Intercettazioni, perché in Italia siamo più bravi…
Bruno Pellero, uno dei massimi esperti del settore, dalla Commissione Echelon al Master in Intelligence dell’Unical
Sapete perché possiamo ancora scaricare roba coi sistemi peer-to-peer? Semplice: perché uno come Bruno Pellero ci ha messo lo zampino, con una consulenza in cui ha dissuaso le multinazionali della musica a far causa agli utenti che scaricavano.
Un piccolo paradosso, visto che il superconsulente è di norma schierato dalla parte della legalità (e quindi anche della tutela dei diritti d’autore, dietro cui si trincera un’editoria sempre più disposta a pretenderli dai consumatori ma sempre meno disposta a riconoscerla agli autori…).
Ma la specialità vera di Pellero sono le intercettazioni, sulle quali il Nostro – che ha collaborato con varie Procure, enti e privati e ha svolto un ruolo delicato e importante nella Commissione temporanea su Echelon del Parlamento europeo – è in grado di imbastire ragionamenti ad ampio raggio e di grande profondità, al limite della speculazione metafisica.
E infatti li ha imbastiti, uno sull’altro e uno appresso all’altro, nel corso del suo densissimo intervento al Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri. Il tutto stemperato da battute ironiche, immancabili in un ligure doc come Pellero.
Già: dalle vecchie intercettazioni con supporti elettromeccanici, che ormai si vedono solo nei film (su tutti, citiamo la scena di I tre giorni del Condor in cui Robert Redford sabota le linee telefoniche per non farsi scoprire e per rintracciare i propri persecutori) ai sofisticati sistemi di tracciamento online, è cambiato un universo. O meglio, il nostro modo di intenderlo.
Per fortuna l’Italia – spiega Pellero – è all’avanguardia nel sistema delle acquisizioni informative, che consentono ogni anno di effettuare una ingentissima quantità di intercettazioni, utilizzate e analizzate per risolvere casi complessi o per contrastare le organizzazioni terroristiche e criminali.
Ma lo sviluppo esponenziale delle tecnologie ha creato una rincorsa all’infinito, che obbliga gli investigatori a ricorrere (e, a volte, a sviluppare) metodi d’indagine sempre nuovi. Finché si tratta di intercettare un segnale fisico, i problemi sono pochi: intercettare una cella di telefonia mobile non richiede oggi più problemi di quanti non ne richiedesse, in passato, inserirsi nelle linee fisse. Ma che succede quando i segnali sono del tutto virtuali, come accade quando molti fornitori erogano servizi telefonici attraverso la rete? La tecnologia può molto ma non tutto: per questo i governi mirano a corresponsabilizzare le compagnie telefoniche on line.
Il discorso si complica, ovviamente, quando si ha a che fare coi social media e, peggio ancora, col deep web.
Nel primo caso perché la comunicazione globale just in time consentita da questi strumenti potentissimi è diventata una sorta di contropotere, capace di influenzare (come dimostra la recente vicenda di Mark Zuckenberg, il patron di Facebook) l’opinione pubblica di interi paesi.
Nel secondo perché la semi invisibilità di parecchie zone del web, rifugio ideale per le organizzazioni criminali e terroristiche, rende difficile l’attività di scandaglio.
Eppure l’investimento in tecnologie (che promettono altre meraviglie: si pensi alle potenzialità offerte dai sistemi di riconoscimento vocale) pone all’avanguardia i tecnici esperti nelle intercettazioni in quel delicato settore che è l’estrazione dei dati e delle informazioni: il petrolio del nuovo millennio.
Parola di Bruno Pellero.
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