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Intelligence, la Geografia come ultima frontiera

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Farinelli al Master in Intelligence dell’Unical: nel sapere geografico c’è la chiave per capire il futuro

Il mondo si può scrivere. E non è uno scherzo: «Assai spesso si pensa che una mappa sia la copia della Terra senza accorgersi che è vero il contrario: è la Terra che fin dall’inizio ha assunto, per la nostra cultura, la forma della mappa».

Parola di Franco Farinelli, presidente dell’Associazione dei geografi italiani, docente all’Università di Bologna con all’attivo importanti attività, didattiche e di ricerca, a Berkeley e alla Sorbona. Il geografo di fama mondiale è intervenuto il 27 febbraio al Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri per raccontare l’evoluzione della sua disciplina, da semplice rappresentazione grafica della conoscenza (Cartografia) a forma di pensiero concreto, la prima nella storia dell’Occidente a ipotesi quasi metafisica della riflessione umana sul cosmo.

Ragionamento suggestivo? Senz’altro. Ma anche ragionamento esatto, o quantomeno plausibile. Infatti, sin dall’antichità, argomenta Farinelli, la Geografia, che soddisfa un elementare bisogno di conoscenza, ha assimilato gli elementi fondanti del pensiero razionale, a partire dalla Geometria euclidea e ha inserito, nella sua rappresentazione del cosmo, che non è solo descrittiva ma anche interpretativa, le visioni culturali dominanti: si pensi solo alla disputa tra i tolemaici e i copernicani. E forse non a caso il termine Weltanschauung, alla lettera visione del mondo si è imposto proprio a partire dalle scienze geografiche.

Ragionamento complesso? Senz’altro. Ma il problema non è spiegare la Geografia, che forse è la scienza più dotata di immediata evidenza. Bensì è spiegare il ruolo di questa scienza, che è contemporaneamente di sintesi e di analisi, nei meccanismi della conoscenza umana.

In quanto tale, la Geografia è anche riflessione sul tempo, inteso sia come spostamento nello spazio, sia come trasformazione, naturale e antropica, dell’ambiente. E non è di nuovo un caso che dall’alveo generale di questa particolare, antichissima, disciplina, siano sorte due scienze di confine: la Geografia politica, che è la descrizione per eccellenza della concezione umana dello spazio, e la Geopolitica, che fa un passo in più e descrive la possibilità dell’uomo di agire sullo spazio. I concetti forse sono sfuggenti, ma è un rischio che si corre, che si deve correre, quando una scienza pratica fa il salto di qualità in sapere speculativo.

Infatti, la Geografia politica, praticata fin dall’antichità, è esplosa con la modernità, legandosi in maniera quasi indissolubile allo Stato nazionale. E da questo legame è sorta la Geopolitica, che con una certa approssimazione può essere definita la Geografia dal punto di vista dello Stato. Detto altrimenti: la Geografia è anche un prodotto della cultura razionale da cui è sorta la modernità e da cui è sorto lo Stato.

Ma che succede quando, come avviene nella nostra contemporaneità, i criteri rappresentativi fin qui considerati ordinari, saltano?

Farinelli ha richiamato al riguardo una celebre profezia di Kant (che non a caso insegnava Geografia): «In futuro sarà l’analisi dello spazio buio nella nostra mente».

A mettere in crisi i nostri criteri è la globalizzazione, perché erode uno dei cardini della conoscenza geografica: il concetto di confine. Lo spazio, in altre parole, tende a porsi come illimitato e in relazione diretta con i soggetti che lo vivono. Senza confini, cambia il punto di vista, che non è più il rapporto tra una porzione di spazio e il resto dello spazio, ma il rapporto tra uomo e spazio, potenzialmente senza alcun diaframma.

Questo processo non è solo fisico, ma anche e soprattutto mentale, visto che internet, nata nell’estate del ’69, ha letteralmente devastato le concezioni tradizionali di spazio e tempo.

La nuova nozione su cui opereranno i geografi del futuro, che per molti aspetti è già presente, è quella di paesaggio, che forse esprime al meglio la sintesi del rapporto immediato tra il soggetto, individuale e collettivo, e lo spazio.

Suggestiva, al riguardo, la conclusione di Farinelli: «Se la geografia è la forma originaria del sapere occidentale e per analogia la mente funziona come una carta geografica, forse proprio in questa scienza possiamo rinvenire il seme del pensiero del futuro».

 

 

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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