Cyber Intelligence, la conoscenza che dà il potere
Antonio Teti al Master in Intelligence dell’Unical: ora i pericoli vengono dalla rete. La sicurezza informatica è la nuova frontiera degli 007
Potrebbe davvero essere l’ultima frontiera. Della conoscenza e del potere. A patto di non limitarne la portata e di non confinarla al settore, astruso per i più, dell’informatica.
«La cyber intelligence è qualcosa di più e di più complesso: è un filone scientifico che abbraccia diverse competenze. Senz’altro quelle scientifiche tout court, ma uno spazio rilevante lo hanno anche le scienze umane, ad esempio la psicologia e la comunicazione».
Lo ha spiegato Antonio Teti, responsabile del Settore sistemi informativi e innovazione tecnologica e docente di It Governance e Cyber Security dell’Università di Chieti-Pescara, nel corso del Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri.
Il concetto chiave attorno a cui ruota il Teti-pensiero è la sicurezza, a cui mira l’intelligence, intesa come metodo conoscitivo e operativo. Nata come spazio libero, la rete è diventata terreno di caccia e mercato per soggetti di ogni genere: dalle multinazionali alle agenzie di intelligence alle organizzazioni criminali e terroristiche.
Al riguardo, Teti si è soffermato su due aspetti particolari del modus operandi di questi soggetti. Il primo è la captologia, cioè l’insieme delle tecniche di persuasione utilizzate in rete per condizionare il pensiero delle persone. Il secondo, di più drammatica attualità, è il cyber terrorismo, che può raggiungere livelli di pericolosità estrema, specie quando si combina con la captologia.
Uno dei fenomeni più pericolosi generati dalla combine di questi due elementi è quello dei cosiddetti lupi solitari, in cui si esaspera una delle caratteristiche principali della navigazione in rete: la solitudine, appunto.
Di collettivo, nel web, ci sono essenzialmente i dati disseminati in maniera più o meno casuale e volontaria dai suoi utenti. Ma questi si rivelano utili (e importanti) solo a chi sappia leggerli. E non a caso Teti ha ribadito che la professione del futuro sarà il data scientist, lo scienziato dei dati, in cui i due metodi della cyber intelligence e della human intelligence, già complementari, si legheranno tra loro in maniera inestricabile.
La rete, tuttavia, non ha solo un’estensione di superficie, ma è dotata anche di una sua profondità, come ribadiscono i due concetti di deep web e dark web. Al riguardo, il professore abruzzese si è soffermato sui pericoli della dimensione oscura della rete che è addirittura un pascolo per le organizzazioni criminali.
Metaforicamente, è una di quelle zone franche in cui si incontrano e scontrano soggetti di vario genere, al di là e al di qua dell’agire legale.
Come destreggiarsi, allora, in questa quarta (o quinta) frontiera della geopolitica, caratterizzata dall’immaterialità e perciò non dominabile nelle maniere tradizionali?
Secondo Teti la risposta risiede nella cyber intelligence, declinata nelle due metodologie complementari della web intelligence e della social media intelligence: «Oggi gestire le informazioni è il vero potere: l’oro nero del terzo millennio sono proprio le informazioni e su queste si concentreranno tutti i Paesi. Conoscere i dati significa fare intelligence e quindi tentare di elaborare elementi utili ai processi decisionali».
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