiva che emula lo slap, è la base su cui si innestano melodie arabeggianti.
Dido Dado (song for Antony) è un divertissment in cui il Nostro esplora (e forza) alla grande le quattro corde: a partire dagli armonici per finire con i cromatismi sottomanico.
Notturna, lenta e pacatamente melodica, Buon Compleanno è un tuffo malinconico nei ricordi.
Namskar è un altro viaggio sulle carovane di cammelli tra le dune in cerca di oasi.
North Sun, un bel duetto con il violoncellista Enrico Guerzoni, evoca visioni remote e struggenti.
Desert, a giudizio di chi scrive il miglior brano della raccolta, è un altro fascinoso viaggio nel deserto, in cui Del Gaudio fornisce un bell’esempio del proprio approccio world.
In Wadi Rum, l’unico brano originale del cd, nel quale il nostro è accompagnato dalle percussioni di Alfredo Laviano e dalla chitarra di Antonio Del Gaudio, lo scenario cambia completamente: non più immagini orientali o nordafricane, ma suggestioni latine e caraibiche, interpretate con la classe di sempre.
Chiude l’album l’eterea Asylum, in cui Del Gaudio duetta col pianista Teo Ciavarella.
Che altro aggiungere? Desert merita più di un ascolto, non solo da parte degli addetti ai lavori. Quello di Felice Del Gaudio è un esempio significativo di virtuosismo alla portata di tutti gli ascoltatori. Anche di quelli non dotati di una particolare cultura musicale: basta il buon gusto per apprezzarlo come si deve.
Da ascoltare (e da vedere)
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