Gli LA Guns graffiano ancora. E il diavolo ci mette lo zampino
The Devil You Know, l’ultimo album dei padri dello sleaze metal, consegna una band ancora in gran forma e innovativa, capace di rievocare gli anni ’80 senza cadere nella nostalgia e di affrontare le nuove sonorità con un piglio deciso e aggressivo
Volontaria o no, la citazione non potrebbe essere più sfacciata: The Devil You Know è l’ultimo album degli Heaven And Hell, il side project dei Black Sabbath, uscito nel 2009, poco più di un anno prima della morte di Ronnie James Dio.
Ma The Devil You Know, uscito da pochissimo per la Frontiers, è anche il titolo dell’ultimo album dei mitici LA Guns, tornati quasi alla formazione dei mitici anni ’80 grazie anche ai buoni uffici dell’etichetta napoletana, dopo vicissitudini degne di una soap ambientata (non a caso…) a Los Angeles.
Già: i problemi non sono risolti del tutto, perché Steve Riley, lo storico batterista della band è titolare della metà dei diritti sul nome della band e non a caso sul web esistono un sito e una pagina Facebook dedicati alla sua versione degli LA Guns.
Ma, dal 2017, anno di pubblicazione dell’ottimo The Missing Peace, molte cose sembrano filare lisce e la formazione guidata dal chitarrista Tracii Guns (che cura la produzione e il songwriting con la solita, meticolosa, maniacalità) e dal frontman britannico Phil Lewis si ripresenta al pubblico in gran forma.
Non è poco, visto che parliamo di due pezzi della storia del rock: Guns, com’è noto, è uno dei personaggi di spicco della scena sleaze losangelena e vanta nel suo curriculum anche il ruolo di cofondatore dei Guns ’N’ Roses; Lewis, addirittura, ha una carriera più lunga e complessa, che affonda nella mitica Nwobhm.
Quando due artisti di tale caratura riescono ad andare d’accordo (o, il che è quasi lo stesso, a ritrovare l’accordo perduto), i risultati sono garantiti.
Anche perché Guns e Lewis sono ben supportati in questa nuova incarnazione dal chitarrista Adam Hamilton, dal bassista Johnny Martin e dal batterista Shane Fitzgibbon.
Con queste premesse e dopo due anni di rodaggio, The Devil You Know non poteva proprio deludere.
E infatti lo stato di grazia della band si percepisce sin dall’open track The Rage, un brano duro e sporco dai riverberi punkeggianti, ben decorato dalle performance acide di Guns.
Più cadenzata, Stay Away si regge su un riff trucidissimo e stradaiolo e sull’ottima prestazione di Lewis. Ottimo e pieno di gusto melodico l’assolo di Guns.
Loaded Bomb, dall’arrangiamento blueseggiante, dal ritmo spedito e dal refrain giocoso, è una rievocazione ben fatta degli anni ’80.
Con The Devil You Know, la title track, si capisce che la citazione sabbathiana non è un caso: il brano, in effetti, contiene più di un omaggio ai maestri di Birmingham, di cui richiama la produzione di metà anni ’70, per capirci quella un po’ meno dark, compresa tra Sabbath Bloody Sabbath e Sabotage. Il riff portante è tipicamente doom, ma le sonorità sono più chiare, grazie anche all’ottima prestazione di Lewis, a cui il passare degli anni sembra aver dato solo quel po’ di raucedine in più che non guasta affatto. Interessanti anche le soluzioni stoner a metà brano, su cui Guns si diverte a lanciare le sue divagazioni psichedeliche.
Needle To The Bone è un rock ’n’ roll scanzonato dal retrogusto anni ’80 che alleggerisce un po’ l’atmosfera dopo le martellate della title track.
L’eco dei Sabbath torna a farsi sentire nella più cupa e settantiana Going High, caratterizzata dal contrasto tra il riff doom e il coro arioso, in cui Lewis esibisce un’estensione vocale invidiabile, a dispetto degli anni.
Gone Honey è una piéce di sleaze metal acido, grazie anche a un riff arpeggiato e al tema vario, stavolta cantato con più pacatezza.
Don’t Need To Win omaggia invece gli altri grandi ispiratori della scena ottantiana: gli Ac/Dc, citati nel riff robusto, nel refrain scarno e nell’assolo tagliente.
Sabbathiana e psichedelica, Down That Hole rigurgita di riferimenti doom e stoner appena riletti in chiave metal e ritoccati da una slide guitar acidissima.
Another Season In Hell, che chiude l’album è una power ballad particolare dal tema struggente, in cui Lewis dà di nuovo ottima prova. Notevoli anche le incursioni soliste di Guns, che dimostra un approccio non scontato alle parti più melodiche.
Ma non finisce qui, visto che, come da tradizione, la Frontiers non lesina le bonus track e in The Devil You Know ce ne sono ben due.
La prima, disponibile nell’edizione digitale dell’album, è la tostissima Boom, un pezzo tirato pieno di ammiccamenti punk.
La seconda, contenuta nell’edizione giapponese, è una versione dal vivo di Killing Machine, tratta da Vicious Circle (1995), che dimostra come le performance degli LA Guns non siano confinate alle sale di incisione.
Con un album così, il bentornati è praticamente un obbligo. Mai piegati dal successo, come è accaduto ai loro colleghi più fortunati (Motley Crue e Guns ’N’ Roses) e neppure scalfiti dalle avversità, che per loro non sono state poche, gli LA Guns sono l’esempio vivente che la coerenza artistica e la determinazione fanno miracoli.
Guns e compari sono sopravvissuti al riflusso degli anni ’90 senza piegarsi mai alle mode ma evolvendo il proprio stile verso nuove sonorità senza per questo snaturarsi.
Le Pistole di Los Angeles sparano ancora. E con che mira…
Per saperne di più:
Il sito web ufficiale di questi LA Guns
Da ascoltare (e da vedere):
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