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Addio a Dolores O’Riordan, la musa dell’irish rock

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Muore improvvisamente a Londra la leader dei Cranberries, dopo una vita all’insegna del successo e dell’arte

Forse sono stati una delle ultime ventate di freschezza degli anni ’90, quando il rock, colpito quasi a morte dai difetti (la troppa elettronica e i tempi funky) e dagli eccessi (le roboanti esagerazioni di certo metal estremo) del decennio precedente, stentava a riprendersi.

I Cranberries, con i vocalizzi estremi di Zombie, canzone pluripremiata dal pubblico – che la spedì in vetta alle classifiche di mezzo mondo – e dalla critica, avevano dimostrato che ancora c’era molto da dire.

Lo avevano dimostrato soprattutto grazie a Dolores O’Riordan, che se n’è andata il 15 gennaio quasi in punta di piedi, mentre si trovava a Londra per incidere un brano con la sua storica band.

Due volte cattolica, perché irlandese e a causa delle sue ascendenze spagnole, forse la O’Riordan è stata l’ultima erede di quell’irish rock poetico e melodico, pieno di riferimenti celtici ma, quasi una world music avant la lettre, aperto alle influenze più disparate. Una musica che ha avuto tra i suoi massimi, cantori, anzi poeti, personaggi del calibro di Phil Lynott, Gary Moore e gli U2.

Poliedrica, talentuosa e riservata, Dolores non andò quasi mai sopra le righe, Non quando si sciolsero i Cranberries, non nei momenti apicali di una carriera solista coronata da un successo pop, ma piena di episodi di qualità, tra cui la partecipazione alla colonna sonora di The Passion, il capolavoro cristologico di Mel Gibson.

Solo una volta altercò di brutto in aeroporto con una hostess e un poliziotto. Finì in manette, ma la vicenda fece notizia solo perché la cantante non aveva mai fatto parlare di sé altrimenti. Una vita normale, la sua, in cui le due uniche cose fuori dalla normalità sono state l’arte e i soldi (è stata considerata una delle donne più ricche d’Irlanda).

L’unico cenno di malessere fu quel dolore alla schiena che la costrinse, la scorsa estate, ad annullare dei concerti. Poi la morte improvvisa, a cui è seguita una richiesta di privacy della sua famiglia.

Ciao, Dolores. 

 

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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